lunedì 26 ottobre 2020

Casa Rosselli, di Giuseppe Fiori

Il 9 giugno del 1937, alle 19.30, su una strada di Normandia i fratelli Carlo e Nello Rosselli, lucidi intellettuali e generosi militanti antifascisti, vennero barbaramente trucidati da militanti della Cagoule, organizzazione francese di estrema destra. 

Nello e Carlo nel 1934 a Juan les Pins con Silvia,
prima nata di Nello, e John primogenito di Carlo
Jean Filliol spara, Fernand Ladislav Jakubiez sgozza e pugnala. "Un'orrende mattanza, il sangue zampilla impiastricciando anche gli assalitori. A terra, spenti e sfigurati, Carlo a trentotto anni e Nello a trentasette, tredici anni esatti dopo l'assassinio di Matteotti e sei settimane dopo la morte di Antonio Gramsci per "lento assassinio" scrive Fiori nel penultimo capitolo di questo saggio molto documentato e appassionante quanto e più di un romanzo. Mandanti dell'omicidio, spacciato in Italia dalla menzognera stampa di regime come regolamento di conti tra antifascisti di opposte convinzioni politiche, furono direttamente gli apparati del regime: il tenente colonnello dei Carabinieri e capo della sezione controspionaggio, Santo Emanuele; il generale Mario Roatta (futuro Capo di stato maggiore dell’esercito e criminale di guerra in Jugoslavia, rifugiatosi dopo la Liberazione nella Spagna franchista); il colonnello Paolo Angioy e il maggiore Roberto Navale; Filippo Anfuso, capo di gabinetto del Ministro degli esteri Galeazzo Ciano; lo stesso Ciano e il capo del governo Mussolini. Tragico epilogo di due vite e due destini spesi tutti ed eroicamente per l'Italia. Giuseppe Fiori ci racconta la famiglia fin dai genitori di Carlo e Nello, Amelia Pincherle Moravia, la mamma, drammaturga e scrittrice di fama, e Joe Rosselli, il padre, rampollo di una ricca famiglia ebrea livornese. Amelia crescerà da sola i figli, i suoi "uccellini" dopo la separazione, dolorosissima, da Joe e da sola affronterà gioie e dolori. I ragazzi Rosselli, Aldo il primogenito e i due piccoli Carlo e Nello, vanno a scuola, suonano il piano, si ammalano e guariscono, crescono. Aldo, iscritto a medicina, a diciannove anni andrà volontario nella Prima Guerra mondiale, non certo per "fare il pappino" nelle retrovie mentre migliaia di giovani meno fortunati "che nulla sanno di Trento e Trieste sono mandati al fronte". Dopo l'accademia di Modena, nel dicembre 1915, il giovane raggiunge il suo reggimento a Tolmezzo, in Carnia. Col grado di sottotenente partecipa alla battaglia di Pal Piccolo del marzo 2016 e lì si chiude la sua vita. Carlo, "eretico del socialismo", fonda il movimento Giustizia e Libertà, affronta il confino a Lipari e l'esilio in Francia, finanzia la fuga all'estero di tanti perseguitati dal fascismo, combatte nella guerra di Spagna. Nello si dedica meno alla politica attiva e più agli studi di ricerca storica, che il fratello aveva dovuto mettere da parte negli anni della lotta antifascista.  Incontriamo nel libro tanti protagonisti della storia del Novecento, illustri militanti della Resistenza e padri della Repubblica come Emilio Lussu, Piero Calamandrei e Sandro Pertini, per non citarne che tre; intellettuali come Gaetano Salvemini e Giulio Einaudi; spie e infiltrati come Pitigrilli. Incontriamo Alberto Moravia, cugino dei Rosselli, critico nei confronti delle "illusioni dell'antifascismo", silente rispetto ai crimini del regime, dimentico di zia Amelia che da ragazzo gli aveva salvato vita e salute. Fiori si avvale per la sua narrazione del Memoriale di Amelia, degli epistolari familiari, di interviste ai figli dei due martiri: bambini che in tenerissima età furono raminghi tra un Paese e l'altro d'Europa, anche se l'agiatezza familiare permise loro di non dover mai conoscere indigenza e privazioni. Bambini costretti all'esilio insieme alle loro mamme Marion e Maria, bambini che aspettavano il ritorno babbo e i doni della Befana, che scrivevano lettere costellate di bacini. Bambini di guerra, innocenti. Come scrisse Amelia, secondogenita di Carlo, detta da piccola Melina,: "... siamo figli della seconda guerra mondiale. Cosmopolita è chi sceglie di esserlo. Noi non eravamo dei cosmopoliti; eravamo dei rifugiati". Di lei, musicista e poetessa, ci occuperemo anche qui.

Giuseppe Fiori, Casa Rosselli. Vita di Carlo e Nello, Amelia, Marion e Maria, Einaudi, 1999.


martedì 20 ottobre 2020

Rodari in biblioteca 7: un anno (scolastico) nella casa della fantasia, parte seconda da marzo a giugno

 

Marzo è il mese in cui ogni anno si apre la nuova primavera ed è il mese in cui si celebra la giornata mondiale della poesia. Le classi che partecipano ai laboratori ascoltano la lettura delle poesie "Promemoria" e "Dopo la pioggia" di Gianni Rodari, che alcuni ragazzini già conoscono. Sono poi invitati a riflettere e a raccontare che cosa significhi il termine pace per ciascuno di loro, quali immagini susciti e infine a scrivere il proprio messaggio, in versi liberi o in acrostici. Come sempre, i testi che ci regalano, dei quali, per forza di cose, riportiamo a titolo di esempio una parte minima, sono molto coinvolgenti:

Penso al futuro
Alla pace che nel mondo regnerà
Come una colomba libera
Ecco la pace arriverà

scrive Simone. E Stefano aggiunge

Piace al mondo intero
Amare, sorridere e giocare
Col sole dell'armonia nulla è nero
E la gioia riempie ogni cuore

Nicole così esprime il suo pensiero:

Mamma, cos'è la guerra?
La guerra è un'oscurità 
che scoppia sulla terra
senza nessuna carità.
Mamma, cos'è la pace?
La pace è un bambino sorridente
che nel suo lettino giace
senza avere paura di niente.
Mamma, la guerra è brutta,
la pace è bella.
Diciamolo alla gente,
ma proprio a tutta!


La riflessione prosegue poi, nel mese che segue, sempre partendo dalle due poesie di Rodari, ma concentrando la riflessione sulle guerre trascorse e su quelle ancora accese qua e là nel mondo.  Simone si immedesima nei bambini di guerra e scrive:

La guerra è arrivata,
è una tragedia.
La notte è paurosa
e pericolosa. Le bombe
fanno un rumore assordante
e costante. 
Io mi nascondo,
ma non per molto.
La mia casa è distrutta 
e la guerra è brutta.

A maggio i laboratori si concentrano sulla narrazione in prosa, specialmente sulle storie di fantasia, che i bambini molto spesso, abbracciando senza saperlo la tradizione della fiaba classica, apparentano alle storie di paura. Scrivono di incubi e di streghe, di solai oscuri e minacciosi. Ogni tremore e ogni brivido sono sempre riscattati, com'è giusto, dal lieto fine. 
Giugno viene dedicato al tema "Dentro i libri", gli amici che non ci abbandonano mai e che, in biblioteca, offrono pagine aperte e colorate ai piccoli, curiosi, lettori. "Tante storie per giocare" di Rodari offre l'occasione di poter scegliere un finale tra i tre proposti  proposti dallo scrittore per ogni racconto, di conoscere successivamente quale sia il preferito di quest'ultimo e di elaborare nuovi, propri finali, liberamente. Perché "l'immaginazione del bambino, stimolata a inventare parole, applicherà i suoi strumenti a tutti i tratti dell'esperienza che sfideranno il suo intervento creativo. Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe. Servono alla poesia, alla musica, all'utopia, all'impegno politico: insomma, all'uomo intero, e non solo al fantasticatore", scrive Gianni Rodari nella "Grammatica della Fantasia" e noi facciamo in modo di poter mettere in pratica questo principio.
Lasciamo infine qualche pagina bianca in fondo al quaderno (il quinto della Sezione Ragazzi) affinché ogni bambina e ogni bambino che ha partecipato ai laboratori con la sua classe a cui una copia del libretto viene donata abbia spazio per scrivere le sue parole e i suoi pensieri belli sempre.


(C) Eleonora Bellini

lunedì 19 ottobre 2020

Usciti di Senna, di Michel Bussi

Esce ora in Italia questo romanzo, che ha reso famoso Bussi ed è stato pubblicato in Francia nel 2008 con il titolo "Mourir sur Seine". La vicenda si svolge a Rouen, alla vigilia dell'Armada, grande manifestazione nautica che vede sfilare sulla Senna i più grandi e nobili velieri del mondo. Si tratta di un'occasione di festa grande e condivisa, capace di richiamare visitatori da ogni parte. E' un momento di bellezza, di gioia e di allegria. Finché un giovane marinaio messicano,  Carlos Jésus Aquileras Mungaray detto Aquilero viene ucciso. Partono le concitate indagini del commissario Paturel, affiancato dalla perspicace giornalista Maline, intuitiva, intrepida, coraggiosa. L'indagine si rivela molto intricata perché a quel primo delitto ne seguono altri. Tutte le vittime sono accomunate da tatuaggi che rappresentano gli stessi cinque animali: colomba, coccodrillo, tigre, squalo e aquila. Il mistero si infittisce, da un lato, e si arricchisce dall'altro, perché i delitti sembrano essere ispirati dalla ricerca di un favoloso, antico, tesoro dei pirati. La leggenda è avvalorata dal racconto di Ramphastos, vecchio pirata e gran bevitore, legato all'utopia di un'antica e libertaria pirateria, negata da ogni potere costituito, ma, secondo lui, ancora ben viva sotto la cenere. L'autore ci avverte nella nota conclusiva che "Tutti i racconti di Ramphastos, per quanto incredibili, si basano su episodi storici reali. Il Télémaque è veramente colato a picco al largo di Quillebeuf (ed esploratori molto seri si immergono regolarmente alla ricerca del relitto), il pirata Jean Fleury ha veramente sottratto il tesoro degli aztechi a Carlo V nel 1522 facendo la fortuna di Jehan Ango (glorioso episodio che si può ammirare ancora oggi sulla strana vetrata della chiesa di Villequier), Giovanni da Verrazzano è effettivamente tornato da New York con le stive vuote, per la grande disperazione di Francesco I e degli armatori, le utopie dei pirati sono davvero all'origine degli attuali movimenti anarchici, l'effimera repubblica di Libertalia è davvero esistita". La soluzione del giallo, complessa come sempre  in Bussi, arriva dopo un finale mozzafiato a illuminare la mente del lettore e a sciogliere la tensione delle ultime pagine. Tra i grandi velieri citati nel romanzo appare anche l'Amerigo Vespucci e chi legge decide che, almeno una volta, dovrà andare a Rouen ad assistere all'Armada, la più popolare manifestazione di Francia dopo il Tour.

Michel Bussi, Usciti di Senna, E/O 2020, traduzione di Alberto Bracci Testasecca.

domenica 18 ottobre 2020

Breviario per un confuso presente, di Corrado Augias

Ventotto sono i densi capitoli di questo breviario laico, nel quale il termine breviario è usato nel senso di compendio, come usava in antico e come fece in tempi moderni Benedetto Croce con il suo Breviario di estetica. Augias procede, in coerenza con la citazione di Petrarca posta in esergo, "simul ante retroque prospiciens", cioè guardando sia al passato che al futuro. Come Petrarca, sostiene, "anche noi ci troviamo al confine tra due popoli o due epoche o due mondi e nemmeno a noi mancano ragioni di pessimismo, a cominciare dallo stato di salute del povero pianeta, oltraggiato senza pietà, né discernimento. Viviamo anni rivoluzionari in cui scompaiono abitudini consolidate, canoni politici, riferimenti culturali ed etici che a lungo hanno dato fisionomia alla nostra civiltà". 
Leggendo queste pagine, insieme all'autore ci interroghiamo, spronati da illustri citazioni che spaziano da Machiavelli a Leopardi, da Gramsci a Pasolini, sull'identità e consapevolezza di sé degli italiani, eredi di uno dei più vasti patrimoni artistici mondiali. Incontriamo il virus odierno e le pesti antiche, rivissute attraverso le cronache e la letteratura. Discutiamo dell'intelligenza umana e di quella digitale, di religione e di moralità profonda e possibile anche senza la fede nel soprannaturale. Spinoza, Montaigne, Giordano Bruno, pensatori cari ad Augias, ci vengono incontro con tutta la forza del loro pensiero mentre leggiamo il breviario e offrono un prezioso viatico al nostro povero presente. 
Il libro, testimonianza di vita e di coerenza, è capace di offrire ai lettori spunti di riflessione profonda, fondandoli con eleganza sulla storia, sulla tradizione letteraria, sul pensiero filosofico, sulla lettura dei classici.

Corrado Augias, Breviario per un confuso presente, Einaudi 2020  

domenica 11 ottobre 2020

C'era una volta un albero. Favoletta

  • Nell'angolo più soleggiato di un vecchio cortile di periferia c'era una volta un albero. Era speciale perché sapeva fare tante cose. Faceva ombra ai gatti, ai vecchietti e ai bambini come tutti gli alberi. Ospitava i nidi degli uccelli come molti alberi. Componeva musiche e canzoni come solo pochi alberi sanno fare. Accarezzava le nuvole dell'alba e vegliava quelle del tramonto come quasi nessun albero sa fare. Regalava ogni giorno al vento una foglia, una foglia che, se la posavi sull'orecchio, cantava e narrava storie come una conchiglia di mare, come nessun albero (che io sappia) sa fare. Tutto, però, con intelligenza e amore si può imparare, quindi può darsi che un giorno anche altri alberi imparino a cantare e narrare storie belle come quelle delle conchiglie salate di mare. 
Sedevano all'ombra di quell'albero, sui loro panchetti pieghevoli, nonne e nonni e altre vecchiette e vecchietti che nonni non erano ma sapevano pur sempre apprezzare il fresco della sua chioma verde e le voci dei bambini che giocavano a palla lì vicino fino a quando, stanchi e accaldati, si buttavano a terra sopra l'erba sottile che circondava il tronco e copriva le radici. Tra i rami cantavano tanti piccoli uccelli di città, quelli che non hanno mai visto e mai vedranno le foreste, ma sanno riconoscere le fronde fresche e ospitali e amano costruirvi i loro nidi. Lungo il tronco si arrampicavano bruchi grassocci e qua e là stillava resina profumata. Grazie all'albero quel cortile era meno squallido e meno triste. Grazie all'albero erano sereni grandi, piccini e uccellini.
Ma un brutto giorno (uno o più brutti giorni ci sono in ogni storia vera) si affacciarono al cortile quattro ceffi, anzi, per meglio dire, due brutte ceffe e due brutti ceffi, ciascuno brutto per la sua parte e anche un po' di più. Si chiamavano Belasia, Crotasia, Gelasio e Nucasio. 
Disse Gelasio: - Che fa quell'albero?-
- Fa ombra!- risposero gli altri in coro
- E noi vogliamo l'ombra? -
- No, noi non vogliamo ombra! Abbattiamolo! -
A nulla valsero le proteste delle vecchiette e dei vecchietti, né il pianto dei bambini, né gli strepiti e gli svolazzi preoccupati degli uccellini senza bacche e senza nido. In quattro e quattr'otto, con foga e senza indugio, Belasia, Crotasia, Gelasio e Nucasio abbatterono l'albero. Ne bruciarono poi tutti rami e tutte le foglie in modo che non ne restasse nemmeno un sottile frammento. Estirparono perfino il ceppo robusto, ben saldo sotto terra, dal quale forse sarebbe potuto rinascere qualche tenero e verde pollone. Quando ebbero tutto bruciato e arso, gettarono la cenere nel primo tombino e sedettero gongolanti nella polvere, là dove prima l'albero viveva.
- Finalmente!- esclamarono all'unisono.

Ma perché, vi chiederete voi, grandi e piccini che leggete, un comportamento così irrazionale e distruttivo?
La risposta è facile, come la morale della storia: anche l'ombra innocente, buona e generosa dà fastidio (fa ombra) a chi sopra e dentro la testa non ha nulla, né berretto, né capello, né idea, né pensiero o pensierino. E, allora, distruggendo, della desolazione che ha dentro anche fuori si circonda.

(C) Eleonora Bellini. Riproduzione non consentita.   
 

venerdì 9 ottobre 2020

Rodari in biblioteca 6: il premio di letteratura e illustrazione "La Casa della Fantasia"


Il Premio "La casa della Fantasia", nome rodariano quant'altri mai, suggerito dalla bibliotecaria Marilena Zerlia del Centro Rete del Sistema Bibliotecario del medio Novarese, nacque nell'anno 2003 quale ideale completamento e sbocco dei laboratori creativi promossi dalla Sezione Ragazzi della Fondazione Marazza durante ogni anno scolastico, fin dagli anni '80 del Novecento. L'iniziativa, oltre a  valorizzare il lavoro di autori e illustratori si proponeva di offrire ai bambini piacevoli, veloci ed originali libretti nonché di spalancare le finestre e di portare qualche boccata d'aria buona all'asfittica e rattrappita atmosfera di un territorio chiuso e autoreferenziale all'eccesso. La formula era originale: il bando prevedeva infatti due sezioni separate, l’una letteraria - filastrocche o racconti a tema, ad anni alterni - e l’altra artistica. I vincitori, sia della sezione letteraria che della sezione illustrazione, ricevevano in premio la pubblicazione delle loro opere in un’apposita, graziosa e colorata collana della Fondazione Marazza stampata con garbo da una tipografia borgomanerese. In giuria: Eleonora Bellini, Daniela Buonavita, Anna Pastore, Marilena Zerlia, Giulio Martinoli, Roberto Ripamonti. Durante alcune prime edizioni del premio fecero parte della commissione giudicatrice per la sezione illustrazione anche Gemma Fiorentini, Michela Papadia e Ariodante Marianni; per la sezione letteraria Agnese Bellotti, Maria Adele Garavaglia e Alessandra Salvini. 

I libri stampati in occasione di ogni edizione erano distribuiti gratuitamente alle classi che partecipavano ai laboratori in biblioteca e donati alle biblioteche del Sistema. E inoltre ogni mese di maggio venivano donati ai nuovi nati di Borgomanero e ai loro genitori come augurio di benvenuto in biblioteca e non solo. Nella giornata della premiazione si inaugurava la mostra delle illustratrici e degli illustratori e si tenevano incontri e laboratori per bambine e bambini, a cura degli scrittori e artisti finalisti e vincitori. Incontri che lasciavano un segno alto e chiaro, ben visibile oltre le ottuse meschinità dei circoli chiusi locali donando ai bambini aria pura da respirare insieme a incontri stimolanti, aperti, intelligenti e gratuiti, sia in senso economico che rispetto alle reali, non dichiarate e profonde finalità dell'operazione, che mai trasformarono i bambini in "mezzi per...".


Ricordiamo qui tutti i  titoli dei volumetti delle prime 15 edizioni, insieme ai nomi di scrittrici, scrittori, illustratrici e illustratori:
2003 – ALFABETO IN BIBLIOTECA di Leda Luise; ill. di Marta Cirillo
2004 – VOLANO SEMPRE VIA di Gigliola Alvisi e Maurizio Furini; ill. Emma Giani
2005 – PICCOLO ATLANTE DEI POPOLI AMICI di Loredana Magazzeni/ CHE DONO VUOI BAMBINO DEL MONDO? di Aldo Ferraris; ill. FIORA GIOVINO
2006 – UN REGALO PER GAIA di Elena Magni; ill. Raffaella Ciacci
2007 – FILASTROCCA FATTA APPOSTA di Manuela Bruno; ill. Cristina Gibellato
2008 – CUORE DI DRAGO di Michela Caputo; ill. Francesca Quatraro
2009 – LO STRANO CASO DEL PESCE ANNEGATO di Viola Virdis; ill. Giovanni Curi
2010 – L’ASINO CHI LEGGE di Viola Virdis/ C’ERA UNA VOLTA IL LIBRO di Leda Luise; ill. di Valerio Maggioni
2011 Edizione per il 150° dell’Unità d’Italia; testi di Mario Pennacchio, Maria Luisa Sabato, Giovanna Goffredo; ill. di Serena Marangon, Manuela Cambio, Paolo Avigo
2012 – KATOTO LALA. PICCOLO DORMI di Issiya Longo; ill. Francesca Quatraro
2013 – PLIN PLIN di Massimo Artico; ill. Giada Ottone
2014 – IL SASSOLINO DI NITI di Agnese Ermacora, ill. MARIA MARIANO/ CON LE FARFALLE NELLA PANCIA di Aldo Ferraris, ill. Sergio Olivotti
2016 – MAGICA STORIA di Camilla Buttà, ill. Alessandra Lodrini/ ANAJE’ E L’ARMONIA DELLA FORESTA di Fiora Giovino, ill. Rossella Paolini
2018 CHE FORTUNA! di Barbara Pumhösel; ill. Erika Visconti
2019 MATTIA E L'ALBERO, di Manuela Chiarottino; ill. Odette Sacco Sonador

Il Premio fu per molti anni una testimonianza di creatività e di apertura al mondo dell’infanzia di ampio respiro nazionale e non solo (gli ultimi due albi sono apparsi con testo sia in italiano che in inglese, grazie a un contributo del Kiwanis Club, e "Katoto Lala", delicata ninna nanna era già uscito sia in italiano che in swahili). Costituì una testimonianza importante, ispirata a Rodari e fondata sullo spirito della sua opera, unico spirito che si addice al quotidiano di una biblioteca pubblica. In questo 2020 il nuovo bando esce completamente snaturato e stravolto. Tutto  vi è banalizzato e, invece di perseguire un’operazione culturale come in precedenza, si rischia di fare della retorica su Rodari e sui bambini ai quali non si offre nulla oltre il banale quotidiano che, in un contesto culturalmente deprivato, già quotidianamente vivono. “Gli uomini ignoranti delle naturali cagioni che producon le cose, ove non le possono spiegare nemmeno per cose simili, essi danno alle cose la loro propria natura: come il volgo per esempio dice, la calamita esser innamorata del ferro” scriveva Giambattista Vico. Cicli si alternano e cade in basso ciò che lavoro e virtù avevano aiutato a salire. E proprio nell'anno rodariano succede questo. Mannaggia!

Uno tra i tanti articoli della ricchissima rassegna stampa del Concorso, 
da "Il giornale di Arona"