Europa 1992, tra Italia e Jugoslavia. L'ingegner Alija Salahovic vive a Mostar, martoriata da più di un anno dalla guerra fomentata dai più oscuri nazionalismi interni e dalle potenze esterne. Musulmano, Alija, spera che il conflitto possa terminare presto senza conseguenze per lui, la sua compagna e il bebé che attendono. Tuttavia, quando la sua casa crolla tra le fiamme, decide di cercare un luogo in cui mettersi in salvo, come gli consiglia un amico bosniaco che, in modo molto deciso, gli suggerisce di fuggire, senza indugio. La sua scelta cade sull'Italia, un Paese che conosce poco ma in cui ha la fortuna di incontrare, in un paesetto del medio novarese, Patrizia e Giuseppe, persone sulle quali può contare, "amici veri". La loro casa si apre per Alija, per sua moglie Mila e per la piccola Nila di pochi mesi. Nel libro si narra la convivenza affettuosa delle due famiglie, la scoperta reciproca di tradizioni, usanze, cibi prima ignoti e poi apprezzati a fondo. Ma si parla anche di guerra, della prima implacabile carneficina nel cuore dell'Europa dopo la seconda guerra mondiale, della rinascita dei nazionalismi più ciechi e oscuri. Spiega Alija agli amici italiani che le sei repubbliche di Slovenia, Macedonia, Montenegro, Serbia, Bosnia e Croazia e le due province autonome del Kosovo e della Vojvodina, grazie alla leadership di Tito "un leader forte e carismatico, che voleva restare indipendente dall'URSS" vivevano unite e compatte in un Paese, la Jugoslavia, in cui la situazione economica era buona e il prestigio all'estero lo era altrettanto. Ma, dopo la morte di Tito, pessimi presidenti, come il serbo Milosevic e il croato Tudman, minarono alla base la politica unitaria e soffiarono sul fuoco del nazionalismo. Scoppiò una guerra atroce, che molti tra noi ricordano, e che forse a popoli e governanti distratti non ha insegnato abbastanza. Scrive Carla Carlino nell'introduzione, a proposito della distruzione del ponte di Mostar, storico legame tra persone e civiltà, che esso "è la metafora dolorosa e poetica della difficoltà di costruire coscienze e azioni di pace, rispetto alla tragica facilità di fomentare la guerra. Perché tra ponti e muri troppo spesso restano in piedi i secondi". E Patrizia Martini propone ai suoi lettori un'imprescindibile riflessione: “Il Ponte Vecchio di Mostar venne abbattuto esattamente quattro anni dopo la caduta del muro di Berlino, dopo 427 anni di vita e di onesto servizio. La scelta del giorno non fu casuale, ma stava a significare che, per dividere un popolo, è sufficiente distruggere ciò che lo unisce…”
È davvero da consigliare questo piccolo, agile libro che, tra autobiografia e biografia, tra cronaca e storia, tra lucida riflessione politica e appassionata narrazione propone al ricordo dei lettori persone ed eventi di un periodo con cui, forse, non abbiamo ancora fatto completamente i conti e che certamente ancora ci riguarda.
Patrizia Martini, nata a Novara, già docente di scuola primaria, è stata per dieci anni assessore alla Cultura e Istruzione del Comune di Pombia (NO). Regista teatrale, ha pubblicato testi di narrativa storica, romanzi, antologie di racconti, raccolte di poesie e novelle.
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Patrizia Martini, Don't forget/ Non dimenticare, Edizioni Liberetà |
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