domenica 26 ottobre 2025

Fascismo e democrazia, di George Orwell

Il libro raccoglie cinque acutissimi articoli scritti dal giovane Orwell, prima che il successo arridesse alle alle sue opere più note: Fascismo e democrazia; Letteratura e totalitarismo; La libertà del parco; L'invasione da Marte; Visioni di un futuro totalitario. Segue la postfazione di Roberta De Monticelli che offre una fondamentale chiave di lettura degli articoli stessi, scritti negli anni 1941 e 1945. 

Orwell analizza le critiche alla democrazia "borghese", provenienti sia dai nazisti e dai fascisti che, su basi diverse, dai comunisti, e dimostra la loro superficialità il loro scarso senso della realtà: "La democrazia borghese non è abbastanza, però è molto, molto meglio del fascismo, e muoverle contro equivale a tirarsi la zappa sui piedi. La gente comune lo sa, anche se gli intellettuali lo ignorano. La gente comune si terrà ben stretta l'illusione della democrazia e il concetto occidentale di onestà e decenza" p. 18). 

Quanto alla letteratura nei regimi totalitari, vista soprattutto sul fronte della critica e della massima shakespeariana "Sii sincero con te stesso", nella sua lettura alla BBC (maggio 1941) Orwel afferma: "Viviamo in un'epoca in cui l'individuo autonomo sta cessando di esistere - o forse dovremmo dire un'epoca in cui l'individuo sta cessando di avere l'illusione di essere autonomo". L'affermazione precorre i tempi ed è di estrema attualità, anche nell'ambito della capacità della letteratura, libera e autentica, di resistere al totalitarismo.

Nell'articolo "La libertà del parco" (1945) lo scrittore commenta il caso di alcune persone che vendevano giornali all'ingresso di Hyde Park e che per questo furono arrestate, processate e condannate. Non vi fu una decisa protesta popolare contro questi eventi, ma solo "un piccolo fremito in certi settori della stampa minoritaria". Fatto che Orwell considera un cattivo e inquietante segnale, perché "l'idea che sia rischioso lasciare libertà di espressione a certe idee sta crescendo. Viene accreditata da intellettuali che confondono le acque non facendo distinzione tra opposizione democratica e rivolta aperta, e si rispecchia nell'indifferenza diffusa alla tirannide e all'ingiustizia all'estero". Affermazione, quest'ultima, che non pare affatto scritta oltre ottant'anni fa.

"L'invasione di Marte" (1940) fa riferimento al notissimo sceneggiato radiofonico di Orson Wells, basato su "La guerra dei mondi" di H.G. Wells, sceneggiato che scatenò il panico in oltre un milione di persone, convinte che un'invasione di Marziani si stesse effettivamente realizzando e che la fine del nostro mondo fosse imminente. Un sondaggio realizzato dopo quello strabiliante panico rivelò, scrive Orwell, che "le persone risultate più suggestionabili erano povere, poco istruite e, soprattutto, versavano in condizioni economiche precarie o avevano una vita privata infelice. L'evidente collegamento tra infelicità personale e disponibilità a credere all'incredibile è la sua scoperta più interessante [...]  è precisamente questo stato d'animo ad avere spinto nazioni intere nelle braccia di un Salvatore". Non è difficile, credo, il collegamento di questa osservazione con le attuali numerose fake oggi in circolazione. Un solo esempio viene da quelle sul clima, dai tombini non puliti alle "scie chimiche" agli elefanti di Annibale.

L'ultimo capitolo "Visioni di un futuro totalitario" fu pubblicato originariamente nei "Ricordi della guerra di Spagna", saggio uscito nel 1942. L'autore esordisce constatando che, in guerra, "nessun evento viene mai riportato correttamente sui giornali", ma in Spagna si giunse a diffondere notizie che "non avevano alcuna parentela con i fatti": la versione franchista della guerra "era pura invenzione, e in quelle circostanze non avrebbe potuto essere altrimenti". C'è un esempio emblematico delle "gigantesche piramidi di menzogne erette dalla stampa cattolica e reazionaria ovunque nel mondo: quello della presenza in Spagna di un esercito russo. Questo genere di menzogne, ovunque diffuse, spaventa Orwell perché gli fa temere che "l'idea stessa di verità oggettiva stia scomparendo". E seguita, un paio di pagine dopo: "L'obiettivo implicito di questa linea di pensiero è un mondo da incubo in cui il Capo, o una qualche cricca dominante, controlla non soltanto il futuro, ma anche il passato". Recenti fatti ci fanno temere, così tanti anni dopo, che quell'incubo sia destinato a non scomparire mai. Che fare allora? Orwell constata che contro la manipolazione dei fatti presenti e passati esistono due sole difese: l'una è che, per quanto bistrattata, la verità continua a esistere; l'altra consiste nel fatto che, finché alcune parti del pianeta sono esenti da dittature, sarà possibile "tenere in vita la tradizione liberale". Ma se fascismo e fascismi dovessero ovunque dilagare "entrambe queste condizioni cesseranno di esistere".

La già citata postfazione di Roberta De Monticelli, un vero e proprio saggio breve, approfondisce la visione di Orwell, che "settantacinque anni dopo la sua morte atterra nel nostro presente".

George Orwell, Fascismo e democrazia, RCS 2025


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