mercoledì 21 agosto 2019

Nel cuore di Yamato, di Aki Shimazaki


Yamato è uno dei tanti nomi con cui si puo' chiamare il Giappone.  Poi c’è Nihon, il più recente e diffuso, ma Giappone può anche dirsi Wa, o Akitsu Tonbo, letteralmente libellula, dall’immagine che l’imperatore Jinmu aveva pensato paragonando la forma del Paese a due libellule che si accoppiano. Questi nomi ritornano nella trama del romanzo che, attraverso le vicende dei suoi personaggi, che si intrecciano alla storia del Paese, ci permette di entrare nel cuore di una cultura e di una visione del mondo tradizionale che vanta, tra i suoi aspetti essenziali il rispetto per la natura e quello per la i concittadini. Sono cinque i personaggi che danno vita alla trama di Nel Cuore di Yamato, narrata tra passato e presente. L'arco temporale della storia va, infatti, dalla fine della seconda guerra mondiale fino ai giorni nostri. 
Le vicende dei diversi personaggi si intersecano a volte le une con le altre. Vi spiccano l'amore sacrificato alla professione ma tuttavia profondo, i matrimoni combinati, spesso i piu' solidi e duraturi, l'etica del lavoro e del sacrificio, le cerimonie e le arti tradizionali. Tutto offre al lettore una discesa nel Giappone vero e vissuto, nel fascino delle sue tradizoni e anche nello spessore delle sue contraddizioni, nell'attenzione alle piccole cose belle, i fiori, le libellule, la musica fino ai grandi obiettivi di rinascita del Paese, prostrato dalla guerra, e agli eroici sforzi dei suo popolo. L'autrice vive in Canada da molti anni e nella sua scrittura si avvertono amore, nostalgia e ammirazione per il suo Giappone lontano, forse un poco idealizzato cosi' come il suo cielo blu il cui fascino arriva fino a noi attraverso alcuni versi di una canzone infantile accennata nel capitolo Tonbo. 
Gli occhiali delle libellule sono blu perche' sono volate nel cielo blu... Gli occhiali delle libellule sono splendenti perche' guardano il sole...
Storia di un Paese che lavora per diventare grande senza dimenticare di fermarsi un attimo nel ricordo e nella contemplazione delle piccole cose.


Aki Shimazaki, Nel cuore di Yamato, Feltrinelli 2019, trad. Cinzia Poli

venerdì 16 agosto 2019

Il pianista di Yarmouk, di Aeham Ahmad

Aeham Ahmad è un musicista nato nel 1988 a Damasco e, prima di riuscire ad emigrare felicemente in Germania, ha vissuto sempre nel campo di Yarmouk, campo destinato ad ospitare la minoranza palestinese in Siria. Come tutti coloro che fin dalla nascita vivono in una data situazione, il campo costituì per Aeham la normalità di una condizione di vita per lunghi anni. Il suo nonno era uno dei settecentomila palestinesi che nel 1948 vennero cacciati dalla loro patria dagli israeliani e, convinto che l'esilio sarebbe durato poco, aveva abbandonato tutti i suoi bene in Palestina. In Siria si ritrovò in condizione di grave povertà, tanto che il suo bambino di otto anni, che sarebbe poi stato il padre del nostro Aeham, non avendo potuto trovare cure adeguate per un virus che gli aveva colpito gli occhi, rimase cieco. Successivamente, per un fortunato caso, alcune infermiere, impegnate in una campagna di vaccini, favorirono l'ingresso del bambino in una scuola per non vedenti, nella quale, fra l'altro, egli imparò la musica, divenendo un bravo violinista. Con questo valoroso padre musicista, la mamma insegnante elementare di musica e il fratellino Ala, Aeham visse la sua infanzia nel campo, sorto nel 1954, tra i giochi con gli amici e lo studio del pianoforte, fortemente voluto da suo padre e, nei primi anni, per lui, bambino amante dei giochi, del movimento e delle corse come tutti i bambini, faticosissimo, perfino noioso. Un'infanzia difficile, diremmo noi, un triste destino. E invece, scrive il nostro autore: ''E' incredibile. Ogni volta che ripenso alla mia infanzia c'è sempre il sole. Non ricordo un solo giorno di pioggia. Ricordo il profumo del gelsomino, l'odore della saponetta all'olio di oliva con cui mi lavavo la faccia ogni mattino''. La Siria era ancora in pace a quei tempi. Poi giunsero la guerra e la distruzione, la paura e la ricerca di salvezza. Come protestare contro la guerra, come salvare un briciolo di umanità nel quartiere distrutto, come consolare i morti e i loro familiari, sopravvissuti nel corpo ma annientati nell'anima, come preservare l'innocenza nei bambini? Con la musica e con il canto, decidono Aeham e i suoi amici. Così il pianoforte esce nelle strade bombardate e sulle rovine si innalza la musica, protesta e lenitivo insieme.


Molti tentano di mettersi in salvo per raggiungere l'Europa e anche il nostro pianista affronta il viaggio, lungo e pericoloso. Dapprima via terra, poi attraverso il Mediterraneo, tra insidie e inganni, respingimenti, fino al superamento dei pericoli della rotta balcanica e del gioco del Caso, che sceglie le sue vittime, o le risparmia, con cecità assoluta. Come accade sempre nella Natura e nella Storia e come noi fatichiamo a credere. La storia di Aeham, narrata in prima persona, ha colpito molti in tutto il mondo, ma non abbastanza. La sua musica si ascolta facilmente su you tube e ha commosso molti, ma non abbastanza. per questo, vi proponiamo qui il brano I forgot my name, di tragica bellezza, di grande dolore ma anche di esemplare compostezza (potete ascoltarlo cliccando sul titolo)Vi invitiamo, inoltre,, quando sentite i media o i cinici agitatori delle folle riferire i casi dei migranti in balia delle onde del mare o del gelo dei monti in termini di numeri (40 sbarcati, 100 annegati, 10 assiderati) a ricordare che si tratta di persone, con le loro storie i loro affetti e i lori talenti, e a riflettere sul fatto che non sappiamo quanti artisti, scrittori, musicisti o anche quanti maestri, infermieri, ingegneri, interpreti, madri, padri, fratelli e sorelle giacciano negli abissi del Mediterraneo o nelle foreste dell'Est. Vi invitiamo inoltre a riflettere sulla storia di alcune regioni del nostro mondo e su quanto le radici di alcune drammatiche condizioni odierne, che causano povertà', migrazioni, esodi, conflitti, vengano da lontano e quanto l'Occidente, il nostro Occidente, ne sia coinvolto Nessuno di noi può chiamarsi fuori, nessuno può ritenersi indenne e lontano dalla tragedia, nessuno può dirsi totalmente innocente.

Aheam Ahmad, Il pianista di Yarmouk, La nave di Teseo 2018, traduzione di Lucia Ferrantini