giovedì 24 dicembre 2015

La stella sul tetto, di Eleonora Bellini

L'uomo pedalava lentamente lungo le strade della città che nella notte imminente si sfollavano in fretta. Nell'aria volteggiavano fiocchi bianchi, un accenno di neve, indeciso, che svaniva nell'aria mentre la strada restava sgombra e grigia.
Sotto il tabarro l'uomo reggeva una grossa sacca con i regali e, nel risvolto della giacca, un gatto che aveva trovato smarrito appena fuori città, sulla strada del ritorno.
- E siamo già a Natale – disse l'uomo – anche questo 1926 se n'è andato -.
- Miao, sì! - rispose il gatto.
- Passano in fretta – aggiunse l'uomo.
- Miao, io ne ho già cinque, di anni – continuò il gatto.
- E io cinquanta, dieci volte più – replicò l'uomo.
Arrivarono alla casa dell'uomo. Dalla finestra al piano terreno si vedeva danzare la luce del fuoco nel camino. La bambina era in piedi davanti al tavolo del presepe, guardava attentamente le statuine e il paesaggio. Una donna dall'aspetto stanco era seduta su una poltroncina accanto al fuoco.
- Anche la bambina ha cinque anni – mormorò l'uomo.
- Miao. Entriamo, che cosa aspetti? - lo esortò il gatto.
- La bambina ha paura dei gatti – sussurrò l'uomo.
- Miao! - sussurrò anche il gatto e sgattaiolò sul tetto. Si distese al tepore delle tegole accanto al camino.
- Miao, Miao! Entra, Entra! -
L'uomo aperse piano la porta. La bambina lo guardò e non si mosse. La donna alzò piano la mano in un cenno di saluto.
- Ecco qua! – esclamò l'uomo posando la grossa sacca sul tavolo – Ecco le strenne! -
Tolse dalla sacca due manciate di noci, un torrone, tre grosse arance, un barattolo di mostarda, un grosso cacio e un sacchetto di biscotti e lunghi grissini e miele e zucchero avvolto in carta azzurra e un fiasco di vino rosso e un piccolo, sottile, parallelepipedo di carta dorata. Tutto profumava di freddo.
Tese alla bambina lo stecchetto di carta dorata:
- Assaggialo, mangia. Questo è speciale! – le disse.
- Che cosa è? - chiese la bambina.
- Cioccolato, è speciale – disse l'uomo – fallo assaggiare anche alla mamma -.
Mentre masticavano piano, l'uomo si avvicinò al fuoco, versò del vino in un pentolino, vi aggiunse un poco di zucchero e un legnetto che tolse dalla tasca.
- Perché metti un legnetto nel pentolino? – chiese la bambina.
- Non è un legnetto, è una stecca di cannella. Preparo il vin brulé. Sentirai com'è buono. Lo berremo dopo cena, prima di uscire -.
- Perché dobbiamo uscire, se è notte? - chiese la bambina.
- Perché è Natale, nasce il bambinello. Si fa festa. - rispose l'uomo.
La donna accanto al camino si strinse più stretta nello scialle.
La bambina disse: - Il cioccolato è buono -.
Il babbo le sorrise e la esortò: - Allegria, allegria, nasce il bambinello.
Versò il vin brulé fumante e lo porse alla donna:
- Bevi, che questo ti fa bene.
- Penso all'Annetta, Luigi – mormorò la donna.
Non ti preoccupare, Maria – la rassicurò l'uomo – l'Annetta è una donna, ha marito e non ha bisogno di noi -.
-  Assaggiane poco anche tu – disse poi alla bambina porgendole la tazza piccola – è dolce, ti farà bene. Non avrai freddo quando usciremo -.
Frugò poi ancora nella sacca e molto delicatamente, lentamente, sorridendo tra sé, ne tolse una bambola, una bambola con l'abito rosa, la cuffietta ornata di fiori e il volto di porcellana.
- Tieni, è tua – disse alla bambina – Allegria, che stanotte nasce il bambinello e noi andiamo a vederlo! -
La bambina prese in braccio la bambola e l'accarezzò stupita: com'era bella!
- Grazie, papà – disse – Io non voglio uscire, però, voglio restare qui con la bambola.
- Ti porterò in braccio – disse l'uomo, non ti stancherai. La bambola resterà ad aspettarti -.
Cenarono con le cose buone che il babbo aveva portato. Quando fu tardi, molto tardi:
- Andiamo - disse l'uomo – è ora.
Uscirono. La mamma avvolta nello scialle pesante, le mani chiuse nel manicotto, il capo chino, la bimba in braccio al babbo, con il naso sopra la stoffa ruvida del tabarro.
Si udì uno scricchiolio sul tetto. Era il gatto che voleva salutare l'uomo. Ma:
- Che cosa c'è che si muove sul tetto? Ho paura! - piagnucolò la bambina.
- Non è nulla, è una stella – disse il babbo mentre il gatto immobile chiudeva stretto un occhio e spalancava l'altro il più possibile.
- E' vero, papà – vedo una stellina sul nostro tetto – disse la bambina guardando in su. E sorrise.
 
 
© Eleonora Bellini, 24 dicembre 2015. Per Maria e Luigi, i nonni sconosciuti.

lunedì 21 dicembre 2015

I racconti del maresciallo, di Mario Soldati

Gigi Arnaudo, maresciallo dei Carabinieri, è in servizio in paesi e borghi diversi, tra valle padana e prealpi piemontesi. E' persona integerrima e riflessiva, il lato del suo mestiere che più gli dà piacere sta "nell'investigazione, nella ricerca, nello sforzo di capire e scoprire". Nei quindici racconti di questo libro, che ispirarono l'omonima serie televisiva la cui prima puntata venne trasmessa nel gennaio 1968, possiamo leggere storie poliziesche ambientate nel variegato quotidiano di cittadine di provincia nelle quali il maresciallo dei carabinieri, per quanto  timido e riservato sia, come è il caso di Arnaudo, è comunque personaggio in vista. Deve dunque saper dosare abilmente vita privata e amicizie, lavoro d'investigazione e cura dell'ordine pubblico.
 
 
Arnaudo incontra piccoli malfattori, talvolta pittoreschi: ladruncoli, millantatori, infedeli, truffatori. Figure che rispecchiano, non senza ironia, il mondo della provincia italiana degli anni del boom, della quale questi brevi racconti polizieschi tracciano un ritratto quanto mai realistico, non trascurandone, quando vi si manifestino, né la povertà culturale, né la meschinità: "... esistono alcuni atti umani che mi hanno fatto sempre andare in bestia e che non esito a definire criminosi, anche se, codice alla mano, non siano, forse, nemmeno punibili: non siano, insomma, vere infrazioni alla legge. Il peggiore di tutti questi atti, secondo me, è quando alcuni individui, trovandosi insieme riuniti, si divertono e godono alle spalle di un loro simile che, in quel momento, dà spettacolo della propria sofferenza". (pag. 219).
 
Mario Soldati, I racconti del maresciallo, Mondadori 1967. (Ristampati nel 2004 da Sellerio Editore)


domenica 20 dicembre 2015

Dell'aggressione a biblioteche (e bibliotecari)

Da circa otto anni sono, insieme ad altri, periodicamente (due tre volte l'anno) sottoposta a colpi di mitraglia che spietatamente martellano: le biblioteche sono istituzioni del passato, i libri sono inutili, tra un anno o poco più i libri spariranno tutti e la lettura (se resisterà) sarà solo su supporti digitali, ma ci vuol proprio un impiegato per catalogare, cioè per mettere un libro lì sullo scaffale?, i sistemi bibliotecari (le reti bibliotecarie) son cosa vecchia, le piccole biblioteche si dotino di LIM (!!!) per i ragazzini, invece di mandare in giro casse di libri, e altre amenità, che vi risparmierei, miei 25(mila) lettori, se non fosse che provengono da sede istituzionale.
 
 
"Le biblioteche sono il filo rosso posto tra civiltà e barbarie" scrisse Neil Gaiman, autore di romanzi, sceneggiature (Coraline, Stardust), fumetti: non un barbogio.
"Il luogo in cui ho saputo chi ero e chi sarei diventato: è la biblioteca municipale" ebbe ad affermare Jerzy Kosinski (L'uccello dipinto, Passi, Oltre il giardino) scrittore polacco vissuto negli States. Si è poi suicidato, ma non prima di aver visto il mondo.
"La sola cosa che avete assolutamente bisogno di conoscere è l'indirizzo di una biblioteca" affermava Albert Einstein ed era uno scienziato, non (perdonate il secondo termine, ma sto citando) "uno sfigato cultore di materie umanistiche".
"Qualunque sia il costo delle nostre biblioteche non è nulla se paragonato a quello di un popolo ignorante" affermò il giornalista e conduttore televisivo statunitense Walter Cronkite, personaggio acuto e sereno. Già, ma se non contassero su quella parte di cittadini che è incolta, supponente e arrogante, quanti amministratori di un certo tipo sarebbero eletti? mi chiedo io.
"Che cosa potremmo fare di buono senza le biblioteche?" ebbe a domandarsi Katharine Hepburn, attrice dotata di corpo e di mente, non certo una "bibliotecaria dimessa con occhiali" (cito, ma questa volta cito solo una convinzione ed un pensiero, non una voce udita").
"Scavo nelle biblioteche comunali, spesso ricolme di tesori sommersi" diceva Virginia Wolf, scrittrice acuta. Eh, nonnò Wolf! Qui  invece si dice, ammonisce, aggredisce: "Quante volte è stato letto questo libro? Due? E allora lo butti!". Qui così mitraglia la mitraglia. Fortunatamente, non essendo io gerarchicamente sottoposta alla sferza mitragliante, non lo faccio. Altrimenti, seguendo questo principio, dovrei disfarmi di tutte le Cinquecentine e dei volumi dei secoli seguenti fino a... Chi lo giudica? E come? Dobbiamo forse istituire una "dittatura temporanea per l'eliminazione del libro?". C'è già stata, ogni tanto ritorna. Finora, per fortuna, è poi fallita.
"Ho sempre immaginato che il paradiso fosse una specie di biblioteca" scrisse Borges, ma era un sognatore di poca vista e coi piedi per aria, commenterebbe la mitraglia.
"Le nazioni civili costruiscono biblioteche, i Paesi che hanno perso l'anima le chiudono" si lasciò scappare Toby Forward, creatore di Dragonborn, neanche lui un barbogio incollato al passato.
 
 
E qui torniamo alla nostra (quasi) miseranda realtà: una biblioteca ricevuta in dono (palazzo, giardini che lo circondano, isolato di altri palazzi per trarne proventi e sostenerla) costantemente sottoposta a colpi di mitraglia nel silenzio (quasi) generale: ristrutturazioni invasive e adatte più ad obitori, hangar, depositi che alla tipologia ideale per ambienti di lettura; noncuranza (esposizione e polveri, resine, rischi di furto) per i documenti e i libri, anche preziosi, che la biblioteca custodisce (della noncuranza nei confronti del personale taccio, perché "meno ce ne sono, meno costano"); vagheggiamenti per l'utilizzo alternativo degli spazi  per belle attività ("bei pranzi" cito e non vorrei dover citar ma cito); proposta di chiusura della rete bibliotecaria medio novarese, premessa della chiusura di ogni rete bibliotecaria, perché come è possibile la catalogazione on line senza un sistema coerentemente inserito in una rete regionale e nazionale?
Non è sogno, né incubo, ragazzi: è realtà. Di fronte alla realtà bisogna fare qualcosa. Che cosa? Mantenere ogni attività nell'ambito della legalità e denunciare; continuare a lavorare molto a servizio dei cittadini come da 35 anni si fa; non gettare né la spugna, né la sedia in testa alla mitraglia come verrebbe di fare; cercare di essere i migliori, senza preoccuparsi di essere capiti (d'altra parte avete mai visto un  asino mangiare un bignè o danzare sotto la luna al suono dei valzer di Chopin?); fare riferimento al proprio superiore diretto e basta: il municipio è lontano, in ogni senso.
Achille Marazza ebbe ad affermare, a un congresso sulle biblioteche italiane del primo dopoguerra (cito a memoria e un po' parafraso): "La storia ci ha donato biblioteche antiche ed illustri, ecclesiastiche o nobili aperte solo a studiosi e dotti. Ora occorrono le biblioteche per Renzo e Lucia, biblioteche decentrate, aperte a tutti, adatte alla formazione permanente, con ampio orario e personale disponibile e accogliente, con spazi dedicati a bambini e ragazzi, attente alle tradizioni locali." 
Marazza fondò dunque la Biblioteca Pubblica e Casa di Cultura che porta il suo nome. Attenendomi alla sua volontà, ai principi (modernissimi) che pose a fondamento dell'istituzione, al bene comune, all'intelligenza della ragione io lavoro.
 
 
@Eleonora Bellini

giovedì 10 dicembre 2015

Caterina e l'orso a zonzo per il mondo, di Christiane Pieper



Quale bambino non vorrebbe avere come guida e maestro un orso, un orso, grande e forte, allegro e bonario? Caterina è proprio fortunata, perché può andare a spasso per il mondo in compagnia di un grosso orso. Può seguirlo, ma, soprattutto, imitarlo. Eccoli dunque che passeggiano tra le case della città, sconfinano nei campi fino alle dune in vista del mare, corrono sul prato e strisciano nella sabbia e tante altre cose. Caterina è piccola, magra e ha due grandi orecchie. E' anche allegra, sorridente e curiosa, così che i lettori, grandi e piccoli, desiderano assomigliarle.
 
 
L'albo si presta ad essere letto ad alta voce anche ai piccolissimi e, soprattutto, ad essere animato, perché Caterina e il grosso orso a volte si rotolano, a volte saltano, altre semplicemente camminano. Poi svoltano a destra, poi a sinistra, scrutano attorno e si provano perfino a muoversi su tre e quattro gambe. Ma più di ogni altra cosa camminano a testa alta, in grande libertà, con lo sguardo rivolto ad ampi orizzonti.
 
Caterina e l'orso, a zonzo per il mondo di Christiane Pieper, Kalandraka 2015