venerdì 26 dicembre 2014

Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere, di Giacomo Leopardi

[...]
Passegere. A quale di cotesti vent'anni vorreste che somigliasse l'anno venturo?
Venditore. Io? non saprei.
Passegere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore. No in verità, illustrissimo.
Passegere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore. Cotesto si sa.
Passegere. Non tornereste voi a vivere cotesti vent'anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passegere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore. Cotesto non vorrei.
Passegere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch'ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l'appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore. Lo credo cotesto.
Passegere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore. Signor no davvero, non tornerei.
Passegere. Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti.
Passegere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Venditore. Appunto.
Passegere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
[...] 

Scuola francese, Le colporteur, XVII secolo

Non sappiamo che cosa ci riserverà il futuro immediato, per questo ad ogni Capodanno rinnoviamo gli auguri, per questo sfogliamo con trepidazione e speranza il calendario dell'anno che verrà. Leopardi, pacato disilluso saggio, nel breve dialogo del venditore di almanacchi e di lunari con un passante ci rappresenta l'atteggiamento degli esseri umani di fronte agli eventi noti e a quelli che il caso determinerà in futuro nella vita di ciascuno. La vita felice è attesa ad ogni svolta del tempo, mentre la vita reale trascorre nell'attesa, il presente si appanna, la disillusione si scioglie in speranza.

giovedì 18 dicembre 2014

Il vecchio Natale, di Marino Moretti


Mentre la neve fa, sopra la siepe,
un bel merletto e la campana suona,
Natale bussa a tutti gli usci e dona
ad ogni bimbo un piccolo presepe.

Ed alle buone mamme reca i forti
virgulti che orneran furtivamente
d'ogni piccola cosa rilucente:
ninnoli, nastri, sfere, ceri attorti...

A tutti il vecchio dalla barba bianca
porta qualcosa, qualche bella cosa.
e cammina e cammina senza posa
e cammina e cammina e non si stanca.

E, dopo avere tanto camminato
nel giorno bianco e nella notte azzurra,
conta le dodici ore che sussurra
la mezzanotte e dice al mondo: È nato!


 
Claude Monet, Nevicata ad Argenteuil

mercoledì 10 dicembre 2014

Gli antichi ci riguardano, di Luciano Canfora

"Tradurre è la più vitale delle attività umane. Il cammino della civiltà è una incessante traduzione. Lo capì, ad esempio, un greco d'Asia, che si chiamava Erodoto, il quale vide quanto dal mondo religioso egizio fosse passato nel pantheon greco. I popoli che non traducono, in propria lingua, la civiltà (letteraria, artistica, filosofica, religiosa, scientifica) degli altri o diventano pericolosi o, se non possono essere aggressivi, si condannano al sottosviluppo. Prima o poi se ne renderà conto (al di là dell'attuale suo euforico monolinguismo) il mondo anglosassone, nonostante la forza economico-militare con cui impone agli altri il proprio idioma. Cioè il proprio modello". Inizio con una citazione dall'appendice la recensione di questo breve, ma acuto e indispensabile, saggio di Luciano Canfora. L'autore esordisce ricordando alcuni infelici propositi di riforma della scuola, per fortuna solo in parte attuati, nel nostro Paese: dallo "scorciamento" dello studio della storia antica all'introduzione di un mostricciattolo come la "geostoria" nei primi due anni del liceo classico (ex ginnasio), al vagheggiamento di un liceo breve di quattro anni che, insieme all'accorciamento a sette anni dello studio primario (elementari + medie), sarebbe stato "una boccata di ossigeno per le casse dello Stato". Proprio così, "per le casse dello Stato", scrissero i quotidiani riferendo il proposito - dagli evidenti e primari interessi pedagogici (!) - di quei governi. Alla luce di queste "priorità" generate dalle menti di improvvisati riformatori, dei quali i diversi governi, più o meno tecnici, sono stati ricchi, Canfora si chiede che cosa significi stare al passo con i tempi e quale sia il "nuovo" di cui è giusto tenere conto. E, naturalmente, afferma che se "nuovo" nella scuola significa renderla simile alla realtà esterna "mimandola", questo vanifica il compito stesso della scuola, che è la formazione e l'istruzione dei giovani e giovanissimi, "dando loro respiro" e tempo per approfondire il conoscere, in modo che possano, fatti adulti, uscire consapevoli e corazzati (intellettualmente, ma pure moralmente) nel mondo. Canfora prosegue ricercando quale sia il significato da attribuire al binomio "cultura umanistica" ("assumere la maschera passatista di don Ferrante non porta a nulla") e suggerisce che esso è quello di "sapere storico", che abbraccia i diversi aspetti del sapere e la cognizione del loro sviluppo e della loro storicità. Cultura umanistica è, in quest'ottica globale, anche lo studio delle civiltà antiche e la loro conoscenza mediante lo studio delle lingue classiche. Continua esaminando che cosa significhi "canone" nei programmi scolastici, fin dal lontano 1867 della riforma Coppino. Ci sono autori dell'antichità che si devono leggere e conoscere perché educativi e portatori di valori imprescindibili, affermava il "canone" nel nostro Paese di allora, e questa visione resse fino agli anni Sessanta del Novecento, quando anche la scuola superiore, un tempo limitata alle élites, si aperse a più ampi ceti sociali. Ma questa visione non basta, e Canfora la amplia, affermando che gli antichi "ci riguardano perché i loro problemi insoluti e i loro conflitti sono anche i nostri..." e perché "essi non hanno scelto la via consolatoria. Ci insegnano a scartare le risposte facili e le facili consolazioni e autoassoluzioni. [...] è evidente che alla svolta, coincidente con l'affermarsi dell'era costantiniana, nel momento in cui la cultura antica si cristianizza, si elabora quella che potremmo chiamare la via d'uscita a doppia velocità: non si cambia la società sulla terra perché tanto c'è l'aldilà. [...] gli antichi ci insegnano che non è quella la via d'uscita".
Se avete vacanze a Natale o a fine d'anno, leggete questo breve saggio; acquistatelo (il prezzo è abbordabilissimo anche dai ragazzini) e regalatelo, oppure chiedetelo in lettura in bibliblioteca. Avrete soddisfazioni e lumi.


Luciano Canfora, Gli antichi ci riguardano, Il Mulino 2014

mercoledì 3 dicembre 2014

Io amo. Piccola filosofia dell'amore, di Vito Mancuso

Marc Chagall, Compleanno, 1915 (Museum of Modern Art di New York)
"Io penso che una vera storia d'amore tra due esseri umani si distingua da tutte le altre avventure o relazioni occasionali per la presenza di questo preciso elemento, la stima. A una grande storia d'amore non basta la passione del corpo e del sentimento, occorre sempre anche la passione dello spirito o dell'intelligenza, che è la stima. La stima è la devozione dell'intelligenza. E non ci può essere integrale devozione del corpo, se prima, e durante, non c'è devozione dell'intelligenza". Questa è la conclusione del nuovo saggio di Vito Mancuso, che si occupa del sentimento più noto, tormentato, glorioso, ma anche banalizzato, svilito, strumentalizzato dell'esperienza umana. Come sempre, Mancuso per costruire il suo discorso esordisce dalla vita concreta e comune dei viventi - egli stesso, noi suoi contemporanei, i maestri e i letterati del passato vicino o remoto -, vita concreta che interpreta alla luce delle scritture sacre e della più ampia sapienza, letteraria, filosofica, psicologica, artistica della storia umana.
Il saggio è suddiviso in tre parti. Nella prima l'autore si propone di descrivere l'amore "come forza primigenia" e "manifestazione privilegiata" della forza dell'universo. Nella seconda si occupa del sentimento d'amore  dal punto di vista della scelta e dell'etica individuale (la "naturalità" dell'amore negli esseri dotati di libertà, volontà e intelligenza). Nella terza, tratta dell'amore come "senso dell'esistere", sentimento che, unico, è capace di strutturare il significato della vita. 
L'opera si conclude con una trentina di pagine di approfondimenti, utili al lettore italiano, malato spesso di provincialismo cronico e dimentico della storia. Questa appendice esordisce da una breve informazione sull'amore, visto come ineluttabile forza cosmica, nel pensiero antico; seguono elementi di storia della morale sessuale cattolica, dagli antichi padri greci a Tommaso d'Aquino, passando per Sant'Agostino (tortura di vite intere per coppie di coniugi credenti praticanti, aggiungo io, vittime della sessuofobia e della misoginia di Paolo di Tarso e della sua traduzione pratica nelle omelie di parroci miopi ed ignoranti); il paragrafo successivo si occupa dell'etica sessuale nelle maggiori religioni mondiali, e, pur nella sua brevità, è tuttavia molto utile ai lettori e sfata alcuni luoghi comuni (a proposito dell'ebraismo, ad esempio). L'appendice di approfondimento si conclude con un capitolo sul "fondamento fisico dell'etica", che ci offre, tra l'altro, le formulazioni della "regola d'oro" Non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te nelle diverse religioni mondiali, dall'induismo, all'islam.
Bel libro, da leggere a piccoli o grandi sorsi nelle vacanze di Natale e Capodanno, oppure in ogni stagione.

Vito Mancuso, Io amo. Piccola filosofia dell'amore, Garzanti 201

sabato 29 novembre 2014

Illustrazioni e ricordi del Lago Maggiore. Album descrittivo, pittorico e poetico musicale di Luigi Boniforti



Nel 1869 Luigi Boniforti (1817 – 1909), canonico nato ad Arona, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, per motivi di salute intraprese un viaggio a Napoli e vi soggiornò qualche tempo. Ebbe modo di osservare, con la mente curiosa del viaggiatore, ma anche con il sentimento nostalgico di chi non dimentica il paese natale, come in quella città “da geografi, da pittori e da poeti fossero magnificamente descritte e messe in mostra scene e novità di cose anche meno attraenti e dilettose di quelle che ci offre la svariata natura dei nostri laghi e monti”. In un successivo soggiorno a Firenze, poi, visitò “pinacoteche e librerie piene di album, di fotografiche imagini e d'ogni maniera incisioni e dipinture, illustrative delle varie provincie d'Italia, eccettochè del nostro Verbano”. Gli nacque allora l'idea di realizzare un album che, a imitazione di quelli che aveva sfogliato nelle biblioteche fiorentine, valorizzasse il lago Verbano. L'idea si concretizzò due anni dopo e venne alla luce l'opera Illustrazioni e ricordi del lago Maggiore. Album descrittivo, pittorico, e poetico musicale per Luigi Boniforti. Composto da prose, poesie, illustrazioni e spartiti musicali, il libro è vissuto a lungo, fino a noi, ma come nell'ombra, nonostante il suo autore fosse all'epoca personalità nota nella sua terra. E' il destino, operante ancor oggi, di quanto viene scritto e pubblicato da chi vive ed opera lontano dai centri di produzione e diffusione culturale del Paese, e quindi anche lontano dalle grandi biblioteche che raccolgono e conservano le opere destinate a durare nel tempo. Luigi Boniforti, fu protagonista per tutto il XIX secolo della vita politica e culturale di Arona e del Verbano. Interdetto dalla predicazione dall' Imperial Regio Governo Austriaco nel 1847 a causa di un suo infuocato discorso anti-austriaco, pronunciato in occasione della festa aronese dei martiri Fedele e Carpoforo (festa detta tradizionalmente Tredicino), fu poi sostenitore appassionato della candidatura al Senato del Regno di Alessandro Manzoni. Storico e geografo, ebbe fama anche come compositore e un poco come poeta.
Fu molto sollecito della crescita culturale della sua Arona caldeggiando l'apertura di una biblioteca civica (affermò in una seduta municipale del 16 maggio 1861 dopo aver presentata un dettagliato progetto di biblioteca: " Io credo che un principio, una prima sala di biblioteca pubblica si possa agevolmente avere da oggi a domani [...] fate che una bell'opera esista e vedrete tosto prendervi amore gli uomini ben fatti e culti") e anche di un asilo per l'infanzia.
Le prime quarantasei pagine del libro di cui qui si parla, dall'elegante grafica, con testo inserito in una cornice lineare arricchita da piccoli fregi agli angoli in alto e in basso, costituiscono una sintetica guida storico turistica ai luoghi, se non più celebri (Boniforti aveva già dato alle stampe negli anni precedenti più di un'opera dedicata al Maggiore e agli altri laghi prealpini, nonché ai colli e ai monti che li circondano), più curiosi ed originali del Verbano. Concludono questa prima parte del libro dieci dense pagine di “Notizie dei più illustri personaggi e delle principali famiglie che vennero in questi ultimi tempi a villeggiare sul Lago Maggiore”.
La seconda parte del libro si compone di cinque opere poetiche, accompagnate dal relativo spartito musicale, tutte composte dal Boniforti e tutte dedicate.
Un esempio? La canzone barcarola “Gita sul Lago Maggiore” dedicata ad una giovane nobile signora, Giuseppina Gautieri, nata Conelli De Prosperi, nobildonna nota a quei tempi sulle sponde lacustri e nel milanese. E' una limpida serata estiva e una navicella parte alla volta dell'isola Bella:

“E' sera placida
d'estivo dì;
in ciel la candida
luna apparì:
tranquilla l'onda
bacia la sponda [...]
La navicella
sciogli o nocchier;
sera sì bella
vogliam goder [...]”.

Conclude l'album la breve cantata “Amor di Patria”, composta e musicata in occasione delle nozze di Umberto di Savoia con Margherita di Savoia-Genova, prima regina d'Italia, che fu eseguita eccezionalmente la prima volta a Torino in occasione delle nozze reali. Oggi ci appare piuttosto convenzionale e retorica, ricondotta al suo tempo e al suo linguaggio, però, sintetizza tutta la passione patriottica del Boniforti, ecclesiastico illuminato, fautore instancabile della crescita culturale e civile della sua terra, comunicatore entusiasta, dai molteplici talenti.
L’Album è consultabile solo in alcune (poche) biblioteche.
Scrisse di lui Gino Rotondi in L'Ottocento del lago Maggiore: "Il Boniforti fu in quell'età innovatrice e singolarmente battagliera che fu l'Ottocento uno spirito eletto, meritevole di memoria, anche se la sua missione terrena ebbe strinsecazione solo nell'ambito circoscritto della propria terra che amò profondamente" (pag. 101).
Luigi Boniforti, Illustrazioni e ricordi del lago Maggiore. Album descrittivo, pittorico, e poetico musicale, Milano G. Brigola 1871 (data di stampa desunta dalla dedica).

© Eleonora Bellini

martedì 18 novembre 2014

Albert Camus, citoyen du monde

Albert Camus, citoyen du monde è il titolo di una interessante mostra - tenutasi dal 5 ottobre 2013 al 5 gennaio 2014 alla Bibliothèque Méjanes di Aix en Provence in occasione del centenario della nascita dello scrittore - e del catalogo che ne perpetua il ricordo e la disponibilità nel tempo. Depositaria del Fondo Albert Camus, la Biblioteca Méjanes ha reso omaggio allo scrittore le cui opere sono entrate nel mito per molti, nei più diversi luoghi del mondo. Sintonia per il pensiero di un intellettuale che desiderava "una vita libera per ognuno e giusta per tutti"; e viva, ragionevole speranza.
Nella presentazione del catalogo i curatori (Sophie Doudet, Marcelle Mahasela, Pierre-Louis Rey, Agnès Spiquel, Maurice Weyembergh) sottolineano che "Il mondo è una città nella quale potrebbero coabitare uomini liberi e uguali. Mostrare in Camus il cittadino del mondo significa sottolineare il suo legame con la natura, la sua sollecitudine per il presente e per l'avvenire, la sua generosità nei confronti degli altri, il suo rifiuto delle frontiere, il suo acuto senso della fratellanza universale. Noi abbiamo voluto renderlo intensamente presente attraverso documenti, foto, testi".
Suddiviso in dieci capitoli, tanti quante le sezioni dell'omonima esposizione, il libro ci offre un ritratto completo di Camus uomo, scrittore, giornalista: luoghi, amicizie, mestieri, giochi, linguaggio, guerra, storia, pensiero "du midi", amore, regno sono i titoli dei capitoli, ricchi di illustrazioni vive, suggestive, spesso rare, e di citazioni. 


"E' vero che i paesi mediterranei sono i soli nei quali io possa vivere, che amo la vita e la luce; ma è anche vero che il tragico dell'esistenza assedia l'uomo e che la parte più profonda di lui gli rimane legata" (da un progetto di prefazione per Il diritto e il rovescio).
"Se dovessi scrivere qui un libro di morale, avrebbe cento pagine e 99 sarebbero bianche. sull'ultima scriverei: (dai Carnets).
"Molti tra di noi non avevano ben compreso gli uomini del 1914. Siamo più vicini a loro, adesso, perché sappiamo che si può fare una guerra senza consentirvi. Sappiamo che a un certo punto estremo della disperazione, nasce l'indifferenza e, con lei, il senso e il gusto della fatalità" (da La guerra, settembre 1939).

Albert Camus, citoyen du monde, Gallimard 2013

martedì 11 novembre 2014

Elements. Due poesie sull'acqua, di Eleonora Bellini



L'eau de la gare
2012

Marseille st. Charles saluta
il forum mondiale dell'acqua
con una grande cascata,
una liquida torre che scroscia
alta nell’atrio giorno e notte.
Come sirena antica chiama
alla fresca sosta il viaggiatore.

“L'acqua è di tutti” mormora
“L'acqua è un diritto” canta,
ma non cela quel canto le sue lacrime:
piange la fonte sulla sete
dei poveri.



Spiaggetta a Belgirate
2012

La sirena del battello suona
alta la nota di richiamo nel silenzio
del mattino d'estate. Le brevi onde
della scia s'infrangono
sullo scivolo di sasso sotto il salice.
Trema l'acqua di lago
e trascolora.

Il mio nipote non ancora nato
beve l’azzurro
dalle acque di sua madre.

mercoledì 29 ottobre 2014

Un pedigree, di Patrick Modiano

L'infanzia e l'adolescenza di Modiano non fluirono come un fiume tranquillo: la madre, attrice di teatro, condannata a rincorrere ingaggi in scena per non morire di fame; il padre, sempre impegnato in traffici, limpidi o loschi non importa. Ciò che importa è che entrambi ebbero poco tempo per occuparsi del figlio, per amarlo, perfino. L'autobiografia dello scrittore premio Nobel per la letteratura 2014 si snoda nella Parigi dal primo dopoguerra alla fine degli anni Sessanta, tra miserie e fame, ma anche su uno scena popolata da personaggi del panorama culturale di quel tempo, che sarebbero divenuti illustri, in una capitale colma di dignità e di fervore. Lo stile è scarno, estremamente essenziale, come quello di chi redige una serie di appunti per uso proprio, solo per non dimenticare. E tuttavia il lettore avverte che la scrittura è alta e non desidera abbandonare la lettura se non dopo l'ultima pagina. E anche in quel momento gli piace ritornare su alcuni passi.
"Forse tutta questa gente, incrociata negli anni Sessanta, e che non ho mai più avuto occasione di rivedere, continua a vivere in una specie di mondo parallelo, al riparo dal tempo, con la stessa faccia di allora": è il problema della percezione del tempo dentro di noi ed è anche il problema dell'essenza del tempo.
"Quella primavera del 1966, a Parigi ho notato un cambiamento di atmosfera, una variazione di clima che avevo già sentito a tredici anni nel 1958 poi ancora alla fine della guerra d'Algeria. [...] Uscivamo da un tunnel, ma quale fosse quel tunnel, io non lo so. E questa ventata di freschezza non l'avevamo conosciuta la stagione precedente. Era l'illusione di coloro che hanno vent'anni e che credono ogni volta che il mondo cominci con loro?" Forse. Ma forse erano anche le prime avvisaglie del Sessantotto, dell'immaginazione al potere, di esigenze e verità nuove: una stagione finita troppo presto, forse abortita.
Una lettura da consigliare. Un'occasione per andare oltre la storia personale dello scrittore e per riflettere su quanto peso abbiano nelle vite umane il luogo e il tempo della nascita, gli incontri e gli scontri in esso originati, la predisposizione genetica di fronte al mondo. Quel Caso, insomma, che spesso si rivela benigno. 

Patrck Modiano, Un pedigree, traduzione di Irene Babboni, Einaudi 2014



giovedì 23 ottobre 2014

Il lato oscuro del cuore, di Corrado Augias

Il lato nascosto delle nuvole è quello che vede solo chi vola in alto, con un aereoplano intercontinentale: "Clara continuava ad emozionarsi nel vedere il lato nascosto delle nubi, un privilegio che il genere umano aveva potuto conquistare da non moltissimo tempo..."  Anche il cuore ha un lato nascosto, oscuro. La psicanalisi cerca di vederlo, conoscerlo, svelarlo. Clara, che è una studiosa di storia della psicanalisi, lo sa. I suoi studi l'hanno portata a conoscere le donne che per prime sono state oggetto di studi sia psicanalitici che letterari: la Dora (Ida Bauer) di Freud, la signorina Else di Schnitzler, la giovane Bertha di Breuer. Con queste donne Clara ha trascorso gli anni degli studi universitari e su di loro ancora indaga, in vista di un possibile incarico in un'università statunitense. Tuttavia, un po' per necessità, un po' per curiosità la studiosa si impiega come cassiera nel bar del fratello, luogo nel quale può osservare e conoscere dal vero le persone e la loro vita. Si imbatte così nella storia di Wanda, forse implicata (o forse no) nell'assassinio del marito. E' la storia torbida di una donna sopraffatta dagli eventi fin da giovanissima, sposata ad un uomo inetto e di dubbia onestà, incapace di negarsi alle sopraffazioni maschili. Attraverso le interviste a Wanda, Clara penetra negli oscuri meandri del cuore umano tanto quanto mai le era avvenuto di fare attraverso i suoi pur approfonditi studi sui libri. E' l'occasione per misurarsi con la vita reale e anche per ritrovare se stessa e per ridisegnare il proprio futuro.
Corrado Augias costruisce un romanzo multiforme: vi troviamo le vicende di una famiglia e dei suoi componenti di generazioni diverse; vi troviamo un delitto e l'indagine su di esso; vi troviamo un mondo irredento di piccoli e grandi delinquenti;  vi troviamo soprattutto  documentatissime notazioni sugli albori della psicanalisi e sulla scoperta dell'isteria, sindrome tipicamente femminile; vi troviamo considerazioni sulle sopraffazioni culturali e sociali alle quali il corpo della donna è stato ed è ancora sottoposto.


Corrado Augias, Il lato oscuro del cuore, Einaudi 2014

venerdì 10 ottobre 2014

Dans le café de la jeunesse perdue, di Patrick Modiano

Il romanzo è ambientato nella Parigi mitica dei primi anni Sessanta. Una giovane donna, Louki, al secolo Jacqueline Delanque, è fuggita dalla sua vita precedente, fatta di un marito assicuratore e da una vecchia madre. Ora, in un bistrot del Quartiere Latino, la donna in fuga vive al centro di una rete di relazioni con i clienti abituali. La sua storia è ricostruita a più voci attraverso il racconto di personaggi diversi, uno studente, un détective, la protagonista stessa e un suo vecchio amante. L'organizzazione frammentaria del racconto delinea a perfezione l'indole della "fuggitiva". 
Si delinea il ritratto della donna e si delinea insieme quello della città, effervescente e malinconica insieme, nella quale il futuro è aperto e promettente, e tuttavia vive ancora il ricordo doloroso e tangibile degli anni del collaborazionismo. Accanto a quello del fuga, il tema della storia e della sua incomprensibilità per i viventi è un elemento fondamentale dei romanzi di Modiano, scrittore ebreo francese con antenati italiani, insignito ieri del premio Nobel per la Letteratura 2014 per "l'arte della memoria grazie alla quale ha evocato i destini umani più incomprensibili e svelato il mondo dell' occupazione nazista".

Una citazione che, come un brevissimo lampo, fa luce sulle tematiche del romanzo:
Gli ho chiesto data e luogo di nascita di quella Jacqueline Delanque. E anche la data del matrimonio. Aveva una patente di guida? Un impiego regolare? No. Aveva ancora dei parenti? A Parigi? In provincia? Un libretto di assegni? Mentre mi rispondeva con voce triste, annotavo tutti quei particolari che sono spesso i soli testimoni del passaggio di un essere vivente sulla terra. A condizione che un giorno qualcuno ritrovi il taccuino a spirale su cui sono stati annotati con una scrittura minuta e poco leggibile come la mia”.

Patrick Modiano, Dans le café de la jeunesse perdue, Gallimard 2007; in italiano: Nel caffé della gioventù perduta, Einaudi 2010

martedì 7 ottobre 2014

Storie naturali, di Damiano Malabaila

Queste quindici storie uscirono nel 1966 nella collana "I coralli" delle edizioni Einaudi. L'autore è Primo Levi, del quale erano già usciti per l'editore torinese Se questo è un uomo e La tregua. Qui Levi pubblica con uno pseudonimo perché, come scrisse in una lettera all'editore riportata nel risvolto di copertina, "io sono entrato (inopinatamente) nel mondo dello scrivere con due libri sui campi di concentramento; non sta a me giudicarne il valore, ma erano senza dubbio libri seri, dedicati a un pubblico serio. Proporre a questo pubblico un volume di racconti - scherzo, di trappole morali, magari divertenti, ma distaccate, fredde, non è questa frode in commercio?"
I racconti narrano storie in cui le tecnologie dominano la scena delle città, modificano gli esseri umani, le loro abitudini, la loro percezione del mondo, la loro morale, infine. Ne citiamo due, esemplari. Il primo è Il versificatore. Il versificatore non è un poeta, è una macchina, avverte il rappresentante che ne ha l'esclusiva, tuttavia potrebbe molto essere utile a un poeta impegnato nella redazione, faticosissima, di una poesia d'occasione. La prima prova dà esito abbastanza positivo; la poesia scritta dal versificatore non è geniale, ma commerciabile sì: "in fede mia conosco diversi colleghi che non se la caverebbero meglio", afferma convinto il poeta protagonista della storia. Il secondo racconto si intitola L'ordine a buon mercato e ci narra di un'altra macchina, il Mimete, capace di duplicare tutto in modo tridimensionale. Il protagonista, provandola, ne rimane affascinato e addirittura ammaliato quando, avendo fatto l'esperimento con due ragni, scopre che il Mimete può duplicare esseri viventi. Fortunatamente il rappresentante non lo segue su questa strada e un'amicizia antica si rompe. Un successivo racconto narra a chi non lo avesse compreso quanto possano essere aberranti le applicazioni del Mimete: la macchina, caduta in mano a un certo Gilberto, viene da lui usata per crearsi una seconda moglie, identica alla prima...
Davvero profetiche, queste "favole" ci ammoniscono su quanto pericolosi possano essere gli stravolgimenti generati dal sonno della ragione o dal delirio di onnipotenza che una tecnologia male intesa può generare negli esseri umani. Primo Levi, questo, lo aveva sperimentato nel lager.

Damiano Malabaila (Primo Levi), Storie naturali, Einaudi 1966. Premio Bagutta nel 1967.

lunedì 29 settembre 2014

Un bellissimo novembre, di Ercole Patti

"Nella prima settimana di novembre il tempo diventò bellissimo. L'estate di San Martino quell'anno fu più lunga e mite del solito. Il sole nelle ore del mezzogiorno e del primo pomeriggio scaldava come nel mese di settembre. La zia Cettina aveva tirato fuori certe camicette estive che le lasciavano nude le braccia..."
La zia Cettina è giovane, graziosa, sensuale, pigra e seducente. Nino, il suo nipote sedicenne, si innamora perdutamente di lei che, forse per pena, forse per leggerezza, lo introduce alle prime esperienze sessuali. Tutto ha inizio in un tardo pomeriggio, consumato in un salotto catanese: scarseggiano le sedie e Cettina, stretta sulla sua, si allarga fino a sedere sulle ginocchia del ragazzo. L'idillio prosegue nella campagna etnea, tra metà ottobre e metà novembre, nell'immensa casa dello zio Alfio, che raduna i pareti in occasione della vendemmia. Siamo nel 1925 ed i passatempi, oltre la vendemmia, sono le conversazioni, i giochi da tavola, le passeggiate nelle vigne e nel fitto, fresco castagneto, la lettura per le signore, la caccia per gli uomini. Nino si affanna a seguire costantemente la zia, che talvolta ne asseconda il desiderio amoroso, talaltra lo scosta e lo rampogna, aumentanto in lui il fuoco, ma generandogli anche dolorosa incertezza e continua angoscia. Cettina è corteggiata anche da un giovanotto brillante, il Santagati, viveur atletico e prestante, ricco ed elegante. Nino, maturato in fretta in quel meraviglioso mese, trascorso in campagna con la complicità della mamma, sorella di Cettina, anziché sui banchi del liceo catanese, è tuttavia ragazzo e non ancora uomo. Non riesce a comprendere i giochi della seduzione, le mutevolezze e le debolezze della giovane zia: il suo amore è serio, profondo, tremendo e totale. La gelosia lo consuma. Una scoperta conferma il suo sospetto. Il dolore lo conduce sull'orlo di un precipizio...
Ercole Patti (Catania 1903- Roma 1976) fu giornalista e scrittore. Inviato speciale in diversi Paesi, tra cui Cina e Giappone, arrivò alla notorietà nel 1940 con Quartieri alti, una satira della borghesia romana. I suoi libri più significativi (La cugina, Graziella, Diario siciliano) sono ambientati nella Sicilia agreste d'inizio Novecento, dove in novembre le arance “hanno la stessa tonalità delle foglie” ed il paesaggio suscita sentimenti essenziali, quelli di ogni vita e di ogni morte.

Ercole Patti, Un bellissimo novembre, Bompiani 1967

sabato 27 settembre 2014

Nel cuore dell'anatomista, di Daniele Derossi

Nel corso del XVI secolo furono pubblicate più di seicento edizioni delle opere di Galeno, autorità somma nel mondo della medicina, insieme ad Ippocrate. L'interesse per il corpo umano, e particolarmente per la sua fisiologia e per la sua anatomia, non si basarono tuttavia solo sull'autorità degli antichi, ma condussero a nuove ricerche e sperimentazioni i medici del tempo. Andrea Vesalio, ad esempio, partito dall'accettazione assoluta delle affermazioni di Galeno, giunse gradualmente, mediante sperimentazioni e ricerche dirette, a criticarne gli assunti e contribuì ad ampliare la conoscenza del corpo umano. La medicina era inserita nel più ampio contesto della filosofia naturale e la più prestigiosa sede italiana per questi studi era Padova con la sua università. Qui le discussioni mediche e le ricerche sul cuore e la circolazione del sangue, quanto mai intense, documentate ed approfondite, posero le fondamenta per importanti sviluppi della scienza medica nei secoli successivi.  
Così Derossi descrive la solenne apertura dell'anno accademico nell'Università padovana, frequentata da studenti di tutta la nostra penisola e anche da un nutrito e agguerrito gruppo di studenti tedeschi: "Al suono di flauti e timpani, uscirono dal portone del palazzo i capi bidelli con le mazze d'argento, simbolo dello studio dei legisti e degli artisti, seguiti dai due rettori in toga cremisi orlata di ermellino. In strada si accodarono i professori, i consiglieri con gli stendardi delle nazioni e infine gli studenti. Ebbe inizio la processione diretta al Duomo".
Solennità e rispetto per il sapere, solidi legami con il passato, ma anche ricerca inesausta ed espansione delle capacità dell'essere umano, corpo e mente uniti: questa era la visione del mondo umanistica. L'anatomista differiva dal barbiere, al quale ai tempi erano affidate le più semplici operazioni chirurgiche, per la sua conoscenza del corpo umano e per la sua perizia nell'eseguire la dissezione, che veniva praticata in pubblico e generalmente su cadaveri di condannati a morte. In questi tempi e in questo mondo ci introduce il romanzo di Daniele Derossi che narra la vicenda di Giovanni, ragazzino piemontese, partito dalla natia Serana, un paesetto in Val di Susa, per affrontare gli studi di medicina a Padova. Giovanni viene pian piano introdotto nel mondo della scienza, ma anche delle cortigiane e dei piaceri, e, da fanciullo pavido e solitario, diviene un provetto chirurgo grazie agli studi universitari e alla pratica medica esercitata sotto la guida del suo maestro Andrea Corvinus, anatomista appassionato e geniale. Sarà chirurgo al seguito dell'esercito fin sui campi di battaglia del Piemonte e conoscerà gli orrori delle battaglie, le pianure disseminate di cadaveri, le spoliazioni dei vinti, i saccheggi, i voltafaccia dei soldati mercenari. Però non gli verrà mai meno il desiderio di conoscere il cuore dell'uomo, in senso lato perché a Padova aveva conosciuto per la prima volta l'amore, e in senso letterale perché alla ricerca del "vero" funzionamento del muscolo cardiaco, ancora oscuro ai più del suo tempo. La sua indagine lo condurrà alla perdizione o alla salvezza? La lettura di questo libro, scorrevole e ricco di notizie, di luoghi e di vicende, ve lo svelerà.

Daniele Derossi, Nel cuore dell'anatomista, Bompiani 2013

Rembrandt, La lezione di anatomia del dottor Tulp, 1632

venerdì 26 settembre 2014

Chiostro di San Marco, di Marguerite Yourcenar

Nel chiostro di San Marco
la campana del Savonarola,
spaccata, ha perso la parola:
il suo lugubre tocco non ha eco.

Qui dipinse l'Angelico:
dolce il suo spettro ci sfiora a primavera;
tinge il suo pennello ogni corolla
d'azzurro, di carminio, d'albicocca.

Un guardiano tossisce sulla sedia
un povero gatto smembra lento
l'uccellino caduto dal nido.

Blu e rosa in vesti bianche
angeli posati sopra rami
squillano l'infinito amore.

da Les Charités d'Alcippe trad. Eleonora Bellini

giovedì 31 luglio 2014

Dall'innocenza e dall'amore, di Orhan Pamuk

"... di fronte alla nostra casa c'era un grosso e vecchio castagno [...] un giorno del 1957 l'amministrazione comunale e i burocrati decisero di tagliare l'albero per asfaltare e pavimentare [...] quando ci rendemmo conto che il nostro castagno sarebbe stato tagliato i miei zii, mio padre, tutti, non solo i familiari, vegliarono accanto all'albero tutta la notte per salvarlo. L'albero non è stato tagliato ed è ancora lì [... ] questo ha a che fare con una questione di sensibilità che riguarda il preservare la propria identità, preservare gli alberi, abbracciare il passato." (pag. 14). Questo piccolo libro, pubblicato nella collezione La repubblica delle idee, ripropone la conversazione di Marco Ansaldo ed Elena Stancanelli con Pamuk, tenutasi a Firenze il 7 giugno 2013. Pamuk, premio Nobel per la letteratura nel 2006, risponde a domande sui turchi di Piazza Taksim, quelli decisi a difendere gli alberi di Gezi Park, luogo della memoria di Istanbul, attraverso cui passa ed è passata tutta la storia della città. E chiarisce anche che cosa egli intenda per "innocenza", in particolare per "innocenza delle cose", quelle che ha raccolto ed ordinato, dedicandovisi anche praticamente, nel suo Museo dell'innocenza, aperto nel 2012 nella capitale turca, e che s'intitola come un suo fortunato romanzo. L'innocenza, spiega lo scrittore, ha diversi aspetti: è quella che allude al sesso, alla verginità; ed è "il candore dei personaggi nel contesto culturale, [...] il candore dei ceti bassi, quando si trovano davanti al potere, al denaro". Vi è infine l'innocenza degli oggetti, pure cose in sé, che, senza tutti i significati loro annessi nel contesto della storia, delle passioni e del potere, sono innocenti. Nel titolo della conversazione si parla anche di amore. Lo scrittore, alla domanda su quale sia, a suo parere, la più grande storia d'amore che sia stata scritta risponde: "Lolita, Romeo e Giulietta, naturalmente, ma anche Aurélien di Aragon, un libro di settecento pagine la cui prima frase è un pugno nello stomaco" (pag. 42). Un invito alla lettura che viene dalla conoscenza della complessità e della ricchezza del cuore e della mente umani, quando tutto può accadere e nulla è scontato, come nell'incipit di Aurélien: "La première fois qu'Aurélien vit Bérénice, il la trouva franchement laide". Orhan Pamuk, Dall'innocenza e dall'amore, Ed. La Repubblica 2013

mercoledì 16 luglio 2014

E' una parola, di Arianna Papini

E' una parola, un sentimento, la scoperta di una somiglianza, l'accettazione di una diversità. E' un sostegno ed un gioco senza fine, un sogno e un'affinità, un posto segreto. "E' una parola", cioè qualcosa che è difficile definire compiutamente. E' l'amicizia raccontata ai bambini, sfiorata con delicatezza, illustrata con raffinatezza, in questo bell'albo di Arianna Papini. Immagini di animali lieti o pensosi raccontano fremiti e segreti di un sentimento prezioso ed il testo, breve, è capace di generare una densa aspettativa e di far correre il piccolo lettore verso la rivelazione finale. Arianna Papini, "E' una parola", Kalandraka 2013

sabato 21 giugno 2014

"Venezia, un sogno", di Anna Pavignano

Thomas, zaino in spalla e autostop, abbandona la California e parte a cercare quella vita che immagina possibile solo on the road. Attraversa tutti gli States e poi si imbarca per l'Europa. Vive un poco in Belgio, un poco a Parigi, conoscendo due ragazze e due amori. Ma di nuovo fugge, verso sud est. "In un'alba puntinata di umido" incontra Venezia,  e non l'abbandona più. Il romanzo di Venezia e di Thomas si snoda attraverso le giornate dell'acqua alta ed ogni capitolo si apre con l'indicazione dell'ora e del livello dell'acqua: un fenomeno che i turisti considerano con divertimento, i veneziani vivono con rassegnazione e che si sta mangiando la città ed i suoi splendori. Il livello dell'acqua aumenta e preme su calli e palazzi e con lui aumentano la folla dei ricordi e gli affanni di Thomas, ormai uomo maturo, prematuramente vedovo e nonno controvoglia. Il lettore rivive insieme al protagonista i ricordi del passato - lavoro, amori, tradimenti, impennate di orgoglio, tristezze e malinconie - e urgenze del presente. Il presente, infatti, si fa per Thomas pressante nel momento in cui suo figlio esprime la volontà di trasferirsi con tutta la famiglia sulla terraferma: la vita a Venezia è divenuta difficilissima, la città è ormai ridotta a museo per onnivori turisti, l'acqua alta si mangia cantine cucine negozi, i veneziani dotati di buon senso se ne vanno. Ma Thomas non è d'accordo, non vuole e non può abbandonare Venezia, la patria che ha scelto, così mette in atto una plateale, fortissima protesta, nella quale elegge a suo alleato il nipotino africano, che fino a quel momento aveva trascurato. Protesta e consapevolezza, oltre che di sé anche del proprio ambiente, sono elementi nuovi nell'esperienza del nostro che in questa occasione, per la prima volta, "vede" il dolore della città oppressa dall'acqua alta - che l'incuria dell'uomo per l'ambiente ha generato - riflesso nel proprio dolore di uomo solitario giunto già oltre la metà della vita.
La protesta di Thomas non rimarrà inascoltata, i suoi concittadini prenderanno consapevolezza della necessità di salvaguardare Venezia con tutti i suoi abitanti, e per lui si aprirà una nuova stagione; perché, come recita lo striscione inalberato da un gruppo di ragazzi ispirati dal suo gesto, "I ricordi sono il nostro futuro".

Anna Pavignano. Venezia, un sogno, edizioni E/O 2012

sabato 14 giugno 2014

E' accogliente la mia casa, di Sigurður Pálsson



"La poesia di Sigurdur Pálsson, autore islandese assai eclettico, è caratterizzata da un’ampia gamma di registri, dal lirico all’ironico, dal micro-narrativo all’epigrammatico, in una costante alternanza di soggettività individuale e plurale, quel «noi» che in È accogliente, la mia casa echeggia frequentemente come un monito, il quale è anche un richiamo etico a un’esigenza di condivisione. La voce del poeta chiama altre voci all’ascolto, al dire, ne diviene cassa di risonanza, in un testo che si vuole «pieno di gente» e non disdegna il grottesco dell’aneddotica, il nudo stillicidio dell’elencazione dei «simboli della morte». La traduzione di Silvia Cosimini, da due decenni ormai voce ufficiale della lingua e cultura islandese in Italia, restituisce con precisione e gusto le spigolosità e dolcezze di questa poesia, prestando attenzione alle reiterazioni anaforiche, all’articolazione strofica, alla ricreazione delle immagini così anomale e originali di Pálsson, l’intima, segreta e notturna musica del Terzo ritornello dello spettro che recita: «Veglio / non riesco a morire». Ne risulta un esito particolarmente convincente e godibile, di sapida efficacia stilistica".
Questa la motivazione con la quale la giuria del premio nazionale di poesia e traduzione poetica "Achille Marazza" ha insignito del premio 2014 per la traduzione di poesia Silvia Cosimini (ex aequo con Renata Morresi), traduttrice e curatrice dell'opera di Pálsson in Italia. Questo agile libro raccoglie una selezione di liriche che ben rappresenta la poetica dell'autore islandese. Ne diamo qui un saggio.

I PRIMI PASSI

La piena del fiume
tempo di bonaccia 

Uno scatto nell'erba
non poche le impronte

S'intorbida per gioco
le corde si intrecciano

Terso il cielo
ovunque dei canti

I primi passi
inizio di un grande viaggio.


BORGES

Una dopo l'altra si sono spente le luci
alle finestre della casa

A lungo una luce ha fissato
le stelle
dall'abbaino nella casa cieca

E poi non ci fu
più luce

La luce rientrata

splende luminosa nel cielo stellato
della biblioteca.


SCRITTO SULLA SABBIA

Fuori attende la sabbia nera
sottile e umida

Il dito si ghiaccia un poco
a scrivervi

Il corpo si scalda un poco
e anche il groviglio che si chiama
spirito
mente
anima

Le onde si avvicinano

il respiro 
pieno di mestizia
di gioia di vita

Le onde si avvicinano.

E' accogliente la mia casa, di  Sigurður Pálsson ( Mobydick editore 2013) traduzione e cura di Silvia Cosimini

Silvia Cosmini legge Pálsson durante la cerimonia di premiazione

martedì 3 giugno 2014

Vita e pensieri di Antonio Gramsci, di Giuseppe Vacca

“La fama postuma di Gramsci è dovuta soprattutto ai Quaderni e non avremmo potuto mancare al compito di documentare quanto fosse incerta la loro sorte alla morte di Gramsci” scrive Giuseppe Vacca nell’introduzione al suo ampio saggio. Il libro ripercorre con ricchezza di documentazione e con chiarezza di stile le vicende della vita di Antonio Gramsci dagli anni di poco precedenti il suo arresto (8 novembre 1926) fino alla morte. Insieme all’evoluzione del suo pensiero, ai temi dei suoi studi in carcere, ai suoi giudizi sull’evoluzione e sulle posizioni nazionali e internazionali assunte dal partito comunista in quegli anni, Vacca narra ed interpreta, avvalendosi di un’ampia documentazione, anche la dolorosa e complessa vicenda familiare del detenuto: la relazione con la moglie Giulia Schucht e la famiglia di lei, le raccomandazioni per l’educazione dei figli, il ruolo della cognata Tatiana, importante supporto e anello di contatto con la società esterna, i familiari e il partito nei nove anni della detenzione. Nel capitolo conclusivo “Il destino dei Quaderni” vengono esaminate diverse questioni di grande importanza relative a supposte trattative di liberazione di Gramsci da parte del governo sovietico, che in realtà, pur auspicate dal prigioniero e dai suoi familiari e oggetto di ampie campagne di mobilitazione dell’opinione pubblica internazionale, non vi furono. Un libro complesso, arricchito da un'ampia bibliografia, da leggere per informarsi, scoprire, approfondire. Giuseppe Vacca è presidente della Fondazione Istituto Gramsci di Roma e della commissione scientifica per l'edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci.


Giuseppe Vacca, Vita e pensieri di Antonio Gramsci 1926 – 1937, Einaudi 2012 e 2014.

domenica 25 maggio 2014

L'hiver des hommes, di Lionel Duroy


Il romanzo ci conduce attraverso i paesi della ex Jugoslavia, divisi più che pacificati. Marc, il protagonista, si interroga sul suicidio della giovane figlia del generale Mladiĉ, soprannominato "il macellaio dei Balcani": che cosa provano i figli dei carnefici? Come influisce sulla loro vita la consapevolezza dei crimini dei padri? Ricordando studi e memorie dei figli di noti criminali nazisti, egli lascia la Francia per incontrare i protagonisti dell'abominevole guerra, che, negli anni Novanta, dopo la caduta del regime comunista, separò e trasformò in avversario da annientare chi prima ed a lungo era stato vicino, sodale, amico. 
Racconta Miroslav: “Vi fu un censimento nelle scuole, credo che la guerra abbia avuto inizio da qui, da noi, i bambini. Un giorno il direttore entrò in classe con un elenco che comprendeva il nome di tutti gli scolari. Spiegò che dovevamo scrivere la nostra nazionalità accanto al nostro nome e fece circolare il foglio. Quando arrivò a me, non seppi cosa scrivere e guardai che cosa avevano scritto gli altri prima di me. Valentino, il mio vicino aveva scritto 'Croato', Selma Musulmana', e Bojan 'Serbo'. Mi misi a riflettere, trattenni il foglio per due o tre minuti, finché il direttore s'innervosì. - Scrivi! - mi disse. - Non so che cosa sono, c'è una quarta categoria? - Scrivi quello che sei! - Riflettei ancora e scrissi 'Jugoslavo'. Anche il mio vicino di destra disse: - Pure io sono Jugoslavo – e scrisse come me. Il direttore se ne andò con l'elenco. Ma poco dopo ritornò: – Dovete scrivere una nazionalità diversa da Jugoslavo – disse – perché Jugoslavo non esiste più.” (pagg. 82-83, trad. E.B.) Marc percorre le nuove nazioni create da una guerra di crudeli massacri fratricidi sfidando neve e gelo di un inverno che è sui monti e le colline, nei boschi e nelle impervie strade, ma anche e soprattutto nel cuore degli uomini, specialmente dei Serbi, arroccati nel loro dolore di sconfitti, assediati dalla fame e dalla povertà e tuttavia fedeli proprio alle convinzioni che hanno causato la loro rovina, mentre la Sarajevo musulmana sta rinascendo di speranza e di timidi fiori alle finestre. L'hiver des hommes è un libro da leggere, lucido e pietoso insieme, ci apre alla conoscenza della vita di Paesi a noi vicini e tuttavia dimenticati. Ci ricorda quanto siano pericolosi i nazionalismi ottusi e violenti e quanto siano ancora presenti in Europa. 


                                  Lionel Duroy, L'hiver des hommes, Ed. Julliard 2012 

sabato 17 maggio 2014

"Il mio poeta con la penna in mano", un vecchio articolo (2005) su bambini e poesia


Cenni su alcuni laboratori di poesia condotti in una biblioteca pubblica
 
Il laboratorio di poesia della Sezione Ragazzi della Biblioteca Marazza di Borgomanero ha compiuto venti anni (nel 2005, n.d.r.). L’esperienza iniziò nell’autunno del 1985, con ispirazione ed in atmosfera rodariane.
Questo per me, allora sufficientemente giovane ed entusiasta, fu fin troppo facile, sia per ragioni geografiche (Omegna, città natale di Gianni Rodari, era vicina); sia perché mi risultava familiare rievocare le filastrocche del poeta che sulle pagine de Il pioniere, La Via Migliore, Il Corriere dei Piccoli, avevano portato aria nuova nella mia infanzia, come in quella di tanti altri nati negli anni Cinquanta e Sessanta; sia, infine, perché Rodari mi era l’autore ideale per coinvolgere e rendere protagonisti gli utenti più giovani della biblioteca, attraverso un’attività creativa, giocosa e libera. Ne avevo già avuto esperienza, pur breve, negli anni dell’insegnamento alle scuole elementari e medie.
I laboratori di poesia si sono poi radicati nel tempo, come attività quasi istituzionale fra le molte della biblioteca dei bambini e dei ragazzi e sono stati indirizzati sempre alle classi scolastiche, nell’ambito della programmazione delle diverse attività di invito alla lettura “inventate” dai bibliotecari.
              All’inizio la proposta fu molto semplice. Essa prevedeva sia che, dopo che io avessi condotto per un certo tempo un “gioco con le parole”, ogni bambino scrivesse la propria poesia, sia che, ascoltata la lettura di uno o due testi di autori famosi (non di quelli, tuttavia, abitualmente studiati a scuola), essi fossero illustrati dai bambini. Al termine dell’attività, la lettura dei testi effettuata sul palco al microfono da ciascun piccolo autore o anche la proiezione dei disegni su lavagna luminosa costituivano quasi una festa. Questa esperienza venne documentata e raccolta in parte e in modo molto sintetico nel quaderno dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Borgomanero I bambini e la poesia (Borgomanero, 1987; con testi, tra gli altri, di Mario Lodi e Roberto Denti e disegni di Mauro Maulini).   
      
   Negli anni successivi l’attività proseguì collateralmente ad altre iniziative rodariane, che sfociarono poi nel convegno con mostra e pubblicazione Laboratorio per Rodari (testi di Carlo Carena, Eros Bellinelli, Roberto Cicala, Roberto Leydi; marionette e progetti di allestimento scenico per il Teatro di Gianni e Cosetta Colla, stampato a Novara nel 1991). La raccolta delle poesie e dei disegni dei bambini fu premiata con un quadernetto ad hoc, praticamente un manoscritto poi fotocopiato in un centinaio di esemplari, e recante lo stesso titolo del volumetto “adulto”, Laboratorio per Rodari, con il sottotitolo Il laboratorio della cicala.
            Successivamente, in parte in seguito all’arricchimento derivatomi  dagli interventi e dalle proposte degli stessi bambini, in parte anche esaudendo alcune richieste provenienti da insegnanti che frequentavano assiduamente i laboratori con le loro classi, le proposte di attività si ampliarono. Furono sperimentate alcune tecniche, soprattutto acrostici, mesostici e calligrammi;  fu istituito un breve percorso di “esplorazione poetica”, un manualetto per invitare i bambini a scrivere in versi – nel percorso c’erano: i suoni, i colori, le forme, le ricette della poesia –; furono proposte filastrocche a tema (le storie in versi e rime, le ricorrenze dell’anno, il tempo, la pace e la guerra (nel dicembre 1993 regalammo a tutti i nostri piccoli lettori il Calendario 1994 per un anno di pace , poesie e disegni di bambini a scandire il percorso dell’anno, mese per mese), i sentimenti e addirittura le figure geometriche - filastrocche, queste ultime, create ad hoc per una classe quinta elementare “nemica della geometria” - nonché il… riciclaggio dei rifiuti!

A partire dal 1999, tutti i testi poetici  sono esposti,  a fine anno scolastico, nelle mostre del “Maggio dei Bambini”, insieme agli scritti e ai disegni dei bambini coinvolti nelle altre attività di invito alla lettura. Per un certo periodo anche un periodico locale, La voce del laghi, che poi cessò le pubblicazioni, ospitò in una sua pagina quindicinale, riservata ai lettori più piccoli, poesie e disegni provenienti dal nostro laboratorio. Da qualche anno, finalmente, superate alcune difficoltà economiche, abbiamo potuto raccogliere una scelta significativa di testi nei Quaderni della Sezione Ragazzi, a partire da  Piccoli Libri e Piccole Rime (esaurito), fino al recentissimo I laboratori della fantasia.
Temi di successo dei più recenti laboratori di poesia sono stati “Bambini e poeti”, letture ad alta voce di testi poetici che hanno a protagonisti i bambini e poi scrittura di “poesie sul poeta” (naturalmente il poeta ideale dell’immaginario infantile o “profano”) da parte dei bambini stessi; “Libri in rima”, storie e romanzi raccontati in rima creando un testo collettivo; “Amori e colori”, dai versi d’amore colorati dei poeti famosi alle prime poesie d’amore scritte sui banchi della scuola media. A questo punto qualche esempio è d’obbligo, potrà esaudire un poco la curiosità di chi legge o stimolare l’iniziativa in chi volesse tentare l’esperienza nella propria classe o nella propria biblioteca:
 
SOGNI

Il poeta smise di poetare
perché era molto stanco.
Scriveva, scriveva e scriveva
senza rendersi conto della sua bravura.
Si addormentò,
cadde in un sogno un po’ cupo e un po’ lieto.
C’erano animali,
uomini noiosi o divertenti.
In quel sogno
tutti gli esseri umani andavano d’accordo.
Ad un tratto si svegliò,
si accorse di avere sognato,
ma il suo sogno non si era avverato.

Edoardo, classe V elementare
 
 
 
FELICE

Felice come il pesce
che salta nel mare,
come un delfino
che fa acrobazie,
come un bambino
che trova il gioco perso,
come la mamma
quando le nasce il bambino,
come un pittore
quando guarda il suo quadro.

Riccardo, classe IV elementare
 
 

LA STREGA DELLA MONTAGNA
dalla storia di Gloria Cecilia Diaz

C’era una volta Alina,
una strega piccolina
che non riusciva ad atterrare
e tutti gli alberi voleva tagliare.

“Se tutti gli alberi taglierai
l’ombra più non avrai,
spariranno i fiori e i frutti
e questi monti saranno brutti.
Tacerà il canto degli uccellini
e scapperanno gli scoiattolini”,
dissero, assai inorridite,
le vecchie streghe istruite.
Le insegnarono a volare
e la scopa volante a usare.
Dopo l’ultima lezione
Alina atterrò con precisione
e le streghe stupefatte
applaudirono come matte.

Testo collettivo scritto con una classe III Elementare


COLPO DI FULMINE

Eri qui, vicino a me,
con lo zaino sulle spalle.
Provai ad avvicinarmi a te,
ma non riuscii a fare due passi.
Mi rassegnai, guardando un’altra ragazza
che ti faceva la corte.
Così i colori dell’amore si spensero
e non fu più colpo di fulmine.

Gabriella, II media

 
Non c’è altro da aggiungere, se non forse un mio desiderio ed una mia speranza: che, al di là di ciò che, dei nostri laboratori di poesia, è stato documentato nelle pubblicazioni o che è apparso in mostra, possa rimanere nei bambini partecipanti la gioia e insieme la fatica – talvolta persino il dolore – di stare facendo e di avere fatto/scritto qualcosa di speciale. Perché è molto speciale poter creare immagini nuove, scrivere versi propri, esprimere sentimenti, usando le parole consuete e quotidiane in un modo diverso, nel modo della poesia, grazie alla quale quelle stesse parole divengono più vere e profonde e valgono incommensurabilmente di più.
 
Eleonora Bellini (dal sito Oltrepensiero, http://www.oltrepensiero.com/modules.php?name=News&file=print&sid=55)

sabato 1 marzo 2014

Austerlitz, di Winfried Georg Maximilian Sebald


Nella salle des pas perdus della stazione di Anversa tra le persone in attesa c'è Austerlitz, "un uomo che allora, nel '67, aveva un aspetto quasi giovanile, con i capelli biondi singolarmente ondulati". Prende appunti e stende schizzi, scatta foto all'architettura solenne della stazione, tutto materiale che gli servirà per le sue ricerche erudite. Ma, non appena il narratore gli rivolge una domanda, Austerlitz è felice di intrattenersi a discorrere con lui, perché "chi viaggia solo è in genere contento di trovare un interlocutore dopo giorni e giorni trascorsi in completo silenzio". Nasce così una confidenza che, pian piano, si trasformerà in amicizia, itinerante in luoghi diversi d'Europa.
Jacques Austerlitz soffre un sentimento di estraneità, di erranza, fondato sulla nebbia che all'inizio del romanzo vela le sue origini e la sua travagliata infanzia, che il lettore scoprirà a poco a poco, inoltrandosi a fondo nel romanzo. Una vicenda, quella di Jacques, tragica ed appassionante insieme, parte dei tragici eventi che travagliarono la storia d'Europa negli anni del nazismo.
Jacques ha trascorso l'infanzia come figlio adottivo di un pastore del Galles e ha appreso il suo vero nome solo  al momento dell'esame sostenuto per entrare ad Oxford. La ricerca delle sue origini si impone e la seguiamo nella seconda parte del romanzo, così come si segue una ricerca di quella microstoria che s'innesta nella storia ufficiale e le dà sentimenti e sostanza, perché è la storia delle gioie, delle speranze e dei dolori dei singoli. La microstoria ha nomi e cognomi quotidiani, potrebbe essere la storia di ciascuno. Seguiamo Austerlitz da Praga, città della sua primissima infanzia (bellissima la rievocazione della lingua infantile che gli torna alla memoria, grazie alla pronuncia dei numeri che, gli ricorda una ritrovata vecchia zia, egli usava contare sui bottoncini che ornavano i guanti nel negozio di famiglia), fino a Terezin (città muta di porte chiuse), dove scoprirà che avevano trovato la morte i suoi genitori, ebrei di Boemia.
Caratteristica della narrazione di Sebald, dallo stile complesso, ricco di subordinate ed incisi e tuttavia di lettura estremamente invitante e coinvolgente, è l'inserzione nel testo di fotografie che suggeriscono al lettore ora l'impressione dell'immersione nella realtà, ora la suggestione del sogno:
"A un certo punto mi fermai lungamente davanti all'entrata di una casa, disse Austerlitz, lo sguardo rivolto verso l'alto a un mezzorilievo grande circa trenta centimetri quadrati  e montato nel liscio intonaco sopra il concio dell'arco del portone, mezzorilievo che, su uno sfondo verde mare disseminato di stelle, raffigurava un cane dipinto di blu con un bastone in bocca  che il cane medesimo - come io presentii rabbrividendo fino alla radice dei capelli - aveva portato lì dal mio passato"(pag. 165).
 
W.G. Sebald, Austerlitz, Adelphi 2002