giovedì 26 marzo 2015

Due poesie italiane di David Wright tradotte da Ariodante Marianni per "L'Europa letteraria"

A UN CAFFE’

Seduto ad un caffè
sotto i giardini di Lucullo
vedevo il cadavere del getto
e il volubile giuoco
della benefica acqua
sussistere non meno della pietra
o della scultura marmorea
come forma perpetua

e tuttavia come oggi
transitoria. Filobus con antenne
appese in alto ai fili
e balbettanti lambrette
ruotavano attorno all’obelisco
geroglifico della piazza;
estatico sotto un colonnato
un turista consultava una guida;

fondata sopra l’autentica
rosa dell’eterno
l’effimera città sorrideva.
Oltre il confine
adunavano l’Apocalisse.
Il giardino settecentesco
sul Palatino
studiatamente disordinato
 
copriva d’elegante mestizia
cipressi, colonne di pini,
i palazzi Cesarei
e le grandiose rovine.
Calmo sul Campidoglio
Aurelio stendeva un braccio
su uno stallone imbrigliato
sopra i tetti di Roma

benedicendo l’idea romana.
Oltre il confine
preparavano l’Apocalisse.
Io osservavo il giuoco del getto
e la fuggente acqua
sopravvivere non meno della pietra;
effimera successione
includere forma eterna.

(Roma, settembre 1961)

 
Roma, Via San Teodoro di fronte al Palatino, residenza di Ariodante Marianni negli anni '60

MARZO A FIESOLE

Tornando a un panorama familiare
(quegli Appennini striati di neve)
ripenso a ciò che solevo guardare
da Fiesole dodici anni fa.
Il paesaggio è mutato, come lo sono io;
era la stessa, là in basso, la città?

Non essendo contemporaneo
di queste ville, o di quel viale
dove balena impetuoso il traffico
sono sopravvissuto a un decennio
che, in realtà, non abito
ma visito come un solido fantasma.
 
Sulla terrazza il sole di marzo
e bianco ghiaccio trema nella fontana.
Poggia una mano calda sulle bandiere,
tutto è calmo; ma io sento ciò che infuria,
l’intelletto in guerra contro la natura,
per mettere ordine nel suo disordine.

Una Firenze-fenice si liscia le penne
del petto: perché quella cupola morta
e quella torre che svetta
irreali splendori contrassegnano
e nelle folli statue della piazza
è la retorica dello spirito umano:
l’illusione di ciò che perisce.
 
A quella retorica io contrappongo questa,
rendendomi conto, una calma mattina
di primavera, che né l’una né l’altra
sono del tutto serie; né quella gaia mente,
guida il cui splendido spirito
giace sepolto tra i Medici.

Quando, ieri, ho veduto la sua tomba
ho cominciato a capire il sorriso
dietro la pietra dolente
che una mano barocca ha scolpito:
la distaccata ironica boria
dell’arte e della creazione

che, liberando dal nulla
l’autoritario “io sono”,
strappa dal buio la sua idea per porla
all’effimera luce del giorno.
Tali forme distinguono lo spirito opulento.
E le idi di marzo cadono qui dolcemente.

(1962)

Traduzione di Ariodante Marianni

Nota del traduttore: “Nato nel 1920 a Johannesburg, educato a Oxford, Wright vive a Londra. Direttore della rivista di letteratura e arte X; autore di due raccolte di versi: Moral stories e Monologue of a Daef Man”.

Da “L’Europa Letteraria” n. 19, febbraio 1963, pp. 77-79.


Nota su “L’Europa Letteraria”
Rivista bimestrale, “L’Europa Letteraria” fu pubblicata a Roma tra il 1960 e il 1965. Primi direttori furono i suoi fondatori, Giancarlo Vigorelli e Domenico Javarone; a metà dell’anno 1963 si affiancò loro Davide Lajolo. Progetto del periodico era quello di superare la separatezza fra le due Europe, corrispondenti, in quegli anni di guerra fredda, ai due blocchi occidentale ed orientale. Accanto ad autori italiani (tra gli altri Barilli, Ungaretti, Levi, Luzi, Pratolini, Bertolucci, Sinisgalli) vennero dunque pubblicati poeti e scrittori stranieri (Hesse, Zelinskij, Frisch, Evtušcenko, Mendes e altri), coerentemente con il progetto editoriale e secondo la convinzione, espressa da Vigorelli, che gli intellettuali “proprio perché strutturalmente sono fatti per l'unità, non hanno mai paura delle divisioni e dei dissensi, né si perdono tra ideologie opposte”. Nel 1965 si inaugurò la nuova serie e la testata divenne "L'Europa letteraria, artistica e cinematografica", ma, proprio in quello stesso anno, cessarono le pubblicazioni. Traduzioni poetiche di Ariodante Marianni sono presenti, oltre che nel fascicolo n. 19, nel n. 20/21; i poeti tradotti in quest’ultimo sono John Lehmann e Malcom Lowry.
(Eleonora Bellini)
 

martedì 17 marzo 2015

Senza sapere. Il costo dell'ignoranza in Italia, di Giovanni Solimine

"I dati ci descrivono un'Italia priva di conoscenze e competenze, un paese senza sapere. Siamo talmente ignoranti da non comprendere perfino quanto sia grave e pericoloso il nostro livello di ignoranza, e da non correre ai ripari. [...] Socrate era grande perché sapeva di non sapere. Noi siamo a uno stadio precedente [...] perché non ci siamo accorti neppure di quanto grave e profonda sia la nostra ignoranza".
Così esordisce Giovanni Solimine nel suo recente saggio - di amena lettura, non fosse il carattere tragico del tema - dedicato al "costo dell'ignoranza in Italia". Un'ignoranza, sostiene, che ha origini lontane, se è vero che il primo censimento della popolazione aveva determinato nel 74% il tasso di analfabetismo nazionale, con punte di quasi il 90% nelle due isole maggiori. I dati attuali, se paragonati a quelli di altri Paesi europei, aggiunge ancora, non sono confortanti, né per quanto riguarda le competenze degli adulti, né per quanto riguarda il livello di preparazione degli studenti. Nota, tra l'altro, Solimine che nell'abbandono scolastico è determinante l'appartenenza di classe dei ragazzi ("è dunque tornata la scuola di classe!" aggiungo io "nonostante gli sforzi fatti nel dopoguerra dai migliori insegnanti in tutto il Paese per realizzare l'uguaglianza sancita nella nuova - allora - Costituzione dello Stato") e non è superato l'annoso divario nord-sud. Ma oltre e dopo la scuola è la partecipazione alla vita culturale a fare acqua: solo l'8% dei nostri concittadini dichiara di avere un interesse culturale "alto o molto alto". Consola, invece, il fatto che, nonostante il periodo di crisi, i dati generali sulla lettura di libri non arretrano (però i lettori in Italia sono costantemente e tradizionalmente pochi ...), mentre però crollano i dati relativi alla lettura nella fascia 15 - 17 anni, anche e soprattutto in ragazzi scolarizzati. Che significato ha questo gravissimo fatto?
Alla costanza dei dati di lettura contribuiscono "i prestiti erogati dalle biblioteche e lo scambio di libri tra amici e parenti: il 30% dei libri letti proviene da un circuito non commerciale". E questo, un poco, ci consola.
L'autore tuttavia non cede alla desolazione che i dati statistici possono indurre, ma propone una soluzione attraverso la creazione e lo sviluppo, certo non facile, di un "sistema integrato" di operatori nella diffusione della conoscenza (scuole e università, editoria, cinematografia, televisione) che possano cooperare - in comunità di intenti, se non di interessi economici, aggiungo io -  per sconfiggere la palude dell'ignoranza, grande malattia della nazione.
 
Giovanni Solimine, Senza sapere. Il costo dell'ignoranza in Italia, Laterza 2014
 
 

mercoledì 11 marzo 2015

Numero zero, di Umberto Eco

Domani è il titolo di un giornale che, prima o poi, forse uscirà. Lo finanzia il commendator Vimercati, personaggio fuori scena, il cui intento è quello di "entrare nel salotto buono della finanza, delle banche e magari dei grandi giornali". La redazione è composta da persone, dotate di qualche piccola esperienza giornalistica, che interpretano questa occasione come la possibilità di intraprendere una sicura carriera. Spiccano tra tutti Colonna, cinquantenne di una certa cultura e bravo traduttore dal tedesco, barcamenatosi sino ad allora tra "mestieri culturali" diversi, intrapresi solo per sbarcare il lunario, e Maria Fresa, giovane e coltissima laureanda. Tra i due inizia un'intesa che potrebbe presto trasformarsi in amore.
Domani è il "quotidiano del giorno dopo", il suo obiettivo sarà non tanto quello di dare le notizie, ma quello, a seconda dei casi, di "interpretarle" o addirittura di "distrarre" il lettore da esse: una grave notizia di corruzione politica, o di inquinamento ambientale, verrà messa in ombra da pagine e titoloni su un comune fatto di cronaca nera; la gravità di un'indagine della magistratura verrà incrinata dal dileggio sull'abbigliamento o le abitudini alimentari del magistrato che l'ha avviata. Si tratta, insomma, di quella "macchina del fango" alla quale certo giornalismo servo e servile ci hanno - nostro malgrado o nostra colpa? - da tempo abituato. Ma la vicenda narrata in questo romanzo si svolge nel 1992 e con l'occhio e la mente di quegli anni i protagonisti commentano tutte le violenze, le corruzioni e gli scandali che contraddistinsero la storia italiana fin dal 1945. Ci sono Gladio e la P2, il tentativo del colpo di stato di Junio Valerio Borghese e  la strage di piazza Fontana. E c'è la surreale storia di un presunto sosia di Mussolini, scovato da un redattore-detective allucinato, ma forse anche acuto. Complotti reali e complotti immaginati si susseguono, mentre l'orizzonte del cittadino si offusca.
 
 
La conclusione è amara e semplice: "Niente può turbarci, in questo Paese. [...] gli Stati Uniti, i servizi segreti di mezza Europa, il nostro governo, i giornali ci hanno mentito, [ma ...] l'unico problema per il buon cittadino è non pagare le tasse". E ancora: "ci stiamo abituando a perdere il senso della vergogna: [...] corruzione autorizzata, il mafioso ufficialmente in parlamento, l'evasore al governo, e in galera solo i ladri di pollame albanesi. Le persone perbene continueranno a votare i furfanti".
Un romanzo storico, chiaro e diretto, che, diversamente da altri dell'autore, si legge in fretta mentre ci riporta alla memoria fatti dimenticati, quasi sepolti. Se Umberto Eco in questo suo libro è stato così "semplice e diretto" significa, a mio parere, che il momento è grave. E arriva un messaggio in bottiglia, da raccogliere e da comprendere.
 
Umberto Eco, Numero zero, Bompiani 2015
© Eleonora Bellini

mercoledì 4 marzo 2015

Fermenti, rivista da collezione


Diretta da Velio Carratoni, Fermenti, rivista romana pubblicata dall'omonima casa editrice, ha concluso l'anno 2014 con il numero 242, un volume ricco di contributi diversi, com'è consuetudine ormai fin dal numero 221, che fu dedicato alla poesia italiana. In questo ultimo fascicolo (ma già è in preparazione il prossimo, n. 243) possiamo leggere contributi di Flavio Ermini e Giovanni Baldaccini nell'Anteprima. Seguono articoli sulla critica letteraria oggi in Italia (N. Borsellino, F. Muzzioli, F. Medaglia, D. Di Stasi, A. Contiliano). Poi il Bloc Notes, arguto, ironico, ben saldo di esempi e citazioni, di Gualberto Alvino. Di seguito vengono contributi di saggistica (G. Panella, V. Mucci, E. Bellini, C. De Stasio, G. De Santi, responsabile anche della successiva rubrica Parlar franco). Dopo l'intervento di Pia Argentieri leggiamo coinvolgenti racconti ( P. Sanavio, E. Villani, G. Forti, V. Carratoni) e la consueta sezione dedicata alla poesia, versi e critica (W. Pedullà, M. De Lorenzo, D. Di Stasi, B. Conte, I. Scotti, L. Riommi). Quindi le "riproposte", dedicate ad Aldo De Jaco e ad Anna Borra. Poi la rubrica di arte, con articoli di D. Cara (su Grosz), G. Colletti, B. Giacopello, e un inserto illustrato dedicato a Michelangelo Conte. Seguono ancora le rubriche di teatro (M. Palladini), Cinema (L. Gresleri), Musica (M. Pieri, G. Fontana, M. Pieri). Dopo la rubrica dedicata alle (numerose)recensioni, a cura di G. Forti e V. Carratoni, leggiamo con estremo interesse il consueto Inserto Fondazione Piazzolla che offre contributi di Maria Lenti, Canio Mancuso, Domenico Cara e Donato De Santi, nonché una esaustiva rassegna sull'attività della fondazione stessa. Le note biografiche degli autori chiudono il volume. Per altre notizie Fermenti Editrice - Riviste.