Elmin insegna da dodici anni alla scuola primaria di Osmaĉe, un piccolo paese che raggiunge ogni giorno attraversando a piedi il bosco. La camminata gli infonde un senso di pace, una serenità dell’animo che aveva raramente provato prima, durante i suoi primi anni di insegnamento a Sarajevo. Elmin ama il suo lavoro, i suoi scolari e quella scuola circondata dalla foresta. Purtroppo però, da qualche tempo, gli giungono anche in questo mondo bucolico, dove tutti si conoscono “come in un’unica grande famiglia”, notizie tristi e inquietanti: Slovenia e Croazia si sono dichiarate indipendenti e la guerra sconvolge i territori croati a maggioranza serba; Vukovar, elegante città sul Danubio, è stata assediata e semidistrutta. Ora, anche in Bosnia Erzegovina tensioni e conflitti serpeggiano ovunque, mentre il dialogo e la ragionevolezza si allontanano sempre più. Elmin rifiuta l’idea che la situazione possa precipitare anche qui, nel suo caro, piccolo paese. E la rifiuta con forza soprattutto per Azra, la sua figlia quindicenne che non vede l’ora di andarsene da quello sperduto villaggio e di raggiungere Sarajevo o “meglio ancora Trieste, dove vivevano dei lontani parenti che mandavano avanti un ristorante”.
Gianluca Battistel, laureato in Filosofia all’Università Statale di Milano e dottore di ricerca presso la Leopold-Franzens-Universität di Innsbruck, con questo libro riporta alla memoria con sobrietà e rigore, con empatia e partecipazione umana, l’assedio di Srebrenica, durato tre anni per poi sfociare, in quella settimana di luglio del 1995 che dà il titolo al romanzo, in un massacro di massa, contro cui i Caschi Blu dell’ONU presenti sul territorio non intervennero minimamente. Nel 2007 la Corte Internazionale di Giustizia riconobbe che quello di Srebrenica era stato un genocidio. E molti speravano che sarebbe stato l’ultimo.
La recensione integrale è su Mangialibri, al link: Una settimana di luglio | Mangialibri dal 2005 mai una dieta
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G. Battistel, Una settimana di luglio, Alphabeta Verlag 2025 |
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