- Nell'angolo più soleggiato di un vecchio cortile di periferia c'era una volta un albero. Era speciale perché sapeva fare tante cose. Faceva ombra ai gatti, ai vecchietti e ai bambini come tutti gli alberi. Ospitava i nidi degli uccelli come molti alberi. Componeva musiche e canzoni come solo pochi alberi sanno fare. Accarezzava le nuvole dell'alba e vegliava quelle del tramonto come quasi nessun albero sa fare. Regalava ogni giorno al vento una foglia, una foglia che, se la posavi sull'orecchio, cantava e narrava storie come una conchiglia di mare, come nessun albero (che io sappia) sa fare. Tutto, però, con intelligenza e amore si può imparare, quindi può darsi che un giorno anche altri alberi imparino a cantare e narrare storie belle come quelle delle conchiglie salate di mare.
Sedevano all'ombra di quell'albero, sui loro panchetti pieghevoli, nonne e nonni e altre vecchiette e vecchietti che nonni non erano ma sapevano pur sempre apprezzare il fresco della sua chioma verde e le voci dei bambini che giocavano a palla lì vicino fino a quando, stanchi e accaldati, si buttavano a terra sopra l'erba sottile che circondava il tronco e copriva le radici. Tra i rami cantavano tanti piccoli uccelli di città, quelli che non hanno mai visto e mai vedranno le foreste, ma sanno riconoscere le fronde fresche e ospitali e amano costruirvi i loro nidi. Lungo il tronco si arrampicavano bruchi grassocci e qua e là stillava resina profumata. Grazie all'albero quel cortile era meno squallido e meno triste. Grazie all'albero erano sereni grandi, piccini e uccellini.
Ma un brutto giorno (uno o più brutti giorni ci sono in ogni storia vera) si affacciarono al cortile quattro ceffi, anzi, per meglio dire, due brutte ceffe e due brutti ceffi, ciascuno brutto per la sua parte e anche un po' di più. Si chiamavano Belasia, Crotasia, Gelasio e Nucasio.
Disse Gelasio: - Che fa quell'albero?-
- Fa ombra!- risposero gli altri in coro
- E noi vogliamo l'ombra? -
- No, noi non vogliamo ombra! Abbattiamolo! -
A nulla valsero le proteste delle vecchiette e dei vecchietti, né il pianto dei bambini, né gli strepiti e gli svolazzi preoccupati degli uccellini senza bacche e senza nido. In quattro e quattr'otto, con foga e senza indugio, Belasia, Crotasia, Gelasio e Nucasio abbatterono l'albero. Ne bruciarono poi tutti rami e tutte le foglie in modo che non ne restasse nemmeno un sottile frammento. Estirparono perfino il ceppo robusto, ben saldo sotto terra, dal quale forse sarebbe potuto rinascere qualche tenero e verde pollone. Quando ebbero tutto bruciato e arso, gettarono la cenere nel primo tombino e sedettero gongolanti nella polvere, là dove prima l'albero viveva.
- Finalmente!- esclamarono all'unisono.
Ma perché, vi chiederete voi, grandi e piccini che leggete, un comportamento così irrazionale e distruttivo?
La risposta è facile, come la morale della storia: anche l'ombra innocente, buona e generosa dà fastidio (fa ombra) a chi sopra e dentro la testa non ha nulla, né berretto, né capello, né idea, né pensiero o pensierino. E, allora, distruggendo, della desolazione che ha dentro anche fuori si circonda.
(C) Eleonora Bellini. Riproduzione non consentita.
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