giovedì 14 giugno 2012

Con il braccio piegato a far da cuscino, di Bai Yuchan

I campi di gelsi si trasformano in mare
e il mare diventa un campo.
Quando si usa questa frase come insegnamento
ai discepoli risulta difficile crederci.
Ne trovi a malapena uno
capace di liberarsi del proprio io;
un genere di libertà questa
che non è concessa neanche a principi e sovrani
(ventesima quartina)

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Lo spettacolo della primavera sta per giungere alla fine,
ma alla fine non è ancora giunta la poesia.
La ragazza che apre il vaso per il vino
mi fa far pace con il vento dell'est.
Camminando, calpesto per caso
del muschio verde;
di fiori caduti ce ne sono ancora tanti,
formano un'unica, rossa, distesa.
(sessantaseiesima quartina)

Le poesie sono tratte dall'antologia di ottantotto quartine di Bai Yuchan, curata da Alfredo Cadonna. Bai Yuchan fu una personalità di spicco della tradizione taoista e visse tra il XII e il XIII secolo nella regione del sud-est della Cina che corrisponde alla odierna provincia del Fujian, di fronte a Taiwan. Nelle prime venti quartine del libro il sentimento prevalente è quello dell'esilio che subisce colui che è disceso da "una dimora celeste" nel mondo degli uomini. Campi e mare che si estendono all'orizzonte sono immagini di un io difficile a perdersi e a dimenticare, ma anche visione suggestiva e quasi pittorica dalla quale è bello lascairsi attrarre.
Scrive Cadonna nell'introduzione: "i temi per così dire paesaggistici, sono presentati da Bai Yuchan sotto l'aspetto dell'interiorizzazione e permettono di smentire i luoghi comuni che ancora sussistono sul carattere meramente descrittivo della poesia classica cinese, che della natura tanto si occupa".

Bai Yuchan, Con il braccio piegato a far da cuscino, a cura di Alfredo Cadonna, Einaudi Editore 2010

 

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