martedì 8 marzo 2011

Il corpo-persona della donna


L'8 marzo commemora le 129 operaie della Cotton di New York, rinchiuse dal padrone in fabbrica durante uno sciopero e morte in un incendio appiccato dolosamente nel 1908. Nella nostra Repubblica fondata sul lavoro, come afferma la Costituzione in vigore che non vogliamo né dimenticare né cambiare, che significato dare alla festa della donna?


Ricordo le prime commemorazioni dell’8 marzo, anche qui in un paese assai chiuso della periferia del Nord. Ne aveva introdotto l’abitudine un’amica che aveva quasi gli anni di mia madre, da poco trasferita da Milano. Ciclostilammo qualche centinaio di copie di un minuto giornalino con la storia della Cotton ed altre notizie, relative soprattutto alla salute delle donne e delle madri e l’andammo a distribuire dinnanzi a due fabbriche di confezioni femminili che ora non esistono più. L’amica, che aveva qualche entratura, fece arrivare un camper medico per eseguire gratuitamente il pap-test, allora visita quasi sconosciuta, a chi volesse sottoporsi; riuscì a far aprire presso locali comunali il consultorio pediatrico per un paio d’ore la settimana. Insieme ad altri inaugurammo in biblioteca un corso finalizzato al conseguimento della licenza media agli adulti che non la possedevano; e vi partecipò anche qualche uomo. Era la prima metà degli anni Settanta, l’Italia aveva davvero fervore di dignità, di uguaglianza, di conoscenza se questo fervore era giunto fin qui, in un piccolo paese.

E ora, dunque, come festeggiare l’8 marzo contro la barbarie che avanza?

Difendendo la Costituzione Italiana, certo; difendendo i principi della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo; difendendo il lavoro, la cultura, la ragione. Se rifletto, però, sull'immagine di donna che i media (pubblicità, spettacolo eccetera) ci propongono, devo constatare che l'immagine femminile è molto svilita. Addirittura alle bambine si additano modelli di donna sottomessa, legata solo alla “costruzione” della propria immagine esteriore, molto omologata alla moda corrente, da sottoporre costantemente al trucco, perfino al "ritocco" chirurgico estetico. Il corpo femminile, in questi casi e contrariamente alla prima apparenza, non è affatto valorizzato (sessualità, maternità, bellezza), ma reso oggetto di scambio, fatto merce in concorrenza con altre merci. Il corpo della donna è corpo umiliato, è corpo violato. Contro queste espressioni di grande decadenza civile e morale, bisogna dunque ripartire dal corpo della donna. E bisogna abbandonare il dualismo nel quale esso viene smembrato: corpo come oggetto di conseguimento del piacere sessuale (quello che si compra, si vende, si “lavora esteticamente”); oppure corpo come sede generatrice di figli, per sé o per il coniuge (quello che si “tutela”); ed entrambi sottratti all’unità profonda e all’unicità irripetibile del corpo-persona. Lo smembramento (una versione aggiornata della “vecchia” suddivisione schizofrenica delle donne tra madri, vergini e prostitute) è opera di propaganda politica o ecclesiastica, così martellante, però, da avere assunto i connotati di una vera e propria visione del mondo anche comunemente, tra la gente.

Il corpo è ciò che noi siamo - anche le più alte facoltà razionali, artistiche, letterarie, morali sono facoltà del corpo e nel corpo, come ci ha insegnato la scienza -. Il corpo, dunque, deve ritrovare la propria libertà e la propria sacralità. Come il corpo del neonato appena uscito dall’utero, come il corpo del morto preparato per scomparire nella terra o nel fuoco, il corpo della donna (e, insieme, dell’uomo) deve essere restituito alla propria nobiltà ed alla propria bellezza in ogni età della vita. Avete notato quanto spesso, quando si riproduce il quadro di Klimt “Le tre età della donna”, si elimina la vecchia riprodotta a sinistra? E’ il sintomo di un momento storico, il nostro, votato all’apparenza, al consumo, senza distinzione tra “prodotti” manufatti dall’uomo, viventi della natura animale e vegetale, e corpi umani. Il corpo-persona della donna sede di diritti ad ogni età, il corpo-persona della donna restituito alla dignità ad ogni età, il corpo-persona della donna sede di piacere e di bellezza in sé e per sé e non il corpo artefatto da esporre, da esibire, da “valorizzare” anche economicamente e strumentalmente, è il corpo-persona in festa dell’8 marzo. Certo, questo è un obiettivo, un utopico obiettivo per donne ed uomini, non certo la realtà dei nostri giorni.
Come ci si incammina verso questo utopico obiettivo? Con l’educazione, credo, con la testimonianza, con l’onestà, con l’esercizio della ragione, che sta dentro il corpo ed è la stessa per donne ed uomini. Ci si incammina come formiche contro il possente muro del potere, del profitto e dei media loro asserviti; ma le formiche possono fare lunghissime file, scavare grandi cunicoli, intaccare ampie fondamenta. Buon 8 marzo.

Eleonora Bellini

Una lettura (della quale parleremo prossimamente): Pietro Prini, Il corpo che siamo, SEI 1991