venerdì 30 aprile 2021

Le campane che Gianni Rodari non suonò

Da qualche tempo si trova in rete una poesia intitolata "Campane di Pasqua" che molti siti attribuiscono a Gianni Rodari. Leggiamola:

Campane di Pasqua festose

che a gloria quest’oggi cantate,

oh voci vicine e lontane

che Cristo risorto annunciate,

ci dite con voci serene:

Fratelli, vogliatevi bene!

Tendete la mano al fratello,

aprite la braccia al perdono;

nel giorno del Cristo risorto

ognuno risorga più buono!

E sopra la terra fiorita,

cantate, oh campane sonore,

ch’è bella, ch’è buona la vita,

se schiude la porta all’amore".

A chi abbia letto anche un solo libro delle filastrocche di Rodari l'attribuzione appare subito stonata, per diversi motivi. Lo stile, certo, ma soprattutto una certa aura confessionale, quasi di ammaestramento tra catechismo e dogma (Cristo risorto, aprite le braccia al perdono), che da essa traspare e anche per il vocabolario, qua e là aulico, un po' di maniera. Elementi che paiono del tutto estranei al Rodari che conosciamo, i cui toni, a proposito di ingiustizia e riscatto, di uguaglianza e speranza sono sempre molto concreti, storici e umani, come, per fare un solo esempio, ne "Il pellirossa nel presepe" o in "Don Chisciotte". Quale può essere allora il significato dell'attribuzione di queste campane a Rodari? Lo immagina Pino Boero, in un suo post, apparso su facebook il 20 aprile 2019: - il nome di Gianni Rodari "tira" e quindi "tirarlo" per la giacchetta da tutte le parti anche attribuendogli vecchie poesie può diventare garanzia di modernità -. A chi va restituita la paternità o la maternità di questi versi, dunque? Alcuni siti, in genere di maestre che con Rodari hanno più dimestichezza di quanta ne abbiano i comuni mortali, li firmano così: anonimo, Nerina Ghirotti, Dina Mc Arthur Rebucci. 

Se dell'anonimo non so dir nulla, grazie alla preziosa collaborazione dei bibliotecari delle biblioteche "Sormani" di Milano, "Bertoliana" di Vicenza, Civica di Bassano del Grappa e dell'Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Modena, ho appreso alcuni elementi utili sia sulla Ghirotti che sulla Rebucci. Nerina Ghirotti, poetessa vicentina, ha pubblicato un solo libro di poesie, "Stagioni" (1985), ma tutte le sue liriche sono in dialetto. La produzione letteraria di Dina Mc Arthur Rebucci, invece, è ampia (quarantuno sue opere, edite tra il 1941-1994, sono presenti nell'OPAC SBN). La Rebucci ha scritto racconti e poesie sia per adulti che per bambini e ha tradotto in italiano Rousseau, Emily Dickinson, Florence Montgomery, Charles Dickens. Anche tra le sue raccolte poetiche una si intitola "Stagioni" e mi pareva promettente, dal punto di vista delle nostre campane non rodariane. Ma non è stato così.

Qui finiscono i dati che sono sinora riuscita a raccogliere da lontano. La ricerca tuttavia non è terminata, anche se pare di dover escludere, allo stato delle cose, che l'autrice della nostra poesia sia Nerina Ghirotti. Quanto a Dina Mc Arthur Rebucci, la pista che rinviava alla sua opera sembrava promettente. Anche se nessuna delle sue raccolte attualmente presenti nell'OPAC SBN contiene le nostre campane, dato che la Rebucci collaborò a lungo con l'Editrice La Scuola potrebbe questo suo semplice testo potrebbe essere stato scritto appositamente per un libro scolastico, un "libro di lettura" per le scuole elementari. A questo punto, se la ricerca non termina, si fa però più lunga e difficile. 

P.S. Il sito "Campanari bergamaschi" riporta i primi quattro versi di "Campane di Pasqua" attribuendoli a C. Gasparini, che ha scritto diverse poesie sulle ricorrenze dell'anno, presenti in diversi siti e tra le quali ne figura una sulle campane di Pasqua. Ma neppure questa è quella che andiamo cercando.

sabato 17 aprile 2021

Voci femminili della poesia del Novecento, di Pietro Civitareale

Nella collana Biblioteca di Capoverso, "rivista di scritture poetiche"esce ora la seconda edizione del saggio critico-antologico dedicato alle "voci femminili" nella poesia italiana del Novecento e oltre. A cura di Pietro Civitareale, poeta, narratore, traduttore e critico di riconosciuto acume, il saggio si propone di "dedicare alla poesia femminile un discorso critico autonomo, un'attenzione specifica". Operazione delicata, tanto che l'autore avverte nella premessa che il suo lavoro intende restituire alla poesia femminile la posizione che merita come poesia tout court, tenuto conto anche del fatto che, in passato, più di un lettore professionale di poesia e più di un antologista sembra non essersi dimostrato imparziale "e di giuste vedute nei confronti della poesia femminile, come se essa fosse una forma d'arte di secondaria importanza" nota ancora Civitareale. Il saggio procede in ordine cronologico a partire dai primi trent'anni del Novecento, periodo in cui operano ancora poetesse nate  nel secolo precedente, come Ada Negri e Sibilla Aleramo, fino a giungere alle protagoniste della scrittura poetica nate negli anni Cinquanta e oltre. Per ogni decennio preso in considerazione una breve introduzione relativa alle caratteristiche di quel periodo storico letterario nel suo complesso, lascia poi spazio alla trattazione dell'opera di ogni singola poetessa, a proposito della quale si riportano titoli e date delle raccolte pubblicate e una essenziale, ma acuta e motivata, scheda critica che delinea caratteristiche, motivazioni, stile, "colori" del suo fare poesia. Accanto al nome una piccola fotografia ne completa il ritratto. Al termine un utilissimo indice dei nomi aiuta la ricerca, sia del curioso che dello studioso, così come la bibliografia essenziale. 

Pietro Civitareale, Voci femminili della POESIA del Novecento, Edizioni Alimena-Orizzonti Meridionali 2021 (seconda edizione).
 


venerdì 16 aprile 2021

La bambina e il nazista, di Franco Forte e Scilla Bonfiglioli

Nella tranquilla cittadina di Osnabrüc in Germania corre l'anno 1943 e Hans Heigel, ufficiale di complemento delle SS, destinato ad attività d'ufficio, non comprendendo la ferocia delle truppe hitleriane, si ritiene fortunato ad essere lontano dal fronte e dai lager e di potersi vivere giorni tranquilli con la sua famigliola composta dalla moglie Ingrid e dalla figlioletta Hanne. Ma le difficoltà della Germania in guerra aumentano e tutti gli uomini, anche quelli considerati meno brillanti come Hans, vengono chiamati al servizio attivo: il campo di sterminio di Sobibór sarà la nuova sede del nostro ufficiale. Il dolore della separazione dalla moglie si somma alla recente perdita della figlioletta, alla quale il Reich ha negato un medicinale che avrebbe potuto salvarla: tutte le risorse, gli è stato risposto, vanno riservate a chi sta combattendo, le altre vite non contano. Nel lager Hans assiste all'arrivo di tanti e tanti prigionieri, alcuni destinati a non vivere più di un giorno o di una notte. Tra loro c'è Leah, una bambina ebrea identica ad Hanne. In quell'inferno disumano ora il nostro uomo ha una missione: salvare dalla morte quella bimba, come avrebbe voluto fare con la sua figlioletta. Esponendo al pericolo la sua stessa vita, Hans trova scuse di ogni tipo, si inventa lavoretti da affidare alla piccola, falsifica documenti pur di proteggerla, le trova un angolo sicuro nel campo, tutto nell'intento di sottrarla alla camera a gas. La vicenda narrata nel libro viene riferita da diversi recensori sul web come emblematica, ma totalmente di pura invenzione. In realtà Franco Forte, facendo una ricerca tra le carte del processo di Norimberga, si è imbattuto in un documento di poche righe in cui si parla della testimonianza di una bambina ebrea a favore di un soldato nazista, che l'aveva protetta e salvata in ben due campi di sterminio. Il fatto, rielaborato e accresciuto dagli autori in forma di romanzo, ha dunque radice in un evento storicamente accertato, come avverte a pag. 303 un post scriptum.

mercoledì 14 aprile 2021

L'air est les yeux, di Bernard Noël

L'air est les yeux ( à Jean-Pierre Sintive)

On pose quatre mots
un piège

le monde tourne le dos

silence
silence et rumeur

la nuit en plein jour
les yeux partis loin

la tête à l'envers

et plus bas que tout
le ciel sous les pieds

tout à coup trop
de voix dans la main

la main aérée

et moi l'embrumé
me voilà hors je

alors couché là
le blanc de soi-même

et là-haut debout

et soi de soi
l'aube

puis tout projeté
pour combler l'espace

tout vers l'un tout vers l'autre

et l'empreinte d'air
tombant sur la page


L'aria è gli occhi (a Jean Pierre Sintive)

Posiamo quattro parole

una trappola

il mondo ci dà le spalle

silenzio

silenzio e rumore

la notte in pieno giorno

gli occhi andati lontano

la testa al contrario

e più in basso di ogni cosa

il cielo sotto i piedi

all'improvviso troppa

voce in mano

la mano aerea

e io frastornato

eccomi escluso io

allora disteso là

il bianco di sé

e là in alto in piedi

e il sé del sé

l'alba

poi tutto progettato

poi riempire lo spazio

tutto verso uno tutto verso l'altro

e l'impronta d'aria

che cade sulla pagina

(traduzione di Eleonora Bellini)


Bernard Noël (19 novembre 1930 - 13 aprile 2021) è stato poeta, saggista, romanziere, drammaturgo, traduttore e critico d'arte. Tutta la sua opera si volge all'indagine di ciò che lega pensiero e creazione artistica e letteraria, parola e ricerca di senso. Noël elabora il concetto di "sensure", cioè di privazione di senso, parola omologa di "censure", cioè privazione della parola. In L’Outrage aux mots (L'oltraggio alle parole, 1992) egli nota che "le pouvoir bourgeois fonde son libéralisme sur l’absence de censure, mais il a constamment recours à l’abus de langage [...] L’abus de langage est lui à l’origine de la sensure, puisqu’il violente [la langue] en la dénaturant". Questa operazione di eccesso, di accumulazione esorbitante di parole, che toglie loro profondità e significato, è la "sensure": là dove la censura toglieva e cancellava ora la sensura esibisce e sovraespone. Il risultato sulle coscienze è il medesimo. 

Di Noël è recentemente uscito in Italia Il poema dei morti nella traduzione di Fabio Scotto, con testo a fronte (Book Editore 2020). Scrive Scotto nella prefazione: "proporre oggi al pubblico italiano una raccolta come Il poema dei morti [...] significa ricondursi alle ragioni profonde e originarie della poesia di questo autore, oggi ritenuto uno dei maggiori del nostro tempo, non solo per l'ampiezza e la qualità della sua opera, ma anche per la fedeltà mai venuta meno a un coerente percorso di ricerca..." Confidiamo che presto altri libri di Noël possano essere messi a disposizione dei lettori italiani. 

lunedì 5 aprile 2021

Amrita, di Banana Yoshimoto

Sakumi ha poco più di vent'anni ed è soddisfatta della sua famiglia, strana ma serena. Nella stessa casa vivono lei, la mamma, una giovane cugina studentessa universitaria, la migliore amica della mamma e, unico maschio, il fratellino Yoshio: "E' una strana combinazione, ma ci siamo adattate bene a questa specie di gineceo, e tutto sommato il nostro ménage mi piace. E poi la presenza di un bambino piccolo, come un cucciolo in giro per casa, ci raddolcisce e ci tiene più unite". Così riflette la ragazza, convinta che, anche se non ci sono legami di sangue, gli individui che vivono sotto lo stesso tetto finiscono per diventare una vera famiglia perfino più affiatata di alcune tra le famiglie fondate sui legami di sangue. La forte e rassicurante personalità della mamma funge da fattore di equilibrio per tutti e aiuta Sakumi a superare il trauma per la tragica morte della sorella Mayu, attrice bellissima che il successo non ha reso felice. A sua volta Sakumi diviene amica, confidente e sostegno per il fratellino Yoshio, bimbo di elevata sensibilità, forse dotato di poteri paranormali che si sente emarginato dai compagni e per questo rifiuta la scuola. Dopo una caduta dalle scale apparentemente banale, ma che le fa a lungo mancare la memoria, la ragazza impara a considerare il mondo attorno a lei con sguardo nuovo, a conoscere, riconoscere e accettare emozioni sconosciute o negate, prima fra tutte l'amore per Ryūichirō, scrittore, viaggiatore ed ex compagno della sorella. Una lunga vacanza a Saipan, la maggiore delle Isole Marianne Settentrionali, insieme a Ryūichirō e la conoscenza con Saseko e Kozumi, una coppia di amici che ha scelto di lasciare il Giappone per vivere nell'isola, contribuisce alla nascita in Sakumi di una consapevolezza nuova, fatta di apertura verso gli altri, di fiducia in se stessa e nel futuro, senza tuttavia farsi troppe domande sulla vita che, solo apparentemente uguale e monotona, continua a scorrere giorno dopo giorno, regalandole una convinzione tenera e inedita: "che l'uomo abbia dentro di sé qualche cosa di piccolo, fragile, tremante, che ogni tanto ha bisogno di un po' di cura, di un po' di lacrime".


Banana Yosimoto, Amrita, Feltrinelli UE 1999.