"Ho detto più sopra che la 'preoccupazione possessiva' è una condizione costitutiva ed inautentica della nostra esistenza nel mondo. Perché inautentica? In realtà alla sua origine sta il fraintendimento inevitabile del rapporto che abbiamo con il nostro corpo. Essere il nostro corpo significa assumerlo come la struttura della nostra soggettività, e tuttavia il suo essere oggetto, anatomicamente, fisiologicamnte, socialmente constatabile, ci conduce a comportarci con esso come con gli oggetti o beni dei nostri bisogni vitali o culturali. L'ambito dello psichico si articola inestricabilmente con l'ambito dell'economico. Di qui deriva che l'uomo è l'unico essere che può rifiutare se stesso, che può dire di no alla vita e non soltanto anticipare le tecniche della sua fine, come avviene, secondo gli etologi, nel cosiddetto 'suicidio' di alcuni animali" (p. 99)
Il corpo che siamo fu pubblicato nel 1991, vent'anni fa. Si compone di dieci capitoli che, a partire da considerazioni sullo sviluppo della scienza (Galileo, Darwin), ma anche su antichi miti, affronta i seguenti temi: bioetica, desiderio e bisogno, piacere e gioia, lavoro, cattiva coscienza del tempo libero, l'abitare e l'edificare, la qualità della vita, imperatività della coscienza morale.
L'occasione della rilettura di questo libro viene dal recente convegno "Pietro Prini filosofo e uomo" (vedi http://www.pietroprini.org/), organizzato dalla Società Filosofica Italiana-Sezione del Verbano Cusio Ossola.
Pietro Prini, Il corpo che siamo, SEI 1991.
Nessun commento:
Posta un commento