domenica 23 luglio 2023

Partire, di Paolo Pezzaglia

Questo volume offre ai lettori tutte le poesie di Paolo Pezzaglia. Alla più recente raccolta, Partire (2007-2017), si uniscono le precedenti, non più reperibili in commercio, ma presenti in diverse biblioteche: L'imbuto rovesciato (1956-1990), Le rughe della luna (1990-1996), Il malincanto (1996-2005). Osserva Giuseppe Conte nell'introduzione che Pezzaglia è "devoto alla poesia in una sua maniera originale, intensa e duratura, vicina allo spirito mitomodernista" e prosegue notando che le poesie del nostro sono piene di anima e piene di mito, ma anche di realtà, di città, di creatività e di lavoro. Colpisce e resta nella memoria, unica come un istante indelebile, ferma come un'icona, "San Michele", la seconda lirica di Partire, che inizia così: "Nuvole di temporale grosso/ nel cielo lombardo.// Dalla bergamasca tuona/ e lampeggia sulla Brianza:/ già ci raggiunge/ con un turbine di grandine dura/ il gelido risucchio/ del torrente Lambro/ [...]". Nulla di idilliaco in questo paesaggio e tuttavia in quelle due parole, "cielo lombardo", avvertiamo l'eco di una tradizione letteraria illustre e consolidata, un respiro ampio che viene da lontano. Colpisce ancora, poche pagine più avanti, "San Babila", che si apre con immagini estremamente efficaci: "È a San Babila che ancora batte/ il cuore stanco di Milano.// Nella sghemba piazza scalena/ sta in disparte la chiesa/ come la signora impoverita/ che per decoro sulla pietra/ del suo sagrato vuole morire./ In questi versi vediamo la chiesa, la donna e la città affratellate dal cuore che batte, stanco. E l'edificio e le pietre sembrano partecipare della stessa umanità della donna che ad esse, sfinita, si affida.

La Lombardia palpita e vive nelle poesie di Partire, e tuttavia si tratta di una Lombardia non chiusa in se stessa, ma che si apre al mondo, così come il poeta, per esperienza di vita e per attitudine mentale. La incontriamo nella lunga poesia "L'altrove" e nei suoi versi che descrivono il personale "film del mondo" di Pezzaglia. Scorrono qui le Americhe, "il grande ventre caldo/ della giungla africana" e i gelsomini del Maghreb, i venti della Mongolia, i presepi Hindu. Il segreto dell'altrove, suggerisce il poeta con un guizzo che ricorda Caproni, è nel ritorno: "la via di fuga è qui/ nella paziente ricerca/ di un equilibrio, attenti al/ respiro leggero del luminoso Dio"./

Nel saggio critico sulla raccolta L'imbuto rovesciato, presente nel libro, Francesco Solitario accomuna l'opera di Pezzaglia a quella dei poeti della "linea lombarda", in particolare a Risi ed Erba. Scrive Solitario: "È lo stesso sangue lombardo che circola nelle vene di queste atmosfere piene di nostalgie senza maschere, di lucida coscienza di sé e del mondo circostante: uomini straniati in una patria straniera". E confronta alcune liriche dei tre poeti "lombardi", sorprendentemente vicini nel descrivere le disincantate, quotidiane atmosfere di Milano d'inverno e non solo. Vicinanza di atmosfere, comunione di linguaggi, dignità alta della poesia che "è forse/ di chi non può più vincere" (in "Io Paolo Pezzaglia") ma è anche qualcosa che "salva la vita".

Paolo Pezzaglia, Partire, Prometheus 2018


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