lunedì 30 dicembre 2019

La lirica moderna, di Hugo Friedrich


La prima edizione di questo fondamentale saggio sulla poesia moderna vide la luce nel 1958 nella collana ''Saper tutto" di Garzanti Editore. Il libro, come afferma lo stesso autore, ''è il frutto di anni di riflessioni sulla lirica moderna''. Riflessioni il cui inizio risale agli anni Venti del Novecento quando Friedrich era ancora studente liceale. Gli autori presi in esame in dettaglio, con un capitolo dedicato a ciascuno, sono Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé. Seguono la trattazione della lirica europea del XX secolo e una breve antologia dei testi degli autori citati, quelli di Apollinaire, Valéry, Éluard, Saint John Perse, Prévert, Garcia Lorca, Alberti, Diego, Guillén, Eliot, Benn, Krolow Kaschinitz, Ungaretti, Montale.
Nel capitolo conclusivo di quest'opera approfondita e complessa, Friedrich esprime un suggestivo concetto: ''La lirica moderna è come una grande favola, mai ancora sentita, solitaria; nel suo giardino vi sono anche fiori, ma anche pietre e colori chimici frutti, ma anche droghe pericolose. Vivere nelle sue notti e alle sue temperature estreme, è faticoso. Chi è capace di udire, avverte in questa lirica un amore duro, che vuole restare intatto e preferisce perciò parlare alla confusione o magari al vuoto piuttosto che a noi. La realtà smembrata o stracciata dalla violenza della fantasia, giace nella poesia come un campo di macerie. Sopra di essa si levano irrealtà forzate. Ma macerie e irrealtà portano il mistero, ed è per questo che i poeti lirici compongono''.

Dall'antologia trascriviamo due liriche forse poco note ai lettori italiani.

K. KROLOW
POESIA D'AMORE

A mezza voce ti parlo:
mi ascolterai
dietro l'amaro volto d'erbe della luna
che si dissolve?

Sotto la bellezza celeste dell'aria,
quando fa giorno,
il mattino è un pesce rossiccio con pinne tremanti?

Tu sei bella,
fresca e asciutta è la tua pelle.
Il tuo sguardo – dolce e sicuro come quello di un uccello.
Io lo dico al vento che ondeggia.
La tua nuca – mi ascolti – è di aria,
che come una colomba guizza tra le maglie del fogliame azzurro.

Tu sollevi il tuo volto.
Sul muro di mattoni esso appare ancora una volta come ombra.
Bella tu sei. Tu sei bella.
Fresco come l'acqua era il tuo sonno al mio fianco.
A mezza voce ti parlo.
E la notte si spezza come soda, nera e blu.
 
 
F. GARCIA LORCA
QUESTO E' IL PROLOGO
...
Un libro di poesie
è l'autunno morto:
i versi son le foglie
nere su terre bianche.
...
Il poeta comprende
tutto l'incomprensibile
e cose che si odiano,
lui, le chiama amiche


mercoledì 11 dicembre 2019

Tralummescuro, di Francesco Guccini

''Ballata per un paese al tramonto'' è il sottotitolo di questo nuovo libro di Guccini. Tralummescuro significa infatti tra luce e buio, tra l'ultima luce del tramonto e la notte che arriva. La notte è metafora della morte della vecchia cultura contadina dell'Appennino, tra Emilia e Toscana. Guccini torna alle sue radici, alla ricerca di una Pàvana perduta. Persone, abitudini, ritmi e riti di giornate povere ma sapide, speranze e ideali, paure e perfino qualche preconcetto sono morti, insieme alle persone ''andate via'', per lasciare il posto a un omologato vivere quotidiano privo di spirito e di sale. Spirito e sale, in questo libro, l'autore li trova ed esprime anche con il continuo uso del dialetto, quel dialetto speciale del paese della sua infanzia sul quale i linguisti hanno a lungo discusso se fosse ''un toscano influenzato dall'emiliano, o viceversa''. Ora, invece, nota Guccini ''la vecchia cultura contadina di una volta non c’è più, appare rarefatta in sottilissimi e lontanissimi strati, ma è scomparsa e affogata, nessuno parla più il dialetto, molti non l’hanno mai parlato, e non c’è una cultura altra a sostituire quella vecchia. Ha fatto il suo ingresso trionfante quella della televisione, delle trasmissioni più trucide che formano le opinioni e le coscienze, col senso della paura e delle aggressioni, furti, violenze che le stesse televisioni instillano''.
Libro che narra il passato con nostalgia e lo rende vivo e affascinante.



 Francesco Guccini, Tralummescuro, Giunti 2019

martedì 10 dicembre 2019

Dostoevskij, di Leonid P. Grossman

Grossman (1888-1965), docente e critico letterario russo, si occupò a lungo, nella sua attività, di Dostoevskij. In questo corposo volume riunisce e fonde l'uno con l'altro numerosissimi suoi saggi. Ne risulta un'opera che traccia il ritratto dello scrittore, del giornalista, del pensatore, del critico, ma anche dell'uomo. Continua è la connessione tra la biografia di Dostoevskij e la sua opera. Scrive la curatrice Antonella D'Amelia nella nota introduttiva: "L'impostazione organicamente ordinata del materiali biografico cristallizza i singoli momenti della vita dello scrittore, allinea il susseguirsi delle sue concezioni politiche, dilata tutte le minuzie della struttura formativa dei suoi romanzi".
Grossman nella chiusa del libro, di 630 pagine più una bibliografia e un ricco indice dei nomi, osserva che il cammino di Dostoevskij fu complesso e contraddittorio. Se pure nei sui romanzi talvolta espresse posizioni reazionarie, queste furono riscattae dal "geniale impulso dell'artista e dalla sua profonda compassione per la sofferenza umana". Dalle sue opere, prosegue infatti, emerge una profonda solidarietà con le vittime del regime zarista che, tuttavia, nei suoi ultimi anni, difese: gli ergastolani in Siberia, gli studenti, i mendicanti, gli alcoolizzati, gli impiegati alla fame, le fanciulle perdute "tutti i perseguitati e respinti dall'inesorabile corso dello sviluppo dello stato capitalistico" conclude Grossman.  


L. P. Grossman, Dostoevskij, Samonà e Savelli, 1968