Queste quindici storie uscirono nel 1966 nella collana "I coralli" delle edizioni Einaudi. L'autore è Primo Levi, del quale erano già usciti per l'editore torinese Se questo è un uomo e La tregua. Qui Levi pubblica con uno pseudonimo perché, come scrisse in una lettera all'editore riportata nel risvolto di copertina, "io sono entrato (inopinatamente) nel mondo dello scrivere con due libri sui campi di concentramento; non sta a me giudicarne il valore, ma erano senza dubbio libri seri, dedicati a un pubblico serio. Proporre a questo pubblico un volume di racconti - scherzo, di trappole morali, magari divertenti, ma distaccate, fredde, non è questa frode in commercio?"
I racconti narrano storie in cui le tecnologie dominano la scena delle città, modificano gli esseri umani, le loro abitudini, la loro percezione del mondo, la loro morale, infine. Ne citiamo due, esemplari. Il primo è Il versificatore. Il versificatore non è un poeta, è una macchina, avverte il rappresentante che ne ha l'esclusiva, tuttavia potrebbe molto essere utile a un poeta impegnato nella redazione, faticosissima, di una poesia d'occasione. La prima prova dà esito abbastanza positivo; la poesia scritta dal versificatore non è geniale, ma commerciabile sì: "in fede mia conosco diversi colleghi che non se la caverebbero meglio", afferma convinto il poeta protagonista della storia. Il secondo racconto si intitola L'ordine a buon mercato e ci narra di un'altra macchina, il Mimete, capace di duplicare tutto in modo tridimensionale. Il protagonista, provandola, ne rimane affascinato e addirittura ammaliato quando, avendo fatto l'esperimento con due ragni, scopre che il Mimete può duplicare esseri viventi. Fortunatamente il rappresentante non lo segue su questa strada e un'amicizia antica si rompe. Un successivo racconto narra a chi non lo avesse compreso quanto possano essere aberranti le applicazioni del Mimete: la macchina, caduta in mano a un certo Gilberto, viene da lui usata per crearsi una seconda moglie, identica alla prima...
Davvero profetiche, queste "favole" ci ammoniscono su quanto pericolosi possano essere gli stravolgimenti generati dal sonno della ragione o dal delirio di onnipotenza che una tecnologia male intesa può generare negli esseri umani. Primo Levi, questo, lo aveva sperimentato nel lager.
Damiano Malabaila (Primo Levi), Storie naturali, Einaudi 1966. Premio Bagutta nel 1967.
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