"Eleonora
Bellini ci conduce attraverso un viaggio che si vuole nel contempo
evocazione e meditazione intimamente legata all’esperienza del vivere.
Le sue Prove d’autunno hanno quindi delle “prove” sia l’accezione del
“tentativo” (gli essaisdi montaigniana memoria) sia della “prova”
d’autore (d’arte, l’abbozzo, la fotografia...), non senza dimenticare
l’accezione più dolorosa del termine, ovvero quella di “pena” subita".
Dalla Presentazione di Fabio Scotto.
Il sottotitolo avverte : “raccolta composita e stravagante mentre già
incombe l’assurdo” quasi a suggerire una chiave di lettura particolare
che valga contro i luoghi comuni, che cercano di omologare impazienza e
polemica , suggestioni e realtà. Un tentativo di scavo nella
quotidianità con un intento pittorico di gradevole fattura tra i momenti
del tempo e le immagini colorate. Questa silloge si sviluppa in
molteplici figurazioni e scomparti, da brevi e concisi pensieri nelle
fragili rose di ottobre a incursioni distratte per camminamenti da
scoprire , da rincorse improvvise per inseguire il volo dei gabbiani a
incisioni e rammendi tra i fogli dispiegati per lettere mai terminate,
dalle inconsuete invasioni di una ruspa agguerrita al saltellante
ultimo poemetto dal titolo invitante “dentro l’estate dei giorni”. Schiettezza e rigore sono a testimonianza di un lavoro poetico portato con salvifico intento di partecipazione.
Dalla recensione di Antonio Spagnuolo su Poetrydream
La raccolta ultima di Eleonora Bellini, che ha esordito nel 1980 con Metadizionario, si snoda in varietà di versi e di poesie, di sezioni, che in un prosieguo tutto particolare vanno ad una confluenza in cui gli elementi (memoria, paesaggio, radici, sentire, referenti, ecc.) via via si mescolano o si distinguono, emergono o vengono accennati (“Sai che è importante scegliere con cura / le parole, ad una ad una, / e che è meglio poche usarne e abusarne mai / specie in poesia”, Parole, p. 48), si dispiegano e si danno apertamente come in Sera di maggio (p. 86) nel loro significato non univoco e a raggiera. O insistono nel giro di una poesia ironica, con punte di sarcasmo, irridente e sentenziosa di verità tanto vere alla ragione quanto negate da chi si nega alla mente agli occhi alle orecchie, al cuore: così nella sezione Distici.
Dalla recensione di Maria Lenti su Literary
La raccolta ultima di Eleonora Bellini, che ha esordito nel 1980 con Metadizionario, si snoda in varietà di versi e di poesie, di sezioni, che in un prosieguo tutto particolare vanno ad una confluenza in cui gli elementi (memoria, paesaggio, radici, sentire, referenti, ecc.) via via si mescolano o si distinguono, emergono o vengono accennati (“Sai che è importante scegliere con cura / le parole, ad una ad una, / e che è meglio poche usarne e abusarne mai / specie in poesia”, Parole, p. 48), si dispiegano e si danno apertamente come in Sera di maggio (p. 86) nel loro significato non univoco e a raggiera. O insistono nel giro di una poesia ironica, con punte di sarcasmo, irridente e sentenziosa di verità tanto vere alla ragione quanto negate da chi si nega alla mente agli occhi alle orecchie, al cuore: così nella sezione Distici.
Dalla recensione di Maria Lenti su Literary
Eleonora Bellini col suo “Prove d’autunno” ci conduce in un universo poetico dove, ancora una volta, gli affetti familiari sono la molla del verso; dove le esperienze personali mettono in azione l’istinto poetico; dove la poesia, talvolta, s’apre a forme di narrazione. Perciò il linguaggio è sempre aperto, chiaro, lindo, levigato, elegante nel suo canto sommesso e delicato. Ma come spesso accade, la poesia sa rivelare, dietro i quadri (familiari, naturali…) apparentemente sereni, un lato oscuro non sempre rassicurante. E non c’è nulla di artificioso o di scontato in questo movimento poetico. Poesia sospesa tra la favola e la realtà, tra la Storia e la quotidianità, poesia che accompagna fedele il viaggio della vita, poesia che a volte si trasforma in libro d’ore e altre volte mostra lo sguardo fermo dell’indignazione.
Insomma un libro che, nella sua articolazione, sa proporre registri diversi, compreso quello della poesia civile. Bellini sa coniugare “una vena elegantemente crepuscolare” come ha rilevato Fabio Scotto nella prefazione, con una ironia epigrammatica pungente che sorprende, senza nulla togliere alla grazia dei versi.
Insomma un libro che, nella sua articolazione, sa proporre registri diversi, compreso quello della poesia civile. Bellini sa coniugare “una vena elegantemente crepuscolare” come ha rilevato Fabio Scotto nella prefazione, con una ironia epigrammatica pungente che sorprende, senza nulla togliere alla grazia dei versi.
Il piccolo ciliegio
L’ombra s’allunga e il bosco
spande nel giardino la rugiada.
Il piccolo ciliegio
ha già perso le foglie, nudo
dorme nei suoi quattro rami.
La tristezza avanza
con passo oscillante di tartaruga.
Al largo
L’ombra s’allunga e il bosco
spande nel giardino la rugiada.
Il piccolo ciliegio
ha già perso le foglie, nudo
dorme nei suoi quattro rami.
La tristezza avanza
con passo oscillante di tartaruga.
Al largo
Duc in altum. Il largo
del tempo plasma più intensi
colori e silenzi, fa acuto
lo sguardo salde ancorando
le voci e le parole.
del tempo plasma più intensi
colori e silenzi, fa acuto
lo sguardo salde ancorando
le voci e le parole.
Dalla recensione di Stefano Vitale su ilgiornalaccio.net
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