lunedì 28 maggio 2018

Italia coloniale: non eravamo poi così buoni

Nelle scorse settimane ho letto, grazie a un felice suggerimento del caso, due libri nei quali, pur in modi molto diversi, si parla dell'avventura coloniale italiana. Il primo è un romanzo, Lo sguardo del leone, di Maaza Mengiste, ambientato ad Addis Abeba tra il 1974 e il 1975. Una grave carestia flagella l'Etiopia e la popolazione, ma soprattutto l'esercito, si ribellano all'imperatore e ai suoi ministri, ritenuti responsabili della fame dei più poveri nel Nord del Paese. Hailè Selassiè, il monarca che discende da Salomone, il Leone di Giuda, l'eroe che combatté le truppe di Mussolini, viene imprigionato e ucciso. Protagonisti del romanzo, dai toni drammatici e profondi, sono Hailu, medico dell'ospedale cittadino e la sua famiglia. Distrutto dal dolore per la malattia della moglie, l'uomo vive con figli, Dawit e Yonas, studente il primo, professore sposato con Sara e padre di una bimba il secondo. Dopo la presa del potere da parte del Derg del crudele Mengistu, la vita della famiglia si ammanta di paura, la sera è annientata dal coprifuoco e costante è la paura della morte. Ogni giorno, infatti, gli oppositori, ma anche la gente comune, vengono imprigionati o uccisi. Anche il nostro Hailu conoscerà l'esperienza del carcere. Questi tragici fatti riaccendono in alcuni, più anziani, e particolarmente nelle donne, l'incubo vissuto al momento dell'occupazione italiana, il terrore della violenza e dell'iprite. Pur secondario all'interno della vicenda romanzesca, tuttavia il riferimento alla dominazione italiana ci conduce a riflettere sui crimini compiuti dai nostri avi, sfatando, come già fece lo storico Angelo Del Boca, lo stereotipo degli "italiani brava gente". 
 
Il secondo libro, del quale ho già brevemente detto su Mangialibri è Invasioni. 
L'autore, Enzo Antonio Cicchino, ricostruisce tutta l'avventura coloniale italiana con lo sguardo di chi oggi, assistendo alle migrazioni dall'Africa verso l'Europa e agli sbarchi sulle spiagge italiane, non può non ripensare a un nostro passato certamente non glorioso. "Stop alle belle abissine, qui si torna a discutere di razza. E la razza nostra, la razza bianca, la razza italica è una razza superiore" così Mussolini ammoniva Badoglio e Graziani in un telegramma (pag. 237). Aberranti concetti la cui eco però anche oggi non è muta. 

Maaza Mengiste, Lo sguardo del leone, Neri Pozza 2010 (trad. di Massimo Ortelio)
Enzo Antonio Cicchino, Invasioni, MnM edizioni 2017

martedì 22 maggio 2018

Ciao, ciao, maestra!

E' tempo di saluti, anche per i più piccini. Alcuni lasciano il nido, altri la scuola dell'infanzia: il loro cammino continua in nuovi luoghi, per nuovi sentieri.
Alle bimbe e ai bimbi, alle maestre e ai (pochi) maestri, ai genitori, sono dedicate queste due filastrocche. 

Ultimo giorno di asilo nido

C'era una volta un bebé
che strillava ué ué,
ero io senza parole,
gatton gattoni e capriole.

Gatton gattoni, poi ho imparato
e sue due piedi mi sono alzato,
mi sono alzato a camminare,
non ero più da solo a giocare.

Il cucchiaino stretto in mano
ho mangiato piano piano,
piano piano ho preso a parlare,
ho imparato perfino a cantare.

Ho imparato così bene
che ora fermo nessuno mi tiene,
care tate, devo andare,
però mai vi potrò scordare.

©Eleonora Bellini


Ultimo giorno di scuola materna

Cara maestra ti prendo per mano,
fuori di classe ti accompagno,
fuori di classe come fiori nel prato
vedo le cose che mi hai insegnato:

fogli di carta da colorare,
storie di voci da ascoltare,
suoni di canti da cantare,
libri di pagine da sfogliare.

Cara maestra io devo andare,
mi aspetta la scuola elementare.
Mi piacerebbe portarti con me
(sono sicuro: piacerebbe anche a te),

io vado da solo perché sono cresciuto
ma qui ti lascio un augurio e un saluto:
che il prossimo anno i nuovi piccini
facciano sempre i bravi bambini.

©Eleonora Bellini