domenica 28 gennaio 2018

Il ritorno di Achille, di Luisa Mattia

Quando alla vecchia scuola media si leggeva per intero, o quasi, l'Iliade, chi non è stato affascinato dalla figura di Achille, forte, bellissimo, quasi divino? Ora è raro che il poema omerico venga affrontato per intero a scuola e le traduzioni classiche o letterarie risultano difficili per le ragazzine e i ragazzini abituati a letture svelte, veloci, nonché a un linguaggio secco ed essenziale. E' importante, allora, che esista questo libro, in cui Luisa Mattia racconta, come un romanzo, l'epica di Achille e la storia di Akel, il suo figlioletto. "Mi è capitato di scoprire che esisteva un piccolo poema che raccontava di come la dea Teti, madre di Achille, non volle rassegnarsi alla morte del figlio e invocò Zeus affinché lo facesse tornare alla vita. E il re degli dei la accontentò... - scrive l'autrice nella Nota conclusiva - Come potevo resistere alla voglia di raccontare?"
Il romanzo inizia con un sogno di Akel, il figlio di Achille, che vive a Skyros con il nonno e la mamma Deidamia. Il bambino sogna grandi imprese: sconfiggere mostri, sgominare malvagi, trionfare di forza, coraggio e intelligenza sono le fantasie costanti dei suoi giorni. Tuttavia un pensiero lo rattrista: perché suo padre non torna? Sarà vero ciò che la mamma e il nonno raccontano di lui descrivendolo come eroe di rara bellezza e di grande valore? O sarà vero ciò che si mormora in città  e ciò che il perfido Aris gli sibila in faccia con cattiveria: tu sei un bastardo!
Un giorno Achille il grande arriva, su una maestosa nave; sta radunando guerrieri per superare l'impasse dei Greci attorno a Troia. Achille non sa che cosa significhi avere un figlio e Akel è stupefatto e affascinato insieme dalla parola che gli sale alle labbra e che finalmente è indirizzata a un essere umano in carne e ossa, non a una sua fantasia: padre. Achille però si fermerà solo pochi giorni che, tuttavia, saranno fondamentali per la formazione del piccolo Akel, anche se una mancata promessa e la partenza furtiva dell'eroe causeranno una profonda delusione al ragazzino. Dopo aver giurato di non credere mai più agli adulti, Akel si impegna per diventare un guerriero forte e indomito, come suo padre, forse di più. Lo ritroveremo dieci anni dopo nascosto nel cavallo di legno che espugnerà Troia, insieme ai più forti e nobili guerrieri greci. Ma Akel, a quel punto, sarà cresciuto non solo di muscoli, ma anche di mente e sentimento: il giorno della vittoria, contempla il trionfo e insieme piange i morti, i troppi morti di quella guerra; i morti tra i vinti e i morti tra i vincitori. Lo invade la nostalgia di casa, della sua isola, di Atina che giocava con lui bambina: "Ora che conosceva la guerra, era il tempo di imparare la pace".

Luisa Mattia, Il ritorno di Achille, Illustrazioni di Rita Petruccioli, Piemme, 2017

martedì 23 gennaio 2018

Campo dei Fiori, di Massimo Bucciantini

 
Questo interessantissimo saggio svela o, meglio, riporta alla memoria la biografia di una statua, biografia tormentata e controversa, entusiastica e libera insieme. "L'erezione a Roma, capitale d'Italia, di una statua a un eretico, a un acerrimo nemico della Chiesa, diventò un gesto di sfida [...] Si trattò di una vera e propria battaglia laica e anticlericale: una delle poche combattute nel nostro Paese, che credo sia giusto non dimenticare" (pag. XX).
E' difficile dire, afferma Bucciantini, quanto di queste vicende di fine Ottocento possa interessare oggi, quando transitiamo in fretta attraverso, vie, piazze, larghi e giardini e prestiamo poca o nessuna attenzione alle statue, ai cippi, alle lapidi che vi sono poste.
Nel 1876 Adriano Colocci e Alfredo Comandini, studenti all'Università La Sapienza, danno vita al Comitato universitario internazionale per il monumento a Giordano Bruno, con l'entusiasmo tipico dei giovani che credono che l'affermazione di una cosa giusta equivalga pressoché a renderla concreta nei fatti e a raggiungerla. L'impresa degli studenti coinvolse molti, soprattutto fuori dall'Università romana, poco favorevole alle idee liberali, e ampie discussioni si svolsero nelle trattorie, prima di tutte quella del Melone e nei caffè accanto al Teatro Valle. Se ufficialmente l'idea del monumento a Bruno venne attribuita in tutto a Pietro Cossa, molto amato dal popolo romano, essa era in realtà figlia di Armand Lévy, repubblicano francese che dedicò la vita alla liberazione dei popoli oppressi e conobbe Mazzini e Garibaldi, Benedetto Cairoli e Felice Cavallotti. A favore del monumento al Nolano fu lanciata una sottoscrizione universitaria internazionale e giunsero aiuti economici da tutta la penisola, da Sondrio a Bergamo, da Milano a Lecce, a Trapani; perfino da Montevideo.
Dinnanzi a questo plebiscito geograficamente diffuso, però, l'amministrazione comunale della Città di Roma, legata al Vaticano, adottò dapprima la politica del silenzio e del rinvio (armi dei pavidi), ma successivamente si pronunciò in modo deciso contro l'ubicazione del monumento a Campo dei Fiori: per motivi urbanistici, si affermò, la piazza non era adatta a nessun tipo di monumento (8 marzo 1880). Fino al 1884 la situazione politica della capitale fu avversa ad ogni idea liberale e l'idea del monumento venne accantonata. Poi la sfida riprese, dal Circolo del Rione di ponte Sant'Angelo venne rilanciata in toto la sottoscrizione iniziata dagli studenti del '76, "per un monumento a Giordano Bruno in Campo dei Fiori". E l'anno successivo fu lanciata una nuova sottoscrizione, internazionale anch'essa. 
Ci sarebbero voluti altri quattro anni prima che il monumento, affidato allo scultore Ettore Ferrari, potesse essere completato. E finalmente il 9 giugno del 1889, una folla, proveniente da ogni parte d'Italia poté partecipare all'inaugurazione non tanto di una statua, ma di un simbolo, elevato quant'altri mai, della libertà di pensiero e di coscienza, posto proprio nella medesima piazza in cui l'eretico martire era stato bruciato vivo il 17 febbraio dell'anno 1600, in pieno Giubileo. Un lungo corteo si snodò da Termini a Campo dei Fiori, una folla immensa partecipò ordinata e commossa alla festa per l'inaugurazione del monumento: "un'onda di popolo che dilaga, calma e solenne", scrisse il Messaggero, "lo spettacolo è superiore a qualsiasi speranza, a qualsiasi aspettativa, a qualsiasi immaginazione, è addirittura sublime". 
Da allora il 17 febbraio è divenuto per molti il giorno in cui si commemora "una vittima dell'intolleranza, l'assertore del diritto dell'uomo di credere a ciò che pensa, non di pensare per forza quello che altri vuole che egli creda" (Luigi Firpo).

Massimo Bucciantini, Campo dei Fiori. Storia di un monumento maledetto, Einaudi 2015.

sabato 6 gennaio 2018

Rima Befana, di Eleonora Bellini

Vengo vengo da lontano
con la scopa stretta in mano,
con la scopa che è un cavallo,
nastro rosso, nastro giallo.
La Befana sono sono
porto sempre qualche dono.

Gonna lunga scialle lana
sono sono la Befana.

Nelle calze ben appese
metto un sacco di sorprese,
tanti piccoli e bei doni,
fichi e noci con torroni,
caramelle, mandarini,
bambolette, aeroplanini.

Scarpe grosse scialle lana
sono sono la Befana.

Il sei gennaio a notte fonda
faccio faccio la mia ronda,
sonno sonno è assai profondo
se volteggio sopra il mondo.

Spunta il sole della festa
e io sparisco, lesta lesta.

Luna luna scialle lana
vola in alto la Befana
a incontrare la cometa.

Luna luna scialle seta
cielo notte, nubi panna
la Befana fa la nanna.