domenica 14 aprile 2019

Il nazismo e l'Antichita', di Johann Chapoutot

L'antichita' greca e romana occupo' un posto di primo piano nell'immaginario nazista e, per fondare la ''razza ariana'' negli splendori esemplari di Grecia e Roma, furono compiuti numerosi falsi storici, ricostruiti argomenti, capovolte realta', esercitata la piu' ampia propaganda. L'argomentazione posta alla base di tutto questo ''pensiero capovolto'' sosteneva che i Greci erano Uomini del Nord. Un sillogismo, abbastanza diffuso e abbastanza accettato nel XIX secolo, recitava: la civilta' viene dal nord. Per questo i Greci che fondarono la civilta' piu' illustre ed esemplare non possono che essere nordici, si affermo'. Chapoutot indaga e riferisce con linguaggio chiaro ed argomentazioni esaurienti tutti gli aspetti della strumentalizzazione e della deformazione della storia e della civita' antica che i nazisti operarono. Un esempio e' nel capitolo dedicato all'esaltazione della perfezione del corpo, basata sull'idea che i Greci avessero coltivato uno spirito agonistico pari ed uguale a quello dei Tedeschi, idea che sfocia nella consacrazione delle Olimpiadi del 1936, quando la fiamma olimpica arriva nella Berlino hitleriana. Queste Olimpiadi, oltre a celebrare il regime, assurgono a dimostrazione scientifica della derivazione dei Tedeschi ariani dai Greci antichi. Stupefacente e' anche scoprire come un folto stuolo di dotti ed accademici convalidarono con il crisma del loro status culturale queste teorie razziste ''La ragione accademica abdica ad ogni etica della verita' e diventa la docile serva di un'ideologia che le ordina di convertire il mito in verita' scientifica'' scrive l'autore. Per ottenere la perfetta deformazione della realta' storica i nazisti dovettero lottare contro il ''clan degli archeologi'', che si ostinavano a estrarre dai boschi della Germania delle rozze e sgraziate brocche, come ebbe ad affermare, lagnadosene, Hitler stesso. Chapoutot, che esplora tutti gli aspetti della strumentalizzazione e della falsificazione nazista della storia antica, ricostruita secondo criteri razziali (e razzisti), con un'espressione felice definisce i nazisti ''ladri di storia''.
L'autore osserva che ''Nel caso specifico del nazionalsocialismo siamo in presenza di una menzogna elevata a potenza'' e cita Hannah Arendt secondo la quale questa menzogna ''tradisce il fine ultimo della conquista del mondo, perche' soltanto in un mondo interamente controllato il dittatore totalitario puo' realizzare le sue menzogne e far avverare le sue profezie''.
Vi dice niente quest'ultima affermazione?

J. Chapoutot, Il nazismo e l'antichita', Einaudi 2017

mercoledì 3 aprile 2019

La doppia madre, di Michel Bussi

Malone ha tre anni e non si separa mai dal suo pupazzetto Guti. Guti gli racconta ogni sera una storia, di nascosto da Mamma-da, però. Perché mai? Perchè Malone deve ricordare tutto, deve imprimersi bene nella memoria tutte le storie, i luoghi e i fatti che la "mamma di prima" gli ha narrato e che gli ha raccomandato di non scordare mai. La memoria dei bambini piccoli è labile, si sa, per questo la "mamma di prima" gli ha fatto tante raccomandazioni. E Malone, che è un bambino obbediente e molto più maturo dei suoi tre anni e mezzo, le obbedisce in segreto. Ora Malone vive con Mamma-da e Papà-da, ai quali vuole bene, ma non ha nessuna intenzione di dimenticare la sua "mamma di prima". Così racconta e disegna per lo psicologo della scuola, Vasil Dragonman, la sua vita precedente, il castello con quattro torri, il bosco degli orchi, il mare e la nave. E gli confida che i suoi genitori non sono i suoi veri genitori. Vasil ritiene giusto contattare la polizia e prende appuntamento con la comandante Marianne Augresse, che però è impegnata nell'indagine su una rapina e sembra sottovalutare il suo racconto e l'urgenza di appurare se quanto il bimbo, che lo psicologo ritiene superdotato e molto affidabile, racconta di sé sia vero. Ma l'urgenza esiste, perché "per sostenere che la madre non è sua madre il bambino si aggrappa a frammenti di ricordi, ma tra qualche giorrno, tra qualche settimana, via via che crescerà, imparerà cose nuove, si riempirà la testa di nomi di animali, fiori, lettere e del mondo infinito che lo circonda, e i suoi ricordi più vecchi si cancelleranno. E, molto semplicemente, l'altra madre di cui ancora si ricorda, e la vita di prima di cui mi parla ogni volta che ci vediamo, per lui non saranno mai esistite!", sostiene Vasil.
Una trama intelligente, che si snoda tra costante suspence, approfondite notazioni psicologiche ed esistenziali, non priva di cenni alle contraddizioni sociali che caratterizzano i nostri giorni, appassiona e sostiene fino in fondo la lettura di questo romanzo di quasi cinquecento pagine. Bussi si conferma narratore elegante e intelligente, capace di trame profonde e, insieme, di notazioni ironiche e di costume. Il finale, poi, nelle sue storie è sempre una sorpresa.


Michel Bussi, La doppia madre, E/O 2018. Traduzione di Alberto Bracci Testasecca