venerdì 9 gennaio 2009

Scorrettezza delle copie, di Cesare Cantù

I lamenti per la scorrettezza delle copie cresceano quanto più cresceva il desiderio di leggere; e il Petrarca esclamava: "Chi recherà efficace rimedio all'ignoranza e viltà dei copisti che tutto guasta e sconvolge? Né fo querela dell'ortografia, già da lungo tempo smarrita... Costoro, confondendo insieme originali e copie, dopo aver promesso una, scrivono un'altra cosa affatto diversa, sì che tu stesso più non riconosci quanto hai dettato. Se Cicerone, Livio, altri egregi antichi, singolarmente Plinio Secondo, resuscitassero, credi tu che intenderebbero i propri libri? o che non piuttosto, ad ogni pié sospinto esitando, or opera altrui, or dettatura dei Barbari li crederebbero? Non v'ha freno nè legge alcuna per tali copisti, senza esame, senza prova alcuna trascelti: pari libertà non si dà pei fabbri, per gli agricoltori, pei tesserandoli, per gli artigiani".
(C. Cantù, Storia della letteratura italiana)

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