giovedì 10 gennaio 2013

Michela Ponzani, Guerra alle donne

Poco visibili, coperte d’infamia, vittime di una tragedia che, anche quando sopravvivono, è meglio resti non detta, sono le donne violate dagli stupri di massa e comunque da ogni stupro teorizzato, programmato, spietatamente usato come “arma di guerra”. Nel 1992 si stimò che fossero almeno venticinquemila le donne bosniache musulmane vittime delle violenze perpetrate dalle truppe serbe durante il conflitto interetnico dei Balcani. Non tanto vittime di un malinteso “istinto virile”, queste donne, quanto creature immolate a seguito di precisi ordini militari, di una strategia finalizzata ad umiliare il nemico fin nel più intimo delle sue case, dei suoi affetti, dei suoi corpi più innocenti. L’Europa, almeno quella che ancora è in grado di riflettere, rimase attonita dinanzi al fatto che simili violenze potessero avvenire nel continente che aveva generato i diritti dell’uomo e del cittadino e nella "civile" realtà contemporanea.

Questo libro, però, ritorna più indietro: si occupa delle memorie di donne comuni nell’Italia del secondo conflitto mondiale, fra il 1940 e il 1945. Attinge alla ricca documentazione raccolta dall’Archivio della memoria delle donne del Dipartimento Discipline storiche dell’Università di Bologna. Riannoda fili di memoria umile, la più a rischio di oblio.
Per la donna violata nulla sarà più come prima, e perfino l'avvento di un periodo di pace le apparirà spento e povero di futuro: "La guerra aveva risparmiato le nostre vite ma cancellato l'identità, l'anima; quella di prima era sepolta per sempre" scrive Annamaria, negli anni Novanta, quando è ormai anziana e sola nella sua casa romana. “La guerra alle donne è stata una lotta oscura, che ha assorbito energie, devastato sogni, speranze e sentimenti”, conclude l’autrice, ricercatrice all'Istituto Storico germanico di Roma.

Michela Ponzani, Guerra alle donne. Partigiane, vittime di stupri, amanti del nemico. 1940-45, Einaudi 2012.