giovedì 28 febbraio 2013

Ipazia, di Silvia Ronchey

- "Il vescovo cristiano doveva avere il monopolio della parrhesia" si è scritto, proponendo, appunto sul caso Ipazia, un sillogismo storico fin troppo immediato: se nella fase di trapasso dal paganesimo al cristianesimo il ruolo del filosofo e del vescovo vengono a sovrapporsi, che cosa fa il vescovo se non eliminare il filosofo? - (pag. 41)
Invidia per l'eccellenza altrui e brama di potere esclusivo condussero il vescovo Cirillo a scatenare un gruppo di cristiani oltranzisti e di monaci violenti contro la filosofa Ipazia, fino a teorizzare la necessità del suo assassinio e al crudele infierire sul suo corpo, letteralmente fatto a pezzi, lei ancora viva, dagli assalitori.
La vicenda di Ipazia è stata ri-portata all'attenzione del più vasto pubblico nel 2009 dal film Agorà  (http://it.wikipedia.org/wiki/Agora_%28film%29).
Silvia Ronchey in questo saggio molto documentato ripercorre la vicenda della “celebre e troppo sventurata Ipazia” (Diderot) attraverso le cronache di fonte sia pagana che cristiana più vicine a lei, e poi esaminando come la sua personalità sia stata studiata dalla filosofia e dalla letteratura occidentali fino all’Ottocento. Come è intuitivo, Ipazia fu tenuta in grande considerazione in ambito illuminista (Diderot, Voltaire), ma anche il cattolico Chateaubriand le dedicò pagine di alta considerazione. E in Italia Vincenzo Monti (“l’innocente ombra di Ipazia”) e Giacomo Leopardi nella sua produzione giovanile ne rammentarono il martirio. Ugualmente la pensatrice dell’antica Alessandria venne tenuta in considerazione in ambito anglicano e protestante. Bertrand Russel, ricorda la Ronchey, apre la sua Storia della filosofia occidentale con questa frase sul vescovo Cirillo: “La sua principale pretesa di fama è il linciaggio di Ipazia, distinta signora che in un’epoca di bigotteria professava la filosofia neoplatonica e applicava i suoi talenti alla matematica”.
E’ un libro, questo, di quelli che non passano affatto di moda. E’ assolutamente da leggere e la sua lettura offrirà spunti per altre letture e per numerosi approfondimenti. Tra questi, ad esempio, la sovrapposizione del culto di santa Caterina d’Alessandria (della cui esistenza c’è una leggenda, ma nessuna attestazione storica) alla vicenda del martirio di Ipazia (che non si convertì mai al cristianesimo), fino alla dedicazione di una chiesa in Laodicea a “sant’Ipazia Caterina”. Nel 1969 Paolo VI tolse la memoria di Santa Caterina d’Alessandria dal calendario liturigico della Chiesa Cattolica “per mancanza di scientificità delle fonti”. La memoria fu poi ripristinata da Benedetto XVI per il 25 novembre. Un bel dotto giallo, non è vero?  

Silvia Ronchey, Ipazia. La vera storia, Rizzoli 2010

Masolino Da Panicale, Santa Caterina (?) tra i filosofi, Roma- chiesa di S. Clemente

sabato 23 febbraio 2013

Resistere non serve a niente, di Walter Siti


“Le escort gestiscono il loro capitale con la stessa flessibilità con cui la finanza gestisce gli azzardi e le insicurezze, e non si percepiscono come prostitute esattamente come i maghi della finanza non si percepiscono come truffatori pur evitando i controlli e mettendo in circolazione prodotti dal contenuto non limpido”. Diversamente da quanto accade nella concezione della femminista, il corpo per la escort è un prodotto da vendere al più alto prezzo possibile prima che deperisca: con riflessioni di questo tipo (e con una assassinio gratuito di inaudita crudeltà) si apre il libro.
Tuttavia il romanzo di Walter Siti non è (solo) un racconto sulla prostituzione, femminile o maschile che sia. E’ di più: una storia nostra contemporanea che si svolge nelle stanze del potere, soprattutto economico, ma anche politico, e che vorremmo fosse solo una storia d’invenzione. Però dell’improbabilità della pura invenzione ci avverte subito, in esergo, una citazione di Graham Greene: “La narrativa è più sicura: tanti editori avrebbero paura a pubblicare saggi su questi temi”.
Il protagonista, Tommaso, ragazzo romano di borgata vagamente introverso, affetto da obesità patologica e genio matematico, per quello che sembra un colpo di fortuna - ma che si rivelerà un’oculata manovra ricattatoria – è preso a benvolere ed aiutato da un ricco ed autoritario anziano signore: prima l’intervento chirurgico che lo aiuterà a dimagrire, poi il finanziamento degli studi, per trasformare il ragazzo di borgata in un oculatissimo mago della finanza. Ricchezza, grande appartamento al centro di Roma e Gabry, una modella, fidanzata da esibire in pubblico “all’altezza” di tanta fortuna.
Una fiaba finirebbe qui. Invece, trattandosi di romanzo e non di fiaba, la vicenda continua e svela, oltre ai personali tormenti amorosi e sessuali del protagonista, “di che lacrime grondi e di che sangue” l’alta finanza, la politica corrotta, la televisione “libera”, tutte manovrate da un potere arrogante e spregiudicato, in parte visibile, e in parte - la più crudele e inespugnabile - invisibile. L’invisibile ai semplici si chiama mafia. Delibera ed agisce senza confini. Può essere truculenta e volgare, ma può anche mostrarsi con sembianze pacate ed amichevoli. E’ sicuramente più esperta di paradisi fiscali che di colpi di lupara.
La scrittura di Siti è chiara, sagace, talvolta ironica, talvolta preoccupata, sempre disincantata. Libro assolutamente da leggere. 

Walter Siti, Resistere non serve a niente, Rizzoli 2012

martedì 19 febbraio 2013

La gallinella rossa, di Pilar Martínez e Marco Somà


Il valore psicologico delle fiabe tradizionali è provato: dagli studi di Jung, secondo il quale nella fiaba è racchiusa “l'espressione più pura dei processi psichici dell’inconscio”,  alle opere della von Franz, fino a Bettelheim, che analizza il significato psicologico delle fiabe e l'aiuto che il loro ascolto può offrire alle personalità in crescita, per citare solo gli studiosi più noti che se ne sono occupati.
Anche alcuni progetti locali di lettura ad alta voce per l’infanzia, come Nati Per Leggere, tornano talvolta alla lettura di fiabe tradizionali, privilegiando, quando possibile, edizioni recenti, dal linguaggio semplice, dalle illustrazioni curate.
Proprio pensando a questi progetti, vi suggerisco oggi, dunque, di sfogliare e di leggere con i più piccini, La gallinella rossa, racconto tradizionale inglese, riadattato da Pilar Martinez e ben illustrato da Marco Somà per le Edizioni Kalandraka.
Una gallinella tenace e volitiva vive, con i suoi pulcini, in una fattoria insieme a un cane fannullone, a un gatto dormiglione e a un’anatra festaiola. Lavora, la gallinella, seguendo il ritmo della natura e delle stagioni. Troverà qualcuno disposto ad aiutarla?
Le illustrazioni di Somà, dai toni caldi e ricche di particolari – antichi utensili da cucina e da giardino, vecchi mobili di legno rustico, tessuti a fiori e a quadrotti per gli animali abbigliati come umani – evocano l’atmosfera della vita in una campagna che ormai non c’è più. O c’è per sempre, nel tempo immortale della fantasia.
  

Pilar Martínez e Marco Somà, La gallinella rossa, Kalandraka 2012

giovedì 7 febbraio 2013

Su un vecchio appunto, di Giorgio Caproni

Ora, sazio della città - delle sue tentazioni e dei suoi crimini - 
mi sono ritirato al limitare del bosco. Ad appagarmi la vista
poco mi basta: lo scintillio del fiume nel sole del mattino, giù
a fondo valle. Un albero...


  Un albero...
                  Com'è leggero
un albero, tutto ali
di foglie - tutto voli
verdi di luci azzurre nel celeste
dell'aria...

                  E com' forte,
un albero, com'è saldo
e fermo, "abbarbicato
al suo macigno (1)"...

                 Viene
l'autunno, e come
la Fenice s'accende 
nel rosso del suo rogo.

                Viene
primavera, e splende
d'altro suo verde...

                Ma noi,
noi, al paragone,
che cosa e chi siamo, noi,
senza radici e senza
speranza - senza
alito di rigenerazione?

Da Il franco cacciatore (1973-1982)

"Il franco cacciatore  non è un libro di massime e riflessioni messe in versi. Possiamo leggerlo come un taccuino di viaggio, come un romanzo, un dramma a più voci, un libretto d'opera che nasconde in sè la propria musica. Tutto vi è chiuso, serrato, geometrico: la linea vi domina superbamente. Ma, d'altra parte, queste poesie affondano nello spazio, non hanno principio né fine, grandi buchi dividono le strofe, dividono le parole, traforano le parole, come se una mano d'aria avesse disegnato ogni lettera sul fondo del vuoto" (Pietro Citati, in Corriere della sera, 25 luglio 1982)

(1) Libera citazione da Le stagioni di Giuseppe Ungaretti: "E’ nuda anche la quercia, /ma abbarbicata sempre al suo macigno."