"Little Boy si sentiva completamente perso. Non sapeva chi fosse né da dove venisse. Era con zia Emilie, che amava moltissimo. Lei lo aveva preso ancora in fasce dalla madre, che aveva già quattro figli e non poteva occuparsi di un quinto, nato pochi mesi dopo che il padre era morto d'infarto". Storia di un orfano sballottato tra famiglie francesi e americane, studente a Parigi alla Sorbona, tornato in America, fondatore di City Lights a San Francisco, poeta di successo. Un libro che inizia come un'autobiografia e poi si perde nel mare dei ricordi e nei viaggi immaginari della mente, un libro lungo cento anni di vita intensa, fatta di letteratura e di incredibili incontri. Non siamo di fronte qui a un’autobiografia né a un romanzo, ma siamo condotti a immergerci (e a perderci) in una sequela di narrazioni reali e fantastiche, a entrare non solo e non tanto nella vita di Ferlinghetti, ma di tutti i suoi libri, quelli letti e quelli della sua libreria, unica e viva. Si tratta di un libro visionario, vorticoso, seducente, confuso, da godere e da interpretare, come lo sono i sogni. La lettura non è sempre semplice per chi lo ha aperto attendendosi un'autobiografia tout court. Ma vale la pena di farsi prendere, a poco a poco, dal vortice e dal fantastico coro delle pagine.
L. Ferlinghetti, Little Boy, Edizioni Clichy 2019. Traduzione di Giada Diano.
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