Il breve
saggio, che contiene il testo della prolusione tenuta dall'autore al
Premio di poesia e traduzione poetica "Achille Marazza"
1996, esordisce con Alessandro Manzoni il quale, nel corso delle sue
lunghe e approfondite riflessioni sulla lingua, si interrogò
ripetutamente "sull'impossibilità della parola dialettale di
sollevarsi oltre l'orizzonte circoscritto del particolare".
Eppure, ricorda Ferrero, nello stesso periodo Carlo Cattaneo
difendeva la letteratura milanese che intendeva non come espressione
legata alla "glorìola municipale", ma come esempio di
partecipazione alla realtà e alle sue variegate espressioni. E
Gianfranco Contini, oltre un secolo dopo, avvalorerà questa seconda
tesi, notando che "L'italiana è sostanzialmente l'unica grande
letteratura nazionale la cui produzione dialettale faccia
visceralmente, inscindibilmente corpo col restante patrimonio".
Dopo il riferimento ai tre grandi, l'autore prosegue citando esempi
di evoluzione della poesia in dialetto dal Settecento fino al
Novecento che vide nascere testi di chiara originalità e di
esemplare sostanza: da Pasolini a Loi, da Baldini a Scataglini, a
Guerra, a Bertolani, a Pierro. Forse, osserva Ferrero, "cacciata
dalle pianure del miracolo economico o del villaggio globale, la
poesia si rifugia sulle colline e sulle montagne di una sua
guerriglia non solo letteraria, ma anche civile, confidando in tempi
migliori".
La poesia
dialettale ha probabilmente pochi lettori, ma ottimi, risponde
Ferrero a chi gli chiede quanti possano essere i lettori di poesia e
tanto più in dialetto. I poeti dialettali, osserva infatti, hanno
goduto negli ultimi decenni del Novecento di attenzioni eccezionali
da parte di critici come Contini, Isella, Segre, Mengaldo, Folena,
Corti, Brevini. E proprio con una citazione di Brevini Ferrero
conclude: - "testimoniare la differenza, custodire l'altro".
Ecco il senso profondo della poesia in dialetto -.
Ernesto
Ferrero, che ci ha lasciato pochi giorni fa, è stato membro della
giuria del Premio Marazza dal 1996 al 2009. Con l’intento di
avvicinare la poesia alle più giovani generazioni, nel 2000, proprio
a seguito di un suo suggerimento, venne istituita una sezione di
traduzione dedicata agli studenti delle scuole medie superiori e agli
universitari della Province di Novara, Biella, Vercelli e Verbano
Cusio Ossola. Le prove di traduzione da lingue antiche e moderne,
scelte in collaborazione con i docenti dell'Università del Piemonte
Orientale si tenevano presso la Fondazione Marazza. Sempre per
i Quaderni del Premio
Marazza, Ferrero scrisse "Il
poeta è come l'ape", in ricordo e memoria di Giorgio Calcagno,
giornalista e poeta di rare umanità e finezza, anch'egli componente
della giuria (2006).
Ernesto Ferrero, I dialetti dall'archeologia del ricordi alle nuove frontiere letterarie, Fondazione Achille Marazza 1996, a cura di Eleonora Bellini