Felicia è una ragazzina di dodici anni alla quale il suo nome non piace e infatti vuole essere chiamata Fitz, soprattutto adesso che è infinitamente arrabbiata con i suoi genitori, da pochi giorni separati. Fitz attribuisce la responsabilità della separazione alla mamma perché ha origliato una conversazione in cui la donna diceva che, nei giorni in cui lei e la sorellina Bente sono con il papà, “Può ritrovare se stessa”. Un’affermazione che sconvolge la ragazzina al punto da farle mettere in discussione tutto il suo passato. La rabbia è tale che Fitz si scrive sul viso una crudele, lapidaria frase: “Mamma deve morire”. Questo la costringe, quando, a causa di un incidente di bicicletta successo al papà e a Bente deve uscire di casa per accompagnarli all’ospedale, a coprirsi il volto con una maschera da tigre. L’ospedale è un mondo; un mondo di preoccupazione e di sofferenza, perché la falange di un dito di Bente si è staccata e si dovrà ricucirla e il papà accusa un mal di pancia molto sospetto, ma è anche un punto di incontro, prezioso per Fitz che conosce Adam, più grande di lei, bello e tenebroso come un attore del cinema, e Primula, una ragazzina innamorata del dottore che l’ha operata al cuore e che, con orgoglio, mostra a tutti la sua ferita.
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