Linguaggio limpido e sognante, in bilico tra utopia e malinconia, quello delle poesie di Hermann Hesse affascina e coinvolge il lettore perfino in traduzione. E incontriamo versi che riflettono un cammino etico e filosofico nei quali, se lo stile è elegante e raffinato, il linguaggio nitido, profonda e complessa emerge la ricerca di comprensione del mondo attraverso la riflessione, l'autocoscienza, l'elevazione spirituale e lo sguardo solidale. Nato Calw in Germania nel 1877 da un padre missionario pietista al quale la madre faceva da assistente, Herman ricevette un’educazione molto rigida che, nell'adolescenza, gli causò disagi psicologici non lievi finché, trasferitosi a Tubinga, dove divenne assistente libraio, trovò la libertà e, insieme, la sua strada di letterato e scrittore. Il pensiero orientale, in particolare la conoscenza e frequentazione dei pensatori indiani e cinesi, influenzò profondamente la sua opera, così come il pacifismo e la solidarietà nei confronti degli oppressi. Nel 1946 Hesse fu insignito del Premio Goethe e del Premio Nobel, riconoscimenti ai quali fece seguito nel 1955 il Premio della Pace. Negli anni Sessanta, poi, la sua critica all'economia capitalista, unita alla rivendicazione della pace universale, fece molta presa sui giovani contestatori americani ed europei che si opponevano alla guerra del Vietnam. E' curioso notare ciò che un passo di Hesse, presente in una lettera da lui indirizzata al dottor Jordan nel 1932, faceva notare a proposito delle sue opere in prosa, distinguendole da quelle in poesia:
"Di fronte a queste manifestazioni legate al momento e piuttosto occasionali (le prose giornalistiche, d'occasione ma non solo) stanno altre mie opere, soprattutto le mie poesie, in cui è lasciato gran posto alla tragica problematicità dell’essere umano, ma è anche espressa una fede […] fede non in un senso […] che si possa formulare dogmaticamente una volta per tutte, ma nella possibilità che ha ogni anima di afferrare per via di intuizione tale senso e di liberarsi e di elevarsi al suo servizio".
In questa raccolta di poesie, tradotte e introdotte da Ervino Pocar, acuto germanista e traduttore, e uscita a Milano per le edizioni de L'insegna del pesce d'oro nel 1965, possiamo leggere ventidue liriche di Hesse, con testo a fronte. Riportiamo qui quella che conclude il piccolo, prezioso, libro.
Gli ultimi versiIrto di schegge, un ramo scavezzato
da gran tempo già pende
(secco scricchiola al vento il suo canto)
senza foglie, scortecciato,
nudo, grigio e di troppo lunga vita,
di troppo lunga morte stanco. Canta
tenace, duro,
canta in segreto,
ostinato, inquieto,
per un'estate ancora,
per un inverno ancora.
Hermann Hesse, Poesie, traduzione di Ervino Pocar, All'insegna del pesce d'oro 1965.
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