Domani è il titolo di un giornale che, prima o poi, forse uscirà. Lo finanzia il commendator Vimercati, personaggio fuori scena, il cui intento è quello di "entrare nel salotto buono della finanza, delle banche e magari dei grandi giornali". La redazione è composta da persone, dotate di qualche piccola esperienza giornalistica, che interpretano questa occasione come la possibilità di intraprendere una sicura carriera. Spiccano tra tutti Colonna, cinquantenne di una certa cultura e bravo traduttore dal tedesco, barcamenatosi sino ad allora tra "mestieri culturali" diversi, intrapresi solo per sbarcare il lunario, e Maria Fresa, giovane e coltissima laureanda. Tra i due inizia un'intesa che potrebbe presto trasformarsi in amore.
Domani è il "quotidiano del giorno dopo", il suo obiettivo sarà non tanto quello di dare le notizie, ma quello, a seconda dei casi, di "interpretarle" o addirittura di "distrarre" il lettore da esse: una grave notizia di corruzione politica, o di inquinamento ambientale, verrà messa in ombra da pagine e titoloni su un comune fatto di cronaca nera; la gravità di un'indagine della magistratura verrà incrinata dal dileggio sull'abbigliamento o le abitudini alimentari del magistrato che l'ha avviata. Si tratta, insomma, di quella "macchina del fango" alla quale certo giornalismo servo e servile ci hanno - nostro malgrado o nostra colpa? - da tempo abituato. Ma la vicenda narrata in questo romanzo si svolge nel 1992 e con l'occhio e la mente di quegli anni i protagonisti commentano tutte le violenze, le corruzioni e gli scandali che contraddistinsero la storia italiana fin dal 1945. Ci sono Gladio e la P2, il tentativo del colpo di stato di Junio Valerio Borghese e la strage di piazza Fontana. E c'è la surreale storia di un presunto sosia di Mussolini, scovato da un redattore-detective allucinato, ma forse anche acuto. Complotti reali e complotti immaginati si susseguono, mentre l'orizzonte del cittadino si offusca.
La conclusione è amara e semplice: "Niente può turbarci, in questo Paese. [...] gli Stati Uniti, i servizi segreti di mezza Europa, il nostro governo, i giornali ci hanno mentito, [ma ...] l'unico problema per il buon cittadino è non pagare le tasse". E ancora: "ci stiamo abituando a perdere il senso della vergogna: [...] corruzione autorizzata, il mafioso ufficialmente in parlamento, l'evasore al governo, e in galera solo i ladri di pollame albanesi. Le persone perbene continueranno a votare i furfanti".
Un romanzo storico, chiaro e diretto, che, diversamente da altri dell'autore, si legge in fretta mentre ci riporta alla memoria fatti dimenticati, quasi sepolti. Se Umberto Eco in questo suo libro è stato così "semplice e diretto" significa, a mio parere, che il momento è grave. E arriva un messaggio in bottiglia, da raccogliere e da comprendere.
Umberto Eco, Numero zero, Bompiani 2015
© Eleonora Bellini
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