mercoledì 20 giugno 2018

La sposa Yemenita, graphic novel di Laura Silvia Battaglia e Paola Cannatella

In tredici capitoli (preceduti da un prologo e chiusi da un epilogo) Laura Battaglia racconta con passione ed efficacia un Paese lontano, lo Yemen, del quale abbiamo poche occasioni di avere notizie chiare ed esaustive. L’antico regno della Regina di Saba, con la sua capitale Sana’a, definita da Pasolini “una Venezia selvaggia sulla polvere”, è ora deturpato e distrutto da una guerra interminabile e crudele. 
Le autrici ci raccontano con naturalezza non priva di preoccupazione ma colma di affetto, aspetti poco noti della vita quotidiana yemenita: le celebrazioni nuziali, sfarzose e vissute in rigorosa separazione tra uomini e donne; la vanità e la civetteria delle ragazze, celate sotto lo scuro niqab in pubblico, ma pronte ad abbigliamenti moderni e seducenti in privato; il traffico di minorenni spregiudicatamente impiegati nello spaccio della droga più comune, il qat; le innocenti vitteme dei droni delle nostre forze alleate; gli scellerati attacchi kamikaze; la profonda cultura, la saggezza, l'acume e la tolleranza religiosa dello sceicco Hassan Abdullah, attraverso il quale si svela il vero Islam, fraterno e pietoso, che è poi quello della maggioranza dei suoi più autentici fedeli.
La graphic novel racconta con estrema efficacia, spiccato stile giornalistico e la forza che deriva dagli eventi vissuti in prima persona lo Yemen e il suo popolo allo stesso modo di come potrebbe farlo un saggio, ma con linguaggio - testo e immagini - alla portata di tutti.  
A. S. Battaglia/ P. Cannatella, La sposa Yemenita, Becco Giallo 2017



lunedì 18 giugno 2018

Le ricette della signora Tokue, di Durian Sukegawa

Fino al 1996 la legge giapponese costrinse chi era stato contagiato dal morbo di Hansen, la lebbra, a vivere segregato. Fin dal 1907, le autorità giapponesi decisero che i lebbrosi non dovessero  circolare liberi e che li si dovesse allontanare sia dai luoghi pubblici che privati, dai templi e dalle strade ma anche dalle famiglie e dalla vista dei sani. Fu creata una rete di sanatori nei quali i malati furono costretti a risiedere per legge, dimenticati dal resto del mondo. Questa prima normativa, che tramutava una malattia in colpa e i malati in colpevoli, fu ribadita nel 1931 e nel 1953. Nel 1959 venne isolata la rifampicina, un antibiotico dagli effetti prodigiosi per debellare, oltre ad altre gravi malattie, anche la lebbra, patologia non ereditaria. I malati giapponesi, però, restarono rinchiusi, muti e invisibili, per altri trentacinque anni. La signora Tokue, protagonista di questo romanzo e del film omonimo, sa preparare deliziosi dorayaki, dolcetti di pan di spagna e confettura di fagioli azuki e la sua arte risolleva le sorti del negozio di Sentaro, che, di malavoglia, lavora in una piccola pasticceria della periferia di Tokyo. Minuta e anziana, abile malgrado le sue mani deformi, dolce e paziente, la signora Tokue conquista il rude Sentaro e le studentesse che frequentano il negozietto. Ma tutto cambia, e in peggio, quando viene alla luce il segreto di Tokue, che deve lasciare il lavoro e tornare al sanatorio. La paura di contrarre una malattia antica, sempre vissuta come maledizione, il pregiudizio e l’ostracismo sociale non piegano la donna, che ha imparato, nei lunghi anni di reclusione ad ascoltare e riflettere, a sentirsi sempre e comunque in relazione con altri viventi e perfino a volgere la sfortuna in qualcosa di positivo. "La notte, basta prestare ascolto al mormorio delle stelle per sentire lo scorrere eterno del tempo. Noi siamo nati per guardare e ascoltare il mondo. E il mondo non desidera altro. Perciò, anche se non potevo diventare insegnante o lavorare, il mio essere venuta al mondo aveva un senso".
 Durian Sukegawa, Le ricette della signora Tokue, Einaudi 2018, traduzione di Laura Testaverde.

domenica 10 giugno 2018

Clandestino. Graphic novel di Eoin Colfer e Andrew Donkin, illustrata da Giovanni Rigano


Ebo ha dodici anni e vive in un villaggio del Niger con uno zio ubriacone, il solo familiare rimasto con lui: il fratello maggiore, Kwame, è partito all'improvviso alla volta dell'Europa per raggiungere Sisi, la sorella della quale non hanno più notizie. Ebo parte di notte, sperando di poter raggiungere Kwame prima che quest'ultimo intraprenda la traversata del deserto. Già, perché "per arrivare in Europa, bisogna attraversare due deserti, uno di sabbia e uno di acqua". Ad Agadaz il bambino si guadagna da vivere con piccoli lavori e cantando meravigliosamente. Proprio in occasione di un matrimonio a cui è invitato come cantante, Ebo ritrova il fratello. Insieme partono per un viaggio che sarà difficilissimo, duro e drammatico molto più di quanto avessero immaginato nel loro sogno europeo. Lo sbarco in Sicilia, come naufrago esausto e impaurito, gli aprirà non una nuova patria, ma una prigione, il centro d'accoglienza. Attraverso la rete metallica il bambino ogni giorno guarda il mare e pensa a tutti coloro che riusciranno a toccare terra, ma anche ai tanti che nel mare profondo sono rimasti. 
La storia del viaggio di Ebo "è un'opera di fantasia, ma gli elementi che la compongono sono tutti veri", avvertono gli autori. "Speriamo che Clandestino raggiunga i lettori di tutto il mondo, speriamo che abbiano cura verso i personaggi, una cura che può tradursi in preoccupazione reale per gli immigrati" ha affermato Colfer. 
Il viaggio è raccontato e visto dal punto di vista di un bambino, perciò non sarà difficile ai suoi coetanei identificarsi in lui e agli adulti provare quel sentimento di solidarietà che la cronaca recente potrebbe farci temere universalmente spento.

E. Colfer / A. Donkin, Clandestino, illustrato da Giovanni Rigano e tradotto da Tommaso Varvello, Mondadori 2017.

mercoledì 6 giugno 2018

Ranocchio salva Tokyo, di Murakami Haruki

Ranocchio salva Tokyo è una bella favola, già contenuta nella raccolta di racconti Tutti i figli di Dio danzano, scritta da Murakami dopo un forte terremoto che, nel 1995, danneggiò seriamente la città di Kobe, il luogo della sua infanzia e adolescenza. Qui viene ripubblicata in un volume a sé, arricchito dalle belle illustrazioni di Lorenzo Ceccotti. Il Gran Lombrico, che vive sotto la filiale della Cassa di Credito e Sicurezza, prepara un terremoto devastante, che mieterà numerosissime vittime nella città di Tokyo. Bisogna fermarlo. E chi può combatterlo meglio del signor Katagiri, diligente impiegato della medesima Cassa, insieme a Ranocchio, un gigante apparso improvvisamente una sera nel suo appartamento proprio per condurre questa battaglia?
Il Gran Lombrico vive nelle viscere della terra ed è quasi sempre immerso in lunghi sonni, in un interminabile letargo di anni, ma, quando si sveglia in preda all'ira, può provocare terremoti tremendi. Ranocchio, mediante un'abile dialettica e dotte citazioni, si adopera a convincere Katagiri, bassetto e mingherlino, a sostenerlo nella lotta contro il crudele Lombrico. 
E' difficile per l'ometto accettare. Le obiezioni che oppone sono tante, ma la principale riguarda il fatto che lui, Katagiri, è una persona comune, non esente da difetti. E' solitario e timido, privo di doti artistiche e atletiche: gli può spiegare Ranocchio perché proprio una persona insignificante come lui dovrebbe salvare Tokyo?
Anche e soprattutto le persone comuni possono e devono combattere grandi battaglie, risponde Ranocchio, e, soprattutto, Katagiri tenga presente che "... l'immaginazione è il nostro campo di battaglia. E' lì che vinciamo e siamo sconfitti. Naturalmente siamo tutti esseri limitati, e alla lunga finiremo col perdere. Però, come aveva intuito Ernest Hemingway, il valore definitivo della nostra vita non sarà determinato da come avremo vinto, ma da come avremo perso". 
Una metafora profonda e poetica si sviluppa nelle pagine di questo libro e alimenta, fino all'ultima riga, l'interesse e la curiosità del lettore, indotto alla meditazione su sogni e realtà, su coraggio e paura, sulla fiaba che può celarsi dentro ogni vita, anche la più monotona.


Murakami Haruki, Ranocchio salva Tokyo, Einaudi 2017; illustrazioni di Lorenzo Ceccotti, traduzione di Giorgio Amitrano