lunedì 16 giugno 2025

Scaffale locale 18: Arona e il teatro sociale, di Giovanni Di Bella

Nel 1841 l'affermato architetto Giovanni Molli di Borgomanero iniziò a progettare il teatro della città di Arona realizzando ben settantadue elaborati grafici su carta con tecniche diverse: matita, china, acquarello-china. Lo riferiscono nella loro relazione (16 giugno 2014) introduttiva all'inventario del fondo - custodito alla Fondazione "Achille Marazza" di Borgomanero - Marinella Bianco, Rosanna Cosentino e Teresa Torricini. Si tratta, scrivono le archiviste, di "planimetria con il teatro di Arona del 29 aprile 1841, studi della pianta, studi di diverse sezioni, prospetti e sezioni del vestibolo, studi e schizzi di cornici e serramenti interni, sezione dell'armatura del tetto, disegno di armatura del tetto del 1842. Sono presenti anche modelli al vero di profili e sagome di particolari costruttivi e spolveri di capitelli".

Di questo prestigioso ed elegante edificio dalla lunga appassionante storia, durata un secolo e mezzo, si occupa ora un documentato e approfondito saggio di Giovanni Di Bella, che ne narra vita e spettacoli, prose e liriche, splendori e nebbie, sempre intrecciandoli alla vita culturale e sociale della cittadina lacustre.

Il volume, di oltre 500 pagine suddivise in quattordici capitoli, conduce i lettori attraverso un lungo viaggio nel tempo di vita del teatro, dalle vicende della sua costruzione all'inaugurazione (1843); dai primi restauri dopo un ventennio circa alle serate di beneficenza per i terremotati; dall'illuminazione a petrolio all'arrivo in teatro dell'energia elettrica; dagli eventi commemorativi di Felice Cavallotti alla "frizzante Belle Époque"; dagli anni della prima guerra mondiale agli spettacoli e incontri del ventennio fascista; dalla nascita del "Nuovo cinema-teatro sociale" nel secondo dopoguerra alla sua trasformazione in Cinema Lux. La struttura fu infine tristemente demolita nel 2007, non essendosi trovato, né nell'ambito pubblico né in quello privato, nessuno disposto investire sulla rinascita in chiave contemporanea di quella vita culturale della quale lo storico edificio era stato testimone e promotore attivo per oltre centocinquant'anni.

Scrive Di Bella concludendo il saggio che, oltre ai meriti storiografici e documentari, ha anche quello di restituire agli aronesi un importante elemento di memoria collettiva della vita cittadina: "quel luogo che per un secolo e mezzo era stato depositario di cultura, tradizione e spettacolo venne sostituito da un nuovo edificio residenziale che solo in alcuni elementi esterni (timpano e portichetto della facciata principale) evoca vagamente il teatro ottocentesco. Da identitario, il luogo è oggi diventato un anonimo non lieu".


                       Giovanni Di Bella, Arona e il teatro sociale, 
Compagnia della Rocca 2024 

venerdì 13 giugno 2025

Scaffale locale 17: Don't forget/ Non dimenticare, di Patrizia Martini

Europa 1992, tra Italia e Jugoslavia. L'ingegner Alija Salahovic vive a Mostar, martoriata da più di un anno dalla guerra fomentata dai più oscuri nazionalismi interni e dalle potenze esterne. Musulmano, Alija, spera che il conflitto possa terminare presto senza conseguenze per lui, la sua compagna e il bebé che attendono. Tuttavia, quando la sua casa crolla tra le fiamme, decide di cercare un luogo in cui mettersi in salvo, come gli consiglia un amico bosniaco che, in modo molto deciso, gli suggerisce di fuggire, senza indugio. La sua scelta cade sull'Italia, un Paese che conosce poco ma in cui ha la fortuna di incontrare, in un paesetto del medio novarese, Patrizia e Giuseppe, persone sulle quali può contare, "amici veri". La loro casa si apre per Alija, per sua moglie Mila e per la piccola Nila di pochi mesi. Nel libro si narra la convivenza affettuosa delle due famiglie, la scoperta reciproca di tradizioni, usanze, cibi prima ignoti e poi apprezzati a fondo. Ma si parla anche di guerra, della prima implacabile carneficina nel cuore dell'Europa dopo la seconda guerra mondiale, della rinascita dei nazionalismi più ciechi e oscuri. Spiega Alija agli amici italiani che le sei repubbliche di Slovenia, Macedonia, Montenegro, Serbia, Bosnia e Croazia e le due province autonome del Kosovo e della Vojvodina, grazie alla leadership di Tito "un leader forte e carismatico, che voleva restare indipendente dall'URSS" vivevano unite e compatte in un Paese, la Jugoslavia, in cui la situazione economica era buona e il prestigio all'estero lo era altrettanto. Ma, dopo la morte di Tito, pessimi presidenti, come il serbo Milosevic e il croato Tudman, minarono alla base la politica unitaria e soffiarono sul fuoco del nazionalismo. Scoppiò una guerra atroce, che molti tra noi ricordano, e che forse a popoli e governanti distratti non ha insegnato abbastanza. Scrive Carla Carlino nell'introduzione, a proposito della distruzione del ponte di Mostar, storico legame tra persone e civiltà, che esso "è la metafora dolorosa e poetica della difficoltà di costruire coscienze e azioni di pace, rispetto alla tragica facilità di fomentare la guerra. Perché tra ponti e muri troppo spesso restano in piedi i secondi". E Patrizia Martini propone ai suoi lettori un'imprescindibile riflessione: Il Ponte Vecchio di Mostar venne abbattuto esattamente quattro anni dopo la caduta del muro di Berlino, dopo 427 anni di vita e di onesto servizio. La scelta del giorno non fu casuale, ma stava a significare che, per dividere un popolo, è sufficiente distruggere ciò che lo unisce…

È davvero da consigliare questo piccolo, agile libro che, tra autobiografia e biografia, tra cronaca e storia, tra lucida riflessione politica e appassionata narrazione propone al ricordo dei lettori persone ed eventi di un periodo con cui, forse, non abbiamo ancora fatto completamente i conti e che certamente ancora ci riguarda.

Patrizia Martini, nata a Novara, già docente di scuola primaria, è stata per dieci anni assessore alla Cultura e Istruzione del Comune di Pombia (NO). Regista teatrale, ha pubblicato testi di narrativa storica, romanzi, antologie di racconti, raccolte di poesie e novelle.

Patrizia Martini, Don't forget/ Non dimenticare, Edizioni Liberetà

giovedì 12 giugno 2025

Il mondo che verrà, di Robert Macfarlane, Johnny Flynn ed Emily Sutton

C’è un bosco ricco di vegetazione di ogni tipo e popolato da animali di ogni specie. E ci sono un padre e un figlio che lo attraversano per una lunga passeggiata. Passo dopo passo, pagina dopo pagina, scoprono una realtà stupefacente, variegata, vivace. L’inizio della passeggiata comincia come in un sogno, sul far della sera, e la natura si colora di blu, di azzurro, di ghiaccio sulla superficie del fiume, sovrastata da “alberi acrobati” che si tendono dall’una all’altra riva. Si odono il rumore dell’acqua corrente e il fruscìo ammaliante delle fronde dei salici, mentre un tenero verde invade le pagine. È l’alba. Il bosco si risveglia...

Il mondo che verrà nasce come canzone, composta da Flynn e Macfarlane per un album musicale dedicato al paesaggio, The moon also rises. Perciò il testo che leggiamo è essenziale e poetico, sintetico ed espressivo, originale e accurato, e respira nel limbo privilegiato che si estende tra musica e poesia. Le illustrazioni di Emily Sutton, vibranti di colori e di sentimento, semplici e lussureggianti insieme, accompagnano il testo, lo assecondano, ora con gioia ora con discrezione. Esaltano i particolari vicini e ampliano l’orizzonte lontano, in ogni stagione e in ogni ora del giorno, sotto il sole così come sotto la pioggia.

Un albo illustrato ricco di speranza non solo per bambini. La recensione si legge per intero su Mangialibri al link: Il mondo che verrà | Mangialibri dal 2005 mai una dieta


Robert Macfarlane, Johnny Flynn, Emily Sutton, 
                                                Il mondo che verrà, EDT Giralangolo 2025
                                                         traduzione di Anselmo Roveda