Chi tra i cittadini influisce maggiormente sulla storia? I pochi, gli oligarchi, o le masse? Luciano Canfora, con il consueto acume, indaga qui il passato, discriminando tra fatti e leggende, documenti e invenzioni, perché, come recita il sottotitolo del saggio "il passato ci chiarisce le idee". La questione fondamentale è quella della definizione di ciò che deve intendersi come oligarchia e come democrazia. A proposito delle oligarchie, l'analisi di Canfora esamina le loro caratteristiche, a partire da quelle della Grecia antica fino al fenomeno del rapporto delle oligarchie capitalistiche con il nazismo e il fascismo.
L'uso politico della storia, come è noto, ha fatto sì che spesso acuni eventi siano stati enfatizzati in modo funzionale ai detentori del potere politico di una data epoca, altri eventi occultati o deformati. "La posta in gioco di ogni discussione ... è molto alta. Si tratta o di arrendersi di fronte all'ondata che declassa la storiografia a mero racconto possibile, non molto distinguibile - tranne che per essere meno attraente - da qualunque narrazione che sia frutto di fantasia artistica, ovvero di fare quadrato intorno alla discriminante, comunque, della ricerca della verità, anche quando questa sia una verità parziale".
Un altro tema importante del libro è quello del concetto e del "valore" del termine democrazia, intesa talvolta semplicisticamente come pura maggioranza: "La maggioranza non ha necessariamente ragione. Anche se costituisce (o dovrebbe costituire) uno strumento del convivere civile, il principio di maggioranza - come bene spiegò Edoado Ruffini in un prezioso libretto ristampato da Adelphi negli anni Settanta, Il principio maggioritario - non ha alcun fondamento né logico, né razionale". E più avanti: "insufficienza della mera identificazione tra democrazia e maggior numero, a prescindere da qualunque contenuto". I contenuti contano, così come contano (o contarono) le ideologie, cioè i convincimenti, gli ideali: lo svuotamento delle ideologie ha prodotto nell'ultimo ventennio la convinzione nei semplici che la politica sia una società senza regole nella quale a ciascuno è consentito, meglio che può, farsi i propri affari.
Incontriamo in queste pagine personaggi studiati a scuola che ora possiamo riconsiderare sotto una nuova, più lucida e matura, prospettiva: Giulio Cesare, Seneca, Pericle, Tucidide, Erodoto, Alessandro, gli Scipioni e poi Dante, Machiavelli, Mazzini, Croce. Una breve capitolo è dedicato anche a Ipazia, la cui storia fu oggetto di una clamorosa (e ancora viva) falsificazione storica in campo cattolico. La filosofa alessandrina fu massacrata e torturata, su istigazione del vescovo Cirillo poi santificato, da un gruppo di monaci invasati ("ma non erano neppure uomini poiché conducevano vita da porci", scrisse Eunapio di Sardi), obbedienti alla medesima intolleranza che condusse i cristiani a distruggere a biblioteca di Alessandria, scrigno di tesori della cultura antica e perciò loro invisa: "La battaglia intorno ai libri nella quale si erano illustrate le bande al servizio di Teofilo, zio e predecessore nonché mentore di Cirillo, non ha nulla da invidiare alle gesta delle orde di Pol Pot": il passato remotissimo fa luce ancora una volta sul passato recentissimo.
Luciano Canfora, Il presente come storia, Rizzoli 2014
Nessun commento:
Posta un commento