lunedì 29 dicembre 2008

Brindisi di San Silvestro, di Ariodante Marianni


Stacco l’ultimo foglio del vecchio anno
e a mezzanotte, come gli altri, stappo
la mia bottiglia; ma non lo scaccio
con botti o lancio di cocci
né per speciali favori lo ringrazio:
io brindo a lui che m’ha lasciato indenne.
M’ha lasciato le braccia,
le gambe e i piedi e tutte e due le mani
e, col torso, la testa,
gli occhi, il naso e le orecchie;
e se completo l’inventario, attesto
che, compatibilmente
con i dati anagrafici e lo specchio,
tutto funziona passabilmente.

Quanto all’anno venturo, fisso il nuovo
lunario, e mi attengo a quel detto
di Charlie Chan (era in un vecchio film):
"non pensare al futuro, arriva presto".

giovedì 25 dicembre 2008

Il Natale precristiano di Roberto De Simone

Presso i popoli pagani, già molti secoli prima della venuta di Cristo, la celebrazione del Natale era legata al ciclo delle feste propiziatorie di fine anno, quando un profondo senso di angoscia prendeva gli uomini di fronte allo spettacolo terrificante di una natura che, non generando più i frutti, sembrava destinata a spegnersi per sempre. Com'è noto, infatti, la fase terminale dell'anno solare coincide, a livello astronomico, col sostizio d'inverno in cui la terra raggiunge il punto di massima distanza dal sole. Tuttavia, lentamente, all'angoscia presente subentrava la speranza che sulla terra sarebbe tornato a splendere il sole e la natura si sarebbe aperta a nuova vita. Di qui alcuni rituali, propri dei popoli primitivi, tendenti a simulare il ritorno della luce e del calore, come quello connesso ai cosiddetti ceppi o fuochi di Natale, ancora presente in alcune aree della nostra tradizione popolare, che simboleggia il tentativo di incatenare, per così dire, il sole e costringerlo a un ritorno forzato sulla terra. Più tardi, quando l'antica società matriarcale fu sostituita da quella patriarcale, a un'angoscia collegata alla morte della natura subentrò un'angoscia associata al Tempo storicamente inteso, vissuto come esperienza di sciagure, di guerre, di calamità naturali e imprevedibili.
[...]
A ben considerare, è proprio questo che ancor oggi vuole essere il Natale: una specie di sospensione del quotidiano, quasi un arresto momentaneo del normale ritmo di vita. Le stesse vacanze natalizie, in quanto periodo di vacatio, di non lavoro, vorrebbero significare il desiderio di eliminare tutto il male che l'anno morente ha inevitabilmente prodotto, per cui si instaura una dimensione di ritorno all'initium mundi, prima che la Storia regolasse gli accadimenti umani in un continuo inarrestabile divenire: ultima meta la morte. Questo spiega anche perché le antiche religioni abbiano tutte elaborato il concetto dell'avvento salvifico di un eroe celeste che, sopprimendo la storia e quello che di negativo a essa è legato, inaugura sulla terra un'era di pace e prosperità. Di qui la grande diffusione del mito di un Bambino solare in tutto il mondo antico, dall'Egitto (Horus), alla Grecia (Dioniso), alla Persia (Zoroastro). In particolare ad Alessandria, proprio la notte del 24 dicembre, si svolgeva una festa rituale in cui i sacerdoti, mentre si portava in processione un bambino fasciato raffigurante Horus, figlio divino di Iside, annunciavano al popolo che la Vergine aveva partorito e che il Sole era tornato a splendere nel cielo. Tale rituale si ripeteva, in maniera identica, a distanza di dodici giorni. Si celebrava così, annualmente, il Natale di un Bambino metastorico o mitico, che avrebbe segnato l'inizio di un nuovo ciclo epocale per l'umanità." (R. De Simone, Il presepe popolare napoletano, Einaudi, Editore)

martedì 23 dicembre 2008

Natale, di Salvatore Quasimodo

Natale. Guardo il presepe scolpito, 
dove sono i pastori appena giunti 
alla povera stalla di Betlemme. 
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti 
salutano il potente Re del mondo. 
Pace nella finzione e nel silenzio 
delle figure di legno: ecco i vecchi del villaggio 
e la stella che risplende, 
e l'asinello di colore azzurro. 
Pace nel cuore di Cristo in eterno; 
ma non v'è pace nel cuore dell'uomo.
 Anche con Cristo e sono venti secoli 
il fratello si scaglia sul fratello. 
Ma c'è chi ascolta il pianto del bambino 
che morirà poi in croce fra due ladri?



venerdì 19 dicembre 2008

La differenza, di Guido Gozzano (cioè un altro Natale...)

Penso e ripenso: - Che mai pensa l'oca
gracidante alla riva del canale?
Pare felice! Al vespero invernale
protende il collo, giubilando roca.

Salta starnazza si rituffa gioca:
né certo sogna d'essere mortale
né certo sogna il prossimo Natale
né l'armi corruscanti della cuoca.

- O papera, mia candida sorella,
tu insegni che la Morte non esiste:
solo si muore da che s'é pensato.

Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
Ché l'essere cucinato non è triste,
triste è il pensare d'esser cucinato -.

giovedì 18 dicembre 2008

La vigilia di Natale di Giuseppe Gioacchino Belli

Ustacchio, la víggija de Natale
Te mmettete de guardia sur portone
De quarche mmonzignore o cardinale,
E vederai entrà sta prícissione.

Mo entra una cassetta de torrone,
Mo entra un barilozzo de caviale,
Mo er porco, mo er pollastro, mo er cappone,
E mmo er fiasco de vino padronale.

Poi entra er gallinaccio, poi l’abbacchio,
L’oliva dolce, er pesce de Fojjano,
L’ojjio, er tonno, l’anguila de Comacchio.

Insomma, inzino a nnotte, a mmano ammano,
Te llì tt’accorgerai, padron Ustacchio,
Cuant’è ddivoto er popolo romano.

mercoledì 10 dicembre 2008

Quando sono lontano da casa, da LA VALIGIA DI MIO PADRE di Orhan Pamuk

Quando sono lontano da casa e mi è impossibile ritornare nella mia stanza e rimanere solo, l'unica mia consolazione è addormentarmi in pieno giorno. Sì, forse ciò di cui ho bisogno non è la letteratura ma rimanere da solo in una stanza a fantasticare. Allora comincio a sognare cose bellissime su tutti quei luoghi affollati, sulle riunioni familiari e scolastiche, sui pranzi di famiglia nei giorni di festa e sulle persone che vi partecipano. Durante i pranzi dei giorni di festa fantastico su queste persone e le rendo più divertenti. Nella mia immaginazione tutto diventa interessante, attraente e vero. Parto da questo mondo noto e incomincio a immaginarne uno nuovo. Così siamo arrivati al nocciolo della questione. Per scrivere in modo soddisfacente devo annoiarmi per bene e per annoiarmi per bene devo immergermi nella vita.