lunedì 18 giugno 2018

Le ricette della signora Tokue, di Durian Sukegawa

Fino al 1996 la legge giapponese costrinse chi era stato contagiato dal morbo di Hansen, la lebbra, a vivere segregato. Fin dal 1907, le autorità giapponesi decisero che i lebbrosi non dovessero  circolare liberi e che li si dovesse allontanare sia dai luoghi pubblici che privati, dai templi e dalle strade ma anche dalle famiglie e dalla vista dei sani. Fu creata una rete di sanatori nei quali i malati furono costretti a risiedere per legge, dimenticati dal resto del mondo. Questa prima normativa, che tramutava una malattia in colpa e i malati in colpevoli, fu ribadita nel 1931 e nel 1953. Nel 1959 venne isolata la rifampicina, un antibiotico dagli effetti prodigiosi per debellare, oltre ad altre gravi malattie, anche la lebbra, patologia non ereditaria. I malati giapponesi, però, restarono rinchiusi, muti e invisibili, per altri trentacinque anni. La signora Tokue, protagonista di questo romanzo e del film omonimo, sa preparare deliziosi dorayaki, dolcetti di pan di spagna e confettura di fagioli azuki e la sua arte risolleva le sorti del negozio di Sentaro, che, di malavoglia, lavora in una piccola pasticceria della periferia di Tokyo. Minuta e anziana, abile malgrado le sue mani deformi, dolce e paziente, la signora Tokue conquista il rude Sentaro e le studentesse che frequentano il negozietto. Ma tutto cambia, e in peggio, quando viene alla luce il segreto di Tokue, che deve lasciare il lavoro e tornare al sanatorio. La paura di contrarre una malattia antica, sempre vissuta come maledizione, il pregiudizio e l’ostracismo sociale non piegano la donna, che ha imparato, nei lunghi anni di reclusione ad ascoltare e riflettere, a sentirsi sempre e comunque in relazione con altri viventi e perfino a volgere la sfortuna in qualcosa di positivo. "La notte, basta prestare ascolto al mormorio delle stelle per sentire lo scorrere eterno del tempo. Noi siamo nati per guardare e ascoltare il mondo. E il mondo non desidera altro. Perciò, anche se non potevo diventare insegnante o lavorare, il mio essere venuta al mondo aveva un senso".
 Durian Sukegawa, Le ricette della signora Tokue, Einaudi 2018, traduzione di Laura Testaverde.

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