lunedì 10 ottobre 2016

Suite francese, di Irène Némirovsky

Soltanto nel 1992 Denise Epstein, figlia di Irène Nemirovsky, trova il coraggio di trascrivere per la pubblicazione il testo che sua madre aveva vergato su un grosso quaderno mentre erano rifugiate in un villaggio della Borgogna tra il 1941 e il 1942. Nata a Kiev nel 1903 Irène è figlia di un ricco banchiere di Odessa. La mamma è dedita alle feste e alla vita mondana più che alla famiglia e la piccola, allevata da due bambinaie, una francese e l'altra inglese, cresce trilingue. La famiglia riesce a sfcampare ai pogrom contro gli ebrei che sconvolsero la capitale ucraina nel 1905 e nel 1912. Trasferitisi nel 1914 a San Pietroburgo, i Némirovsky fuggono nel 1918 dalla Russia rivoluzionaria dei Soviet. Dopo un breve soggiorno in Finlandia e in Svezia, si stabiliscono a Parigi nel 1919. E' in francese che Irene scrive, esordendo a soli 18 anni. Nel 1929 il suo romanzo David Golder, storia di un finanziere ebreo, conosce un grande successo editoriale, tanto che nel 1931 ne viene curata anche una trasposizione cinematografica. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Irène con il marito e le figlie Denise ed Elisabeth si trasferisce a Issy-l'Évêque. Qui, l'anno seguente, la famiglia si converte al cattolicesimo nell'illusione di poter sfuggire alla persecuzione nazista. Il 13 luglio 1942 viene comunque arrestata. Muore ad Auschwitz il 19 agosto dello stesso anno. La medesima sorte tocca al marito. Le sue bambine, invece, affidate ad amici proprio la sera precedente l'arresto e poi nascoste sotto falso nome in un istituto cattolico, si salvano. 
Suite francese nell'edizione italiana è l'insieme di due romanzi. Il primo, Tempesta di giugno, racconta la fuga di gruppi diversi di persone da una Parigi cupa e tremebonda, minacciata e poi invasa dai nazisti. Gruppi diversi, che lasciano la capitale smarriti, impauriti, increduli: ci sono i Péricand che sperano di rifugiarsi presso parenti;  Conte, scrittore famoso, che parte alla volta di Vichy; i Michaud, impiegati di banca che, comandati dal direttore a Tours, non riescono a raggiungere quest'ultima città e sono costretti a rientrare nella capitale senza mezzi e senza più notizie del figlio soldato. Durante la lunga marcia a piedi così riflette Maurice Michaud, uno tra i pochi profughi a interrogarsi sul senso degli eventi e a non smarrire se stesso: "Quella gente che aveva intorno era convinta che la sorte si accanisse in modo particolare su di loro, sulla loro sciagurata generazione, mentre lui ricordava che gli esodi c'erano sempre stati in ogni tempo. Quanti uomini erano caduti su quella terra (come su tutte le terre del mondo) spargendo lacrime di sangue, fuggendo il nemico, abbandonando città in fiamme, stringendo al petto i figli: nessuno aveva mai pensato a quei morti innumerevoli condividendone il dolore..."
La seconda parte, Dolce, racconta la vita di un paese di campagna occupato. La durezza dell'occupazione tedesca qui pare a volte mitigata dal vivere fianco a fianco con l'occupante, come nel caso di Lucile, il cui marito distratto e infedele combatte lontano. La giovane donna e un ufficiale tedesco, gentile, colto e amante della musica, sperimentano una comune sensibilità che, pur fugacemente, li unisce. La storia si conclude quando, nel giugno 1941 le truppe tedesche vengono spostate sul fronte orientale e ha inizio l'invasione nazista dell'Unione Sovietica: "Gli uomini cominciarono a cantare, un canto grave e lento che si perdeva nella notte. Poco dopo, sulla strada, del reggimento tedesco non restò che un po' di polvere".


I. Némirovsky, Suite francese. Prefazione e traduzione di Lanfranco Binni, Garzanti 2014