mercoledì 23 luglio 2025

Il pendio dei noci, di Gianni Oliva

"La ragazza bambina moriva in segreto com'era vissuta, e forse nessuno si sarebbe ricordato che era esistita. E Giuliano nasceva così, tra le margherite e le stelle in una notte di luna, mentre sua madre lo lasciava da solo". Era il 1880, in un paese tra i monti piemontesi, Coazze. Un bambino nasceva e la sua giovanissima madre, giunta lassù con una carovana di girovaghi, moriva mettendolo al mondo. Don Fornasio, il parroco, il giorno seguente se li trovò davanti di prima mattina e celebrò insieme un battesimo e un funerale. Pensò che per quel bambino ci voleva un nome speciale, illustre, diverso da quelli comuni tra i montanari, perché quel bambino era speciale, era un dono del cielo. Giuliano, nome illustre a Roma antica, lontana reminiscenza scolastica, gli sembrò adatto. Il bambino crebbe per una decina d'anni con una famiglia del luogo a cui il parroco lo aveva affidato, poi venne avviato agli studi in seminario. Li seguì fino a tutto il ginnasio, quindi tornò in paese, a vivere nella canonica, dove c'era l'unica persona che gli voleva bene a questo mondo, e a lavorare duro. Don Fornasio, con rispettoso amore per la volontà del ragazzo, ne fu deluso, ma accettò che egli fosse diverso da lui e che la vita religiosa non fosse la sua strada. L'incontro con Maddalena, la ragazza più bella e più indipendente del paese e l'amore ricambiato aprirono al ragazzo inattesi spiragli di luce. E sarebbe stato un amore felice, se l'invidia e il bullismo di alcuni giovani del paese non fosssero intervenuti, spingendo gli eventi alla tragedia. Giuliano dovette fuggire e lo fece con la benedizione del parroco. Passato il confine, in Francia si arruolò nella legione straniera.

Lo ritroviamo tanti anni dopo, nella primavera del 1918, sul Carso dove imperversa la guerra di trincea, impetosa e tremenda. Si chiama ora Julien Vertu, il nostro Giuliano, che porta con coraggio il suo nome di legionario ed è sergente dell'esercito francese in appoggio agli italiani. Lì, sull’ultima linea di difesa italiana dopo Caporetto, i ragazzi in trincea sanno a malapena imbracciare un fucile. Vengono da piccoli paesi tranquilli, parlano il dialetto, qualcuno ha già la fidanzata. Si chiamano Gildo e Valdo, "che insieme non fanno trentasei anni", o Domenico e parlano con l'accento di Coazze. Ammirano Julien e lui inizia a provare per loro sentimenti di premura, di protezione, quasi di affetto. Quei ragazzi lo riportano al passato che aveva invano cercato di cancellare, la memoria di antichi affetti ritorna, il cinismo, la scorza con cui si era difeso durante l'esperienza crudele della legione, si dissipa a poco a poco. Se la guerra finisse, forse qualche sprazzo di felicità sarebbe ancora possibile, osa perfino immaginare Julien. Ma la guerra non perdona e falcia noncurante anche la migliore gioventù.

Gianni Oliva, storico di lunga esperienza e autore di numerosi e fortunati saggi, pubblica ora questo romanzo avvincente per l'ambientazione storica e anche per la descrizione e lo scavo psicologico dei principali protagonisti, dal parroco a Giuliano il trovatello, da Maddalena al giovanissimo Valdo percosso e traumatizzato dalla trincea, dagli spari, dall'inesperienza nell'uso delle armi. Il romanzo, ha sostenuto Oliva in una recente intervista spiegando questa sua inedita scelta di genere narrativo, ha un pubblico più ampio del saggio e, in più, "un saggio non spiega che cosa si prova veramente a combattere". Il romanzo, invece, può narrare tutta "l'ordinaria follia di guerra". 

Gianni Oliva, Il pendio dei noci, Mondadori 2024

Nessun commento: