venerdì 12 novembre 2010

I terribili segreti di Maxwell Sim, di Jonathan Coe


“Più o meno ogni trenta secondi qualcuno passava davanti alla mia panchina, ma nessuno si degnò di farmi un saluto, o un cenno del capo, o mi lanciò un’occhiata. Anzi, ogni volta che io cercavo di incrociare lo sguardo di un passante, o stavo per dire qualcosa, loro si affrettavano a stornare gli occhi (ma è proprio “stornare” la traduzione italiana appropriata per questo movimento degli occhi? Non sarebbe meglio“distogliere”?), in modo esplicito, e affrettavano il passo. Ci si aspetterebbe che questo valga soprattutto per le donne, e invece no – gli uomini sembravano altrettanto allarmati di fronte alla prospettiva che un estraneo stesse cercando di entrare in contato con loro, anche solo fugacemente. Mi schiarì le idee vedere come anche la piccola scintilla di umanità che stavo cercando di accendere tra noi li gettasse nel panico, li mettesse in fuga” (p. 85). Così Maxwell Sim (“sim come la scheda telefonica” dice quando si presenta) descrive il suo ritorno da Sidney, vivace e colorata, alla cittadina di Watford, nello Hertfordshire britannico, grigia e triste. Maxwell da sei mesi, cioè da quando moglie e figlia lo hanno lasciato, non lavora più; è alla ricerca di una nuova identità, di nuovi rapporti, di nuovi impegni, ma lentamente, con cautela. Il lungo, sconsolato isolamento lo ha provato. Il viaggio a Sidney, alla ricerca di un dialogo con il padre che aveva sempre considerato estraneo, se fallisce su questo piano, gli dona però l’incontro con due figure femminili che, pur non protagoniste, avranno un ruolo fondamentale nello svolgimento delle sue romanzesche vicende: una misteriosa cinese e una fanciulla inglese, come lui. Il ritorno in patria ha in serbo per Max un nuovo lavoro - quello di rappresentante di spazzolini da denti di nuovo tipo, ecologici e indistruttibili - ed un lungo viaggio in auto, verso l’estremo lembo dell’isola. Il viaggio reale procede per Max parallelo ad un altro viaggio nei ricordi, favoriti dal passaggio attraverso i luoghi della sua infanzia, dall’incontro con persone del passato suo o dei suoi familiari. Durante il percorso Maxwell apprende molte cose su di sé e sui suoi cari, a partire dai genitori, e, al termine, in modo inaspettato, giunge a conoscere davvero la propria verità. Una verità sempre negata e rimossa, un sé molto difficile da affrontare, da accettare, ma che, dopo una piena presa di coscienza, potrà finalmente conoscere la felicità. Però il libroha in serbo, dopo questo finale un altro finale, sorprendente. Lo ha spiegato lo stesso autore durante un  incontro con il pubblico al Festival Tuttestorie di Cagliari: Jonathan Coe ha affermato, infatti, di essere stato molto affascinato da Italo Calvino e, in particolare, da "Se una notte d’inverno un viaggiatore", romanzo che ne racchiude altri, infiniti, come un magico scrigno.

 
Jonathan Coe, I terribili segreti di Maxwell Sim, Feltrinelli 2010.

lunedì 1 novembre 2010

Assunta e Alessandro. Storie di formiche, di Alberto Asor Rosa


Il libro inizia con La polvere degli umili, brano tratto da L'ultimo paradosso(Einaudi, 1985). Vi si legge, tra l'altro: "Vorrei sapere invece di loro perché sono stati, visto che, apparentemente, è come non fossero stati. Vorrei sapere se, veramente, ognuno di loro potrebbe considerarsi intercambiabile con altre unità del tutto equivalenti, visto che nessuno di loro ha avuto un carattere tale da salvarlo dall'oblio. Vorrei sapere se la loro indifferenza alla storia - e l'indifferenza della storia nei loro confronti - sono una conseguenza o una causa della loro umiltà, del loro stare al margine delle grandi correnti".
Assunta e Alessandro sono i genitori di Alberto Asor Rosa, che qui ne racconta le vicende, separate prima - con un brevissimo excursus nelle vicende delle rispettive famiglie, un poco più indietro rispetto alle nascite dei protagonisti -; unite, poi, dal matrimonio e dal figlio. L'intento dell'autore è chiaro ed esplicito: raccontare e riascoltare coloro che "ogni giorno rivediamo". Il lettore trova nel libro anche momenti della storia italiana ufficiale, quella a tutti comune, però principalmente riguardo a quella sua dimensione che s'insinua, fa capolino dentro le vicende più intime di individui e famiglie, a scompigliarne le sorti, o ad arricchirle, oppure distrattamente ignorata. Ma soprattutto il lettore di oggi - e spero che ci sia anche qualche giovane lettore fra costoro - potrà ritrovare il senso profondo della dignità dell'esistere, del bene comune, del decoro di vita e di pensiero, della ragionevole speranza nell'avvenire che contraddistinse a lungo il ceto impiegatizio e la piccola borghesia del nostro Paese, e che ora pare essersi perduto. E che poteva dar luogo - anche se per poco - a momenti profondamente felici: "In quel piccolo grappolo d'anni nella Storia ci sono solo loro, Assunta, Alessandro e il piccolo. Assunta, rassettando e rigovernando di stanza in stanza per casa, canta a gola spiegata romanze d'opera [...] Sandro rientra ogni giorno in casa di corsa, come un giovane uomo baldo e ridente, con un fascio sempre nuovo di "giornaletti" sotto il braccio [...] Sono anni solari, accarezzati da un lieve venticello primaverile, sospesi in una specie di limbo dell'anima, in cui si sta benissimo, prima di essere, ahimè, giudicati e mandati. E', insomma, un caso esemplare di diffrazione epocale: il mondo, che lo si sappia o no, corre, proprio allora, verso il peggio, ma loro tre, proprio allora, sono felici".
Asor Rosa aveva già raccontato ne L'alba di un mondo nuovo (2002) la sua storia di fanciullo a Roma, durante gli anni dal 1933 al 1945; un modo per arricchire la memoria con la sostanza delle cose, dei fatti, delle persone: amati e vissuti con lo stupore e l'ingenuità di un bambino che è al centro della narrazione perché è stato appunto al centro della vita di una famiglia e dei suoi luoghi (l'appartamento, il "casermone", il paese della vacanze...). Il libro si concludeva proprio con l'"alba del mondo nuovo" radiosamente presente nel racconto della festa del primo maggio 1945 al Deposito locomotive di Roma Prenestino - il padre dell'autore era ferroviere -, col canto de L'internazionale e poi con il ballo al suono di melodie popolari: un futuro che si apriva con fondali di luce, con capitali di speranza. La storia di Assunta e di Alessandro si chiude, invece, al presente. Il presente di chi, "fermando" nella scrittura un mondo, o meglio un uomo e una donna, afferma una sua piccola, ma fondamentale verità: "ogni giorno li rivediamo".
Un libro da leggere, davvero, questo. E, a chi non l'avesse ancora letto, consigliamo anche il precedente.
Alberto Asor Rosa, L'alba di un mondo nuovo, Einaudi 2002
Alberto Asor Rosa, Assunta e Alessandro, Einaudi 2010.