Seduto ad un caffè
sotto i giardini di Lucullovedevo il cadavere del getto
e il volubile giuoco
della benefica acqua
sussistere non meno della pietra
o della scultura marmorea
come forma perpetua
e tuttavia come oggi
transitoria. Filobus con antenne
appese in alto ai fili
e balbettanti lambrette
ruotavano attorno all’obelisco
geroglifico della piazza;
estatico sotto un colonnato
un turista consultava una guida;
l’effimera città sorrideva.
Oltre il confine
adunavano l’Apocalisse.
Il giardino settecentesco
sul Palatino
studiatamente disordinato
copriva d’elegante mestizia
cipressi, colonne di pini,
i palazzi Cesarei
e le grandiose rovine.
Calmo sul Campidoglio
Aurelio stendeva un braccio
su uno stallone imbrigliato
sopra i tetti di Roma
benedicendo l’idea romana.
Oltre il confine
preparavano l’Apocalisse.
Io osservavo il giuoco del getto
e la fuggente acqua
sopravvivere non meno della pietra;
effimera successione
includere forma eterna.
(Roma, settembre 1961)
MARZO A FIESOLE
ripenso a ciò che solevo guardare
da Fiesole dodici anni fa.
Il paesaggio è mutato, come lo sono io;
era la stessa, là in basso, la città?
Non essendo contemporaneo
di queste ville, o di quel viale
dove balena impetuoso il traffico
sono sopravvissuto a un decennio
che, in realtà, non abito
ma visito come un solido fantasma.
Sulla terrazza il sole di marzo
e bianco ghiaccio trema nella fontana.Poggia una mano calda sulle bandiere,
tutto è calmo; ma io sento ciò che infuria,
l’intelletto in guerra contro la natura,
per mettere ordine nel suo disordine.
Una Firenze-fenice si liscia le penne
del petto: perché quella cupola morta
e quella torre che svetta
irreali splendori contrassegnano
e nelle folli statue della piazza
è la retorica dello spirito umano:
l’illusione di ciò che perisce.
A quella retorica io contrappongo questa,
rendendomi conto, una calma mattina
di primavera, che né l’una né l’altra
sono del tutto serie; né quella gaia mente,
guida il cui splendido spirito
giace sepolto tra i Medici.
Quando, ieri, ho veduto la sua tomba
ho cominciato a capire il sorriso
dietro la pietra dolente
che una mano barocca ha scolpito:
la distaccata ironica boria
dell’arte e della creazione
che, liberando dal nulla
l’autoritario “io sono”,
strappa dal buio la sua idea per porla
all’effimera luce del giorno.
Tali forme distinguono lo spirito opulento.
E le idi di marzo cadono qui dolcemente.
(1962)
Traduzione di Ariodante Marianni
Nota del traduttore: “Nato nel1920 a Johannesburg, educato
a Oxford, Wright vive a Londra. Direttore della rivista di letteratura e arte X;
autore di due raccolte di versi: Moral stories e Monologue of a Daef Man”.
Nota del traduttore: “Nato nel
Da “L’Europa Letteraria” n. 19, febbraio 1963, pp. 77-79.
Nota su “L’Europa Letteraria”
Rivista bimestrale,
“L’Europa Letteraria” fu pubblicata a Roma tra il 1960 e il 1965. Primi direttori
furono i suoi fondatori, Giancarlo Vigorelli e Domenico Javarone; a metà dell’anno
1963 si affiancò loro Davide Lajolo. Progetto del periodico era quello di
superare la separatezza fra le due Europe, corrispondenti, in quegli anni di
guerra fredda, ai due blocchi occidentale ed orientale. Accanto ad autori
italiani (tra gli altri Barilli, Ungaretti, Levi,
Luzi, Pratolini, Bertolucci, Sinisgalli) vennero dunque pubblicati poeti e
scrittori stranieri (Hesse, Zelinskij, Frisch, Evtušcenko, Mendes e altri), coerentemente
con il progetto editoriale e secondo la convinzione, espressa da Vigorelli, che
gli intellettuali “proprio perché strutturalmente sono fatti per l'unità, non
hanno mai paura delle divisioni e dei dissensi, né si perdono tra ideologie
opposte”. Nel 1965 si inaugurò la nuova serie e la testata divenne
"L'Europa letteraria, artistica e cinematografica", ma, proprio in
quello stesso anno, cessarono le pubblicazioni. Traduzioni poetiche di Ariodante
Marianni sono presenti, oltre che nel fascicolo n. 19, nel n. 20/21; i poeti
tradotti in quest’ultimo sono John Lehmann e Malcom Lowry.
(Eleonora Bellini)
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