Timodemo, nato a
Nauplia, in Grecia, figlio di una prostituta, è istruito affinché divenga
grammatico. Sul mercato di Roma, infatti, gli schiavi greci colti sono molto
ricercati e il giovane viene acquistato nientemeno che da Virgilio per
divenirne il segretario. Nella casa del poeta Timodemo vede per la prima volta
una biblioteca e scopre la gioia della lettura: "... tutt'attorno alle
pareti, dal pavimento al soffitto, c'erano dei ripiani di legno come in una
bottega di panettiere, e al posto delle pagnotte c'erano i rotoli di papiro
allineati in bell'ordine: i greci da una parte, i latini dall'altra e i poeti
nel mezzo, io provai una grande emozione, come se fossi stato presentato agli
autori di tutti quei libri". Incontra poi gli amici di Virgilio,
Mecenate e Ottaviano Augusto. La vicinanza e la comunione di vita gli rivelano
difetti e manie dei grandi, mentre di Virgilio gli resta indelebile il
sentimento dell'amicizia e di gratitudine per la libertà che il poeta gli dona.
Insieme a Virgilio
e Mecenate Timodemo intraprende un viaggio nelle terre degli Etruschi, alla
ricerca delle origini di Roma e anche dei misteri di quel popolo (da cui trae
origine lo stesso Mecenate) che conobbe la scrittura e tuttavia non lasciò
nulla di scritto, fatta eccezione per "i nomi dei suoi morti, e qualche
vaga indicazione sul modo di onorare gli dei e di prevedere il futuro. Sono
riusciti a esistere, quei matti, e anzi a prosperare ed essere felici quasi mille
anni, senza sentire il bisogno di renderci partecipi dei loro pensieri e senza
mettersi in posa per noi in quella foto di gruppo che è la storia!".
Aisna,
sacerdote e incarnazione del dio etrusco Velthune, rivela ai viaggiatori
l'esistenza di un'equazione fra scrittura e morte: la scrittura è,
un'invenzione di Mania, la divinità delle ombre, che, tracciando nel creato i
nomi di piante, animali e uomini, creò con essi la morte. I nomi esistono nel
tempo, la scrittura li cristallizza, bloccando così il flusso della vita e del
tempo che generano l'infinito numero dei viventi e l'avvicendarsi delle
esistenze.
Al
ritorno a Roma i tre viaggiatori andranno incontro a destini diversi: Mecenate
vedrà tramontare la sua stella e si ritirerà dalla scena politica; Virgilio
scriverà il poema sulle origini di Roma, l'Eneide, ma farà di tutto per
impedirne la pubblicazione (il "pio" Enea e i suoi si macchiarono di
massacri e stupri di inaudita crudeltà: come tacerlo, come narrare il
contrario?); il grammatico Timodemo attraverso l'acquisizione di una profonda
saggezza supererà le barriere del tempo e dello spazio giungendo fino alle
soglie del Duemila, per narrare a Vassalli la sua storia, ricca di dettagli e
osservazioni poco note ai più sulla nostra penisola in epoca antica.
Sebastiano Vassalli, Un infinito numero. Virgilio e Mecenate nel paese dei Rasna, Einaudi 1999
Nessun commento:
Posta un commento