venerdì 26 aprile 2024

Haiku dell'ape e del giardino, di Eleonora Bellini

"Gli haiku - forma poetica che non avevo mai frequentato - sono nati nel periodo del confinamento a causa del Covid. Attorno alla casa un giardino selvaggio mi permetteva di trascorrere un po' di tempo all'aperto e soprattutto di osservare vita, movimenti, abitudini delle piccole creature animali e vegetali, per nulla toccate dalle tragedia di noi umani. La brevità dell'Haiku, direi la sua esigente brevità, mi ha aiutato a raccontarli. In un confuso periodo di apprensione, la misura dei versi mi ha indotto a perseguire l'essenziale, per quanto possibile". Così l'autrice risponde alla domanda sulla genesi della raccolta, postale da Matilde Bella, addetta stampa de La Ruota Edizioni.

La raccolta si era già distinta nel 2022 al Concorso Internazionale di poesia, narrativa e saggistica Kanaga, dove aveva ottenuto il secondo posto con la motivazione seguente: "La raccolta si distingue per la novità dell'impianto e la freschezza delle immagini. L'autrice, ispirandosi alla tradizione dell'Haiku è riuscita a creare pur nella brevità richiesta messaggi universali espressi con personale lirismo".

La raccolta è uscita nel mese di gennaio scorso e ha ottenuto già diversi riscontri. Tra questi, sul blog Poetrydream si legge la recensione di Antonio Spagnuolo, che esordisce così: "Come improvvise e brevi fulminazioni gli Haiku ci avvolgono in una cascata ininterrotta di frasi che lampeggiano tra il motto filosofico e l’accenno al segreto, tra le sospensioni dei sentimenti e la rivelazione del subconscio, così da realizzare un tessuto variopinto di colorite tessere per mosaico". Il testo della recensione per intero si legge qui Poetrydream: SEGNALAZIONE VOLUMI = ELEONORA BELLINI (antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.com) 

In questa primavera sbarazzina gli Haiku dell'ape e del giardino continuano il loro viaggio di fiore in fiore, di stelo in stelo, raccogliendo suggestioni, e mozioni e profumi ovunque si posino. Con piacere Vi terremo informati. 

Eleonora Bellini, Haiku dell'ape e del giardino, La Ruota Edizioni 2024


mercoledì 24 aprile 2024

Il sentiero dei nidi di ragno, di Italo Calvino

Il sentiero dei nidi di ragno uscì nell'ottobre del 1947 nella collana "I coralli" di Giulio Einaudi editore. Fu poi rivisto da Calvino e, nel 1964, conobbe una nuova edizione introdotta da un'ampia presentazione dell'autore che scrive: "Il disagio che per tanto tempo questo libro mi ha dato in parte si è attutito, in parte resta: è il rapporto con qualcosa di tanto più grande di me, con emozioni che hanno coinvolto tutti i miei contemporanei, e tragedie, ed eroismi, e slanci generosi e geniali, e oscuri drammi di coscienza. La Resistenza; come entra questo libro nella 'letteratura della Resistenza'? [...] proprio per non lasciarmi mettere in soggezione dal tema, decisi che [...] tutto dovesse essere visto dagli occhi di un bambino, in un ambiente di monelli e vagabondi. Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il colore, l'aspro sapore, il ritmo...".

Pin è il ragazzino protagonista del romanzo. Orfano, vive con la sorella maggiore, prostituta del carrugio lungo, e osserva il mondo adulto coltivando il desiderio di divenire presto grande anche lui. Nel frattempo si diverte a sbeffeggiare i clienti della vicina locanda, dove sente anche parlare, senza capirne troppo, dei partigiani dei gap. Per aiutare la loro lotta gli viene ordinato di rubare la pistola di un soldato tedesco, cliente della sorella. Pin compie il furto con abilità, ma non consegna la pistola di cui è fiero e che vuole tenere per sé, nascondendola tra i nidi di ragno, il suo affascinante, avventuroso luogo segreto: "Con uno stecco lungo si può arrivare fino in fondo ad una tana, e infilzare il agno, un piccolo ragno nero, con dei disegnini grigi come sui vestiti d'estate delle vecchie bigotte". Il ragazzino non sfugge né alla cattura da parte dei tedeschi né al carcere, da cui evade grazie a Lupo Rosso, un partigiano vero che lo guida fino all'accampamento di un gruppo combattente. Pin avverte che il tempo degli scherzi è finito e, pur confusamente, comprende di poter essere anch'egli utile alla causa della libertà e, soprattutto, non si sente più solo.

Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Mondadori 2023. Con la postfazione di Cesare Pavese


domenica 21 aprile 2024

Movimenti religiosi di libertà e di salvezza dei popoli oppressi, di Vittorio Lanternari

Uscito nella sua prima edizione nel 1960, questo saggio di Lanternari conobbe diverse altre edizioni, rivedute e ampliate. Testo fondamentale dell'antropologia religiosa italiana di stampo marxista, il saggio muove dalla convinzione che le grandi religioni sorsero originariamente come movimenti profetici di rinnovamento, così come tra i popoli la rivolta contro forme di oppressione interna o esterna assunsero spesso forme religiose.

Nella prefazione alla seconda edizione (1977) Lanternari spiega: "Nelle più varie società ed epoche storiche, specie in corrispondenza con momenti di intenso travaglio sociale, economico, culturale, psicologico, prodotto da fattori perturbanti di origine interna o esterna, sorsero e pur oggi sorgono movimenti social-religiosi nei quali i rispettivi gruppi sociali o etnici esprimono il loro malessere, la loro insoddisfazione per il presente e l'ansia di rinnovamento. In questi movimenti essi proiettano la speranza e l'attesa di una pronta e radicale trasformazione delle condizioni generali di esistenza, sia fisiche che sociali e psicologiche".

Questi i titoli dei capitoli del libro: Movimenti religiosi nativisti dell'Africa; il Peiotismo; Movimenti profetici americani; Movimenti profetici melanesiani; Movimenti profetici polinesiani; Movimenti profetici dell'Indonesia e dell'Asia.

Il metodo seguito da Lantemari nella ricerca si basa da un lato sul metodo storico come inteso da Benedetto Croce, dall'altro sulle considerazioni e gli studi inerenti le culture e le religioni popolari di Antonio Gramsci ed Ernesto De Martino e ancora, infine, sullo studio della religione nella condizione coloniale dell'antropologo e sociologo francese Georges Balandier.

Valerio Petrarca in un suo saggio così ben sintetizza: "Se è vero che la maggior parte delle pagine di Lanternari è dedicata ai movimenti religiosi d’interesse etnologico connessi con il colonialismo di età contemporanea, è anche vero che le comparazioni si muovono con riferimenti concepiti su scala mondiale, lungo una cronologia che va dal profetismo ebraico, alla diffusione del cristianesimo nell’Occidente romano, fino agli esiti del missionarismo cristiano nelle colonizzazioni di età moderna. La tastiera di corrispondenze che permette di comparare morfologie religiose così diverse e situazioni storiche così distanti, dal punto di vista cronologico e geografico, si serve di due nozioni tra loro articolate. Esse non sono rese esplicite da Lanternari, ma sono distinguibili nelle sue pagine. Si tratta della nozione che fa capo a Gramsci (il folklore magico-religioso come filosofia implicita delle classi subalterne) e quella che fa capo a Geoges Balandier (la «situazione coloniale»)".

venerdì 19 aprile 2024

Degli amanti non degli eroi, di Daniele Mencarelli


Storia d’amore e Lux Hotel sono i due poemetti - entrambi introdotti da una “didascalia” utile a collocarli nello spazio e nel tempo nonché a dar loro corpo nell’immaginario del lettore - che compongono questo libro. 

Nel primo la scena è per Gabriele, sedicenne vitale e impetuoso, per Anna, ragazza di vertiginosa bellezza, e per il loro incontro: 

Ciao, / bizzarro caso vuole / che mi ritrovi all’uscita della scuola / con il migliore degli sguardi sfoderato, Ciao, / ripeti con le labbra / senza che voce si presenti / mentre non so quale tesoro / cerchi tra le rughe dell’asfalto […] Non vedi gli occhi che ti spolpano / le mani lunghe sul punto d’afferrare / da pescatore che issa la sua preda”.

Daniele Mencarelli, Degli amanti non degli eroi, Mondadori 2024

La recensione si può leggere per intero su Mangialibri, al link Degli amanti non degli eroi | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

venerdì 12 aprile 2024

Bufalino, di Emanuela Da Ros

Pietro Zavattini, un ragazzino di incontenibile verve, ogni pomeriggio va a casa di nonna Giacoma che non ci vede affatto bene e fatica a decifrare i caratteri del giornale. Il suo compito è quello di leggere alla nonna le notizie, tutte. Politica, economia, sport, cronaca sono argomenti che interessano molto la vecchia signora, ma poco o nulla Pietro che, tra l’altro, non ama leggere. La nonna, però, per convincere il nipotino, fa una promessa allettante: in cambio del suo impegno gli darà una paghetta settimanale. Inizia così la carriera di lettore di Pietro, all’inizio un fatto di semplice interesse economico, che successivamente si trasforma in interesse autentico nei confronti del mondo e del modo di raccontarlo della carta stampata. Un evento memorabile nella vita di Pietro, il cui principale divertimento è sempre stato, in passato, quello di raccontare notizie inventate, false e del tutto improbabili, soltanto per far stupire i suoi compagni di scuola. 

Emanuela Da Ros, Bufalino, Illustrazioni di Federico Appel, Parapiglia Editore 2023

La recensione integrale si legge su Mangialibri: Bufalino | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

mercoledì 10 aprile 2024

Futili arpeggi, di Antonio Spagnuolo

I draghi del passato si uniscono alle vive suggestioni del presente in questa raccolta di Antonio Spagnuolo dal titolo emblematico, che unisce l'arpeggio - il modo cioè di eseguire un accordo musicale suonando le note in rapida successione anziché tutte insieme - con la fugacità di ciò che dura un solo giorno e poi svanisce, come certe febbri di breve durata e dalle cause ignote.

Poesie in armoniosa successione e sentimento del veloce mutare delle cose caratterizzano questa raccolta di Antonio Spagnuolo in cui l'inconscio si lega alla memoria e i versi in un "eterno scorrere a mezz'aria/ [...] si affollano/ nel canovaccio di sottile incisione" (Rapinando alfabeti).

Scrive, tra l'altro, Carlo Di Lieto nel suo denso saggio finale "L'inconscio e l'agnizione dell'oltre nella poesia di Antonio Spagnuolo": "L'inconscio del dettato poetico di Spagnuolo si esprime per immagini e ciò comporta sempre un ripiegamento psicologico, per esplorare tutto quello che è rimasto allo stato di latenza".

Fiabeschi draghi, gli stessi che popolavano la fantasia bambina del poeta, tornano a rivivere nel presente, ma in un'età che non è più quella dei giochi e delle fiabe: "Il repertorio è complice/ e si accende alle ciglia/ nella malia vigliacca del trascorso./ Astute venature tracimano il passato/ e catturano draghi inferociti" (Draghi).

Tra passato e presente, la mente, come l'oceano, "avvolge sponde/ tra le onde dai roventi clamori", mentre il tempo umano riduce il cosmo a sua misura e "piega l'universo in cominciamenti". Anche quando emergono nitidi frammenti di momenti preziosi, l'idillio non regge, si sbriciola e si frantuma: "Precipita la sera/ nell'incerto bagliore della luna/ e un grillo mi trafora/ spezzettando l'alfabeto dei sogni" (Una rosa).

Antonio Spagnuolo, forte della sua lunga militanza poetica, della sua intensa familiarità con la poesia, con questi "Futili arpeggi" ci offre versi essenziali e musicali insieme, incastonati tra la ricerca di un'armonia perduta e il travaglio del presente, nel quale il verso è insieme specchio del profondo e salvezza dell'io. 

Antonio Spagnuolo, Futili arpeggi, La Valle del tempo Editore 2024 

mercoledì 3 aprile 2024

A chi smeraldi e a chi rane, di Bianca Pitzorno

Bianca Pitzorno, scrittrice, traduttrice e autrice televisiva dalla lunga e felice carriera ha pubblicato circa settanta libri tra saggi, biografie, romanzi per adulti e per ragazzi. Tutti sono ancora in commercio e vengono ancora letti con diletto da tanti ragazzi, ormai nipoti dei primi fans della scrittrice. Nella prefazione a questo suo A chi smeraldi e a chi rane Pitzorno scrive: “Le pagine che state per leggere raccontano degli animali con i quali ho avuto a che fare nel corso della mia vita; una serie di aneddoti sui rapporti di amicizia e spesso di grandissimo affetto che ci hanno unito”. Non si tratta però solo di animali domestici, batuffoli di pelo e coccole come i (memorabili) gatti, ma anche di creature poco propense a ricambiare gli abbracci: il coccodrillo Valentino, la tartaruga sempre in guerra con la bambinaia, il rospo che appare ogni sera accanto al papà, un pipistrello, dei pappagalli e tre mitiche rane, Griselda, Greta e Allegra, ma anche anatre, colombi e civette. Una fauna complessa e multiforme, dunque, è questa, raccontata, con tono a volte affettuoso a volte umoristico, come ospite del pianeta Terra, alla pari con gli esseri umani con i quali condivide spazi e destini.

La recensione si legge per intero su Mangialibri, al link: A chi smeraldi e a chi rane | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

Bianca Pitzorno, A chi smeraldi e a chi rane, Bompiani 2023

lunedì 25 marzo 2024

Modigliani, di Ernesto Anderle

Dopo le biografie di Raffaello e di Van Gogh, Anderle prosegue i suoi incontri con i grandi pittori con quest’opera dedicata a Modigliani. Apre il Graphic Novel un suo breve scritto introduttivo intitolato Lo spazio intimo di Modigliani nel quale, tra l’altro, scrive: “Non esiste un quadro di Modigliani in cui compaia più di un soggetto. Per lui il ritratto era un mezzo per conoscere se stesso attraverso gli altri, entrare in contatto diretto con la persona ritratta, specchiarsi in essa, guardarla negli occhi, conoscerla nel profondo”. E, coerentemente con questo, in tutti i personaggi della biografia narrata nel libro emergono il carattere introspettivo, la profondità degli sguardi, il malcelato tormento, elementi capaci di metterne a nudo gli animi. Attorno a loro, vive, attraente e variegata, affascinante e pericolosa, geniale e poverissima l’atmosfera della Parigi bohémienne, patria e sogno della comunità degli artisti. 

Ernesto Anderle, Modigliani, Becco Giallo 2023

La recensione integrale è su Mangialibri al link Modigliani | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

martedì 19 marzo 2024

Scaffale locale 10: Carlo Carena e la Fondazione Marazza

Carlo Carena non è mai stato presidente della Fondazione Marazza di Borgomanero, come erroneamente apparso in una breve intervista al direttore Cerutti su LA STAMPA (p. 45, Cronache novaresi, 23 novembre 2023, foto in calce), ma il suo contributo di idee, consigli, progetti, amicizia è stato costante dagli anni Ottanta del Novecento fino al secondo decennio del nuovo secolo, già prima dunque di essere nominato Consigliere di Amministrazione per oltre un decennio, grazie a una felice intuizione della Giunta presieduta dal Sindaco Pier Luigi Pastore.

Mi propongo qui di offrire una sintesi, per forza di cose veloce e forse un po' arida, di tanti anni, fecondi di iniziative uniche e originali volte a far conoscere le opere della biblioteca, dalle antiche alle contemporanee, iniziative per le quali il contributo di Carena fu fondamentale e prezioso.

La nascita e poi la crescita del Premio di Poesia e Traduzione Poetica "Achille Marazza" fu, a mia memoria, la prima tra queste. Il premio per qualche tempo, intorno alla metà degli anni Ottanta, fu dedicato alla sola poesia inedita. Si arricchì poi, per impulso di Carena, di una sezione dedicata alla poesia edita e infine assunse la formula che lo contraddistinse per vent'anni divenendo quel Premio di Poesia e Traduzione Poetica che, attraverso una formula unica in Italia, portò a Borgomanero, nella sede della Fondazione, le eccellenze italiane della poesia e della traduzione di poesia: aria fresca, nuova e salubre in un contesto di provincia-paese sempre a rischio di chiudersi. Anche la composizione della giuria di quegli anni (Giorgio Calcagno -poi Lorenzo Mondo-, Ernesto Ferrero, Roberto Fertonani -poi Giorgio Cusatelli-, Sergio Pautasso-poi Franco Contorbia-) si deve a Carena.

L'edizione del Catalogo a stampa delle Cinquecentine del Fondo Molli (in tre volumi 1991, 1994, 1997, corrispondenti rispettivamente alle edizioni italiane, veneziane e straniere; supervisore della catalogazione Ivanoe Riboli direttore della biblioteca Trivulziana) fu un'altra impresa fermamente sostenuta dalle volontà riunite di Carena e di Virginia Carini Dainotti, consigliera della Fondazione Marazza e pioniera della moderna biblioteconomia in Italia.

È grazie, ancora, a Carlo Carena e a Sandro Sinigaglia che Gianfranco Contini nel 1987, dopo essersi trasferito definitivamente da Firenze a Domodossola, sua città natale, scelse la Fondazione Marazza quale destinataria di circa millecinquecento volumi di letteratura italiana, appartenenti alla sua biblioteca privata e molti dei quali dedicati.

Fondamentale fu il contributo di Carena all'ideazione del Convegno Manzoniano del 1985 e alla mostra che lo accompagnò. Ne rimane un opuscolo, stampato nell'anno seguente, con le trascrizioni degli interventi al Convegno, un cenno ai contenuti della mostra e alcune immagini. Nella sua relazione Carena si sofferma a lungo sui legami di Manzoni e Rosmini con Borgomanero, attraverso Giovan Battista Pagani, legami la conoscenza dei quali era sino ad allora inedita.

Un altro convegno di significativo spessore fu quello intitolato "La magia e il diavolo" (1987), sempre legato alla valorizzazione e alla conoscenza del patrimonio librario della Fondazione. Parlò, Carena, di Ludovico Maria Sinistrari, inquisitore originario di Ameno (NO) le cui opere sono in parte presenti nel Fondo Molli. Mentre Attilio Agnoletto, Giannino Piana, Roberto Leydi si soffermarono su altri aspetti del sacro e del magico. Anche di questa giornata resto un opuscolo con le relazioni presentate al convegno e alcune immagini di volumi a tema conservati nella Fondazione.

Da Sinistrari a Rodari, con "Laboratorio per Rodari" (1991), altro Convegno con mostra di cui rimane l'opuscolo, contenente scritti di Eros Bellinelli, Roberto Leydi, di Carena stesso, insieme a bozzetti di Mauro Maulini per il Teatro delle marionette dei fratelli Colla di Milano.

E, infine, il dialetto di Borgomanero, che stava a cuore, sulle orme di Achille Marazza, a Virginia Carini Dainotti e al presidente Antonio Bellone. Carena collaborò volentieri con loro, offrendo contatti con l'Atlante linguistico italiano di Torino e con Alfonso Sella di Biella che stava elaborando un dizionario del dialetto biellese, affinché la raccolta dei dati, le registrazioni e le trascrizioni avvenissero all'insegna del più accurato rigore scientifico. Purtroppo, quanto a raccolta, non se ne fece nulla, perché non si trovarono né docenti, né studenti disponibili a registrare le voci dei parlanti in un dialetto "non contaminato". Erano la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta. Rimasero disponibili alcune trascrizioni ed articoli nonché altro materiale minore, poi ordinato in un piccolo fondo archivistico. Una nota di Carena sul dialetto di Borgomanero si legge nella raccolta di Poesie "Nuauci" di Giovanni Pennaglia (1978).

Questi i momenti principali della presenza di Carlo Carena, maestro prezioso, alla Fondazione Marazza, in anni di notevole crescita e di eccezionale lavoro culturale.

(Eleonora Bellini)


Verbanus n. 36/2015

La Stampa, 23 novembre 2023


sabato 16 marzo 2024

16 ottobre 1943. Storia di Emanuele che sfuggì al nazismo, di Ernesto Anderle, Emanuele Di Porto, Marco Caviglia

Roma, ottobre 1943. Emanuele Di Porto, pur avendo solo dodici anni, si industria ad aiutare la famiglia con piccoli commerci ed è felice quando riesce a guadagnare qualcosa da portare alla mamma. Pensa che quello sia un giorno fortunato ed è fiero di sé. Anche mamma si congratula e gli dà una carezza. Papà riconosce le sue doti di buon commerciante e lo premierà portandolo a lavorare con lui, l’indomani, alla Stazione Termini. Lì, il ragazzino, intraprendente e simpatico, riesce a fare affari anche con i militari tedeschi. La sera, al ghetto ebraico, tutto è tranquillo e la famiglia Di Porto decide di festeggiare l’ottimo incasso della giornata andando al cinema. È la sera del 15 ottobre 1943. La mattina successiva cambia tutto.

La recensione per intero è su Mangialibri: 16 ottobre 1943 - Storia di Emanuele che sfuggì al nazismo | Mangialibri dal 2005 mai una dieta


domenica 10 marzo 2024

In ascolto del silenzio, di Eugenio Borgna

Nella nostra esistenza, in gran parte invasa da un continuo e spesso inutile chiacchiericcio mescolato a invadenti, assordanti e informi rumori di fondo, il silenzio può divenire per molti una dimensione sconosciuta, estranea, addirittura evitata. Nel suo più recente saggio Eugenio Borgna riflette sul silenzio, forte della sua esperienza di psichiatra, del suo amore per la letteratura e la poesia, della sua percezione dell'animo umano: "Alla scuola del silenzio le parole assumono il loro valore. Se non amiamo il silenzio è perché non sappiamo cosa dire, cosa domandare, cosa rispondere alla voce che chiama dalle misteriose lontananze della nostra anima [...] Nel silenzio si ascoltano voci segrete, voci dell'anima, che sgorgano dalla più profonda interiorità" afferma Borgna che cita, a questo proposito alcuni versi di Emily Dickinson: "Silenzio è tutto quanto temiamo./ C'è riscatto in una voce/ Ma silenzio è infinità".

Il silenzio, in questo saggio, viene esplorato e descritto attraverso le voci di poeti (oltre alla Dickinson, Leopardi, Rilke, Pascoli, Trakl, Pozzi), la riflessione di mistici e filosofi, l'esperienza clinica. Il silenzio, nella riflessione di Borgna, assume la varietà dei connotati, luci ombre colori, di un paesaggio quando si dispiega dinanzi agli occhi di un viaggiatore e diviene, a seconda delle contingenze, spazio di sosta e di meditazione, oppure di dolore e malinconia, o ancora di attesa e di apertura all'ascolto. 

Il silenzio nella musica dell'orchestra è fondamentale per la percezione delle note e del ritmo, il silenzio nella vita è fondamentale per conoscere, chiarire, approfondire sentimenti e pensieri. Il silenzio nella terapia e nel percorso educativo è una - fondamentale - forma di accoglienza, di ospitalità, di condivisione di spazi comuni. Quando le parole nascondono il disagio, il silenzio comunica, interroga, rivela e risponde.

Borgna conclude la sua magistrale riflessione affermando, tra l'altro, che "La cosa più importante è quella di guardare al silenzio come ad un'esperienza che non sia mai estranea alla vita, e alla cura in psichiatria. Al di là dei suoi molteplici aspetti, quello che unifica i diversi modi di essere del silenzio è la loro sorgente: quella della interiorità".


Eugenio Borgna, In ascolto del silenzio, Einaudi 2024

giovedì 7 marzo 2024

Bell'abisso, di Yamen Manai

Un ragazzo di quindici anni racconta in prima persona la sua vita. Confessa la rabbia che prova e ha provato nei confronti del padre, il suo senso di solitudine e di abbandono, la ribellione contro le ingiustizie commesse da quel genitore egoista, capace solo e sempre di punire, mai di dare affetto. Il ragazzo comincia a raccontare la storia della sua breve vita mentre si trova in carcere in attesa di processo per avere sparato a suo padre, al sindaco, al ministro dell’ambiente, reati che non nega di avere commesso. E all’avvocato d’ufficio che gli fa notare che queste azioni comprometteranno gravemente il suo futuro, risponde che il suo futuro era compromesso ben prima che si lasciasse andare ad atti di violenza. Sostiene che il suo futuro di giovane tunisino era già disperato, come quello di tanti altri, “i giovani del quartiere che si sono gettati in mare” e di Tarek, il cervellone che “si è imbarcato con la laurea in matematica incollata sul petto”. 

Recensione per intero su Mangialibri, qui Bell’abisso | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

Yamen Manai, Bell'abisso, E/O 2023. Traduzione di Valentina Abaterusso

Scritti pacifisti, di Jean Giono

Ciò che mi disgusta della guerra è la sua stupidità. Amo la vita. 
Non amo nient'altro che la vita. 
È molto, ma capisco che si possa sacrificarla a una causa giusta e bella. 

Ho curato malattie contagiose e mortali senza mai risparmiare la mia completa dedizione. 

In guerra ho paura, ho sempre paura, tremo, me la faccio addosso. Perché è stupida, perché è inutile. Inutile per me. 

Inutile per il compagno che è con me sulla linea di tiro. Inutile per il compagno di fronte. Inutile per il compagno che sta accanto al compagno di fronte nella fila dei fucilieri che  avanza verso di me. 

Inutile per il fante, per il cavaliere, per l'artigliere, per l'aviatore, per il soldato, il sergente, il tenente, il capitano, il comandante. 

Attenzione, stavo per dire: il colonnello. Sì, forse il colonnello, ma fermiamoci. 

Inutile per tutti coloro che stanno sotto la macina per la farina umana. Utile per chi allora? 

[…]

Chiunque sia contro la guerra è, già solo per questo, contro la legge. 

Lo Stato capitalista considera la vita umana come la vera materia prima per la produzione di capitale. 

Conserva questa materia finché gli è utile conservarla. 

(Trad. E. Bellini)

Giono, figlio di un calzolaio e di una stiratrice di origine piemontese, nacque in Provenza nel 1895. Fu uno degli undici uomini del suo battaglione sopravvissuti alla battaglia di Verdun. Da questa terribile esperienza nacque il suo rifiuto di ogni guerra. Tra i suoi scritti pacifisti ricordiamo Refus d'obéissance (da cui è tratta la breve citazione qui sopra), Précisions, Recherche de la pureté.

La sua opera più conosciuta in Italia, da adulti e ragazzi, è L'uomo che piantava gli alberi. 

venerdì 23 febbraio 2024

Il presepe di san Francesco, di Chiara Frugoni

Nel presepe di Greccio del Natale 1223, la cui storia è ricostruita in questo libro da Chiara Frugoni, Francesco non pone né Maria, né Giuseppe, né il Bambino, ma soltanto l’asino, il bue e la greppia con il fieno, elementi della narrazione della Natività presenti solo nei vangeli apocrifi. Una rievocazione, dunque, che va all’essenziale: povertà, amore, pace, in contrasto con le scelte di belligeranza della Chiesa che, da quasi trent’anni, bandisce crociate contro i musulmani, ma anche contro i Catari e gli Albigesi. Francesco, che non ha mai predicato le crociate, con il suo comportamento intende invece ribadire la propria integrale adesione al messaggio di amore di Gesù. Chiara Frugoni nota come egli non utilizzi mai termini legati alla vita militare, nemmeno nel senso metaforico di lotta contro il male, e come, durante i suoi viaggi in Egitto e Siria, si adoperi, pur senza successo, per convincere i crociati a non combattere. Inoltre, dopo aver chiarito che lui e i suoi frati sono dei cristiani e non dei crociati, si intrattiene in fraterni colloqui col sultano. Il presepe di Greccio si inserisce dunque tra i messaggi di pace, di semplicità, di essenzialità a cui Francesco ispira il suo pensiero, le sue azioni, tutta la sua vita.

La recensione per intero si legge su Mangialibri al link Il presepe di San Francesco | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

Chiara Frugoni, Il presepe di san Francesco, Il Mulino 2023

giovedì 22 febbraio 2024

Frunza semiluna/ Foglia a mezzaluna, di Eleonora Bellini

Frunza semiluna/ Foglia a mezzaluna, raccolta di quindici poesie accomunate dal tema dell'infanzia, è uscita a gennaio in versione bilingue rumeno - italiano. Traduzione in lingua rumena di Alexandru Macadan, immagine di copertina di Daniel Divrician. București Editura Cosmopoli 2024.

Scrive Antonio Spagnuolo: "Elegante agile edizione con testo a fronte in lingua rumena, nella impeccabile traduzione di Alexandru Macadan. Dal dovizioso scrigno dei versi Eleonora Bellini porta alla luce quelle cesellature che fanno della suggestione un elemento tangibile, per l’impeto che si annida misteriosamente nel nostro subconscio. Semplicissimo scorrere della parola per rintracciare pensieri o ricordi, sospensioni o illusioni, “ricercando minuscole bellezze nascoste”, “contando gli alberi lungo i viali”, indugiando tra i rami di corallo della fiaba, aspettando che “dall’eucaliptus scenda una foglia a mezzaluna”. Che cosa lasceremo oltre lo sciabordio del giorno che ci attanaglia nel quotidiano ?" (Poetrydream: SEGNALAZIONE VOLUMI = ELEONORA BELLINI (antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.com)

"Plaquette che rivela ancora una volta la leggerezza leopardiana dei versi" (Eugenio Borgna).

giovedì 15 febbraio 2024

Pier Paolo Pasolini und sein Friaul: Von der Quelle seiner Dictung, di Michael Aichmayr

Michael Aichmayr prosegue i suoi itinerari letterari italiani - e in particolare friulani - con questo Pier Paolo Pasolini und sein Friaul: Von der Quelle seiner Dichtung. Eine poetische Begegnung zwischen Pier Paolo Pasolini und Ippolito Nievo (Pier Paolo Pasolini e il suo Friuli: dalla fonte della sua poesia. Un incontro poetico tra Pier Paolo Pasolini e Ippolito Nievo).

C'è un luogo, infatti, al quale entrambi gli scrittori hanno dedicato pagine liriche ed idilliache: la fontana di Venchiaredo, oasi di acque limpide, sosta di frescura e refrigerio capace di curare corpo ed anima. Scrive Nievo: “Tra Cordovado e Venchiaredo, a un miglio dei due paesi, v’è una grande e limpida fontana che ha anche voce di contenere nella sua acqua molte qualità refrigeranti e salutari. […] Sentieruoli nascosti e serpeggianti, sussurrio di rigagnoli, chine dolci e muscose, nulla le manca tutto all’intorno. E’ proprio lo specchio d’una maga, quell’acqua tersa cilestrina che zampillando insensibilmente da un fondo di minuta ghiaiuolina s’è alzata a raddoppiar nel suo grembo l’immagine d’una scena così pittoresca e pastorale. Son luoghi che fanno pensare agli abitatori dell’Eden prima del peccato; ed anche ci fanno pensare senza ribrazzo al peccato ora che non siamo più abitatori dell'Eden”.

Pier Paolo Pasolini, scrittore profondamente sensibile - nota Aichmayr - "alla visione e alla scoperta della cultura dell'antico Friuli rurale e cristiano a cui era legato", quasi un secolo dopo, nell'agosto 1945, scrisse una poesia dedicata alla stessa fonte:

"Limpida fontana di Vinchiaredo,/ acque modeste, tenerissimi legni,/ oggi a vent'anni io vi vedo, vi ascolto,/ nel vecchio fermento indifferente./ Ai miei piedi, dal prato basso, l'acqua/ rampolla, e lenta vola; e, ininterrotta,/ ricompone il suo canto più lontano./ Per me quell'onda canta: ma precluso/ alla sua interna gioia e al fresco riso,/ mi tormento a guardarla, ed ecco, scopro/ celesti giovinette, antichi giuochi,/ e corse, e voci ... Ah certo non è questo/ che si cela, vicino, in spazii ignoti/ e ricanta impassibile in quell'acqua."

La bellezza e la suggestione di questo luogo, con la tipica vegetazione e le risorgive che lo rallegrano, con le tracce di storia e di leggenda che ancora lo animano, rimangono dunque sempre vive grazie ai due illustri scrittori, ora presenti fianco a fianco anche in un tabellone ricordo del “Parco Letterario Ippolito Nievo”.


Michael Aichmayr, Pier Paolo Pasolini und sein Friaul: Von der Quelle seiner Dictung, Aichmayr Verlag 2023, con documentazione fotografica dell'autore

lunedì 12 febbraio 2024

Lettera a un vecchio (da parte di un vecchio), di Vittorino Andreoli

Lettera a un vecchio (da parte di un vecchio) è firmato da Vittorino Andreoli, psichiatra e saggista di raro acume e di immediata capacità comunicativa. Nel saggio i vecchi e la vecchiaia sono definiti sempre come tali, con estrema franchezza e senza eufemismi né perifrasi, perché le parole sono importanti nel definire la realtà e perché la vecchiaia non è una condizione triste e penosa, ma un periodo che può essere sereno e ricco di opportunità. 

Il testo si snoda in forma di lettera, con semplicità e chiarezza, e soprattutto, dato che anche l’autore ha ormai raggiunto la vecchiaia, con l’intento di parlare da pari a pari con chi condivide la sua stessa condizione.

La recensione integrale si può leggere su Mangialibri al seguente link: Lettera a un vecchio (da parte di un vecchio) | Mangialibri dal 2005 mai una dieta


domenica 11 febbraio 2024

Memorie d'infanzia, di Sofja Kovalevskaja

"Di sera, dopo che era stato messo a letto Fedja e Anjuta era corsa nel salotto dei grandi, avevo preso l'abitudine di sedermi sul sofà accanto alla tata, e me ne stavo tutta accoccolata mentre mi raccontava delle favole. Il grado di influenza che queste ebbero sulla mia immaginazione lo giudico dal fatto che quando sono sveglia riesco a ricordare solo parte di esse, ma quando dormo può capitare anche oggi che me le sogni: o la morte nera o il lupo mannaro o il drago dalle dodici teste. E questi sogni mi assalgono con lo stesso inspiegabile terrore mozzafiato ora come allora, quando avevo cinque anni, all'ascolto delle fiabe della mia tata".

Nelle Memorie d'infanzia, datate San Pietroburgo 29 maggio 1890, Sofja Kovalevskaja (1850-1891) racconta gli anni della sua infanzia, della sua adolescenza e prima giovinezza ed esprime più volte la dolorosa sensazione di essere trascurata e ignorata rispetto alla brillante sorella maggiore e al piccolo fratello minore, di non essere amata: "In generale, la convinzione di non essere amata nella mia famiglia è come un filo nero che si avvolge attorno a tutti i miei ricordi".

Durante le lunghe ore trascorse con l'istitutrice, Sofja leggeva molto e scrive poesie. Curiosa di tutto quanto succede nella sua famiglia, appartenente alla piccola nobiltà russa e nella grande casa di campagna di Palibino, nella provincia di Vitebsk in Bielorussia. Lì, dove l'inverno è lungo e la natura è solenne, si odono gli ululati dei lupi nelle gelide notti e si ascoltano mormorare le acque del disgelo; si possono fare, in numerosa e lieta compagnia, escursioni nella foresta dove gli orsi mantengono "rapporti di pacifica convivenza con i contadini del luogo".

Gli anni dell'infanzia sono molti importanti e ogni divagazione, immaginazione, disobbedienza, anche, può essere foriera, nel tempo, di grandi cose.

È quanto accade a Sofja, che ascolta lo zio e rimane incurosita, se non affascinata, da quanto sente, così come lo era stata dalle fiabe della tata: "Fu proprio da lui, per esempio, che sentii per la prima volta parlare della quadratura del cerchio e dell’asintoto a cui una curva si avvicina costantemente senza mai raggiungerlo, e di molti altri problemi di natura simile. Naturalmente non riuscivo ad afferrare il significato di questi concetti, ma essi agirono sulla mia immaginazione, instillando in me un sentimento reverenziale per la matematica, una scienza misteriosa ed eccelsa che spalanca ai suoi adepti un mondo nuovo di meraviglie inaccessibili ai comuni mortali".

E altrettanto fascino ha una carta da parati applicata nella camera dei bambini. Si tratta di una carta di risulta, di fogli di dispense delle conferenze sul calcolo differenziale del professor Ostrogradskj, matematico e fisico, così riutilizzati. Scrive Sofja: "Mi ricordo di me bambina, mentre rimanevo ferma per ore e ore davanti a quel muro misterioso per afferrare almeno qualche passaggio isolato o trovare la sequenza del numero delle pagine". Questa carta da parati di seconda scelta le aprirà un mondo, quello della matematica, che la farà definire dai suoi contemporanei regina della scienza e che la condurrà a studiare e a insegnare a San Pietroburgo, Gottinga, Berlino, Stoccolma dove viene nominata libera docente, prima, e poi docente di ruolo; Parigi dove riceve il Premio Bordin "per aver apportato importanti contributi alla teoria del movimento di un corpo rigido".

Molto altro troviamo in queste memorie, che ci offrono un quadro autobiografico suggestivo e anche uno spaccato della società culturale e sociale dell'epoca, nonché il ritratto di un Dostoevskij molto privato, ombroso e riservato, ma anche disponibile a grande e profonda amicizia e perfino al sogno d'amore.


Sofja Kovalevskaja, Memorie d'infanzia, Pendragon 2022. Traduzione (dall'inglese) di Cristina Buronzi Orsi, Introduzione di Laura Guidotti e postfazione di Umberto Bottazzini 

sabato 10 febbraio 2024

La figlia che non piange, di Francesco Scarabicchi

La figlia che non piange è una raccolta poetica che uscì postuma, nello stesso anno (2021) della morte del poeta. Come le precedenti di Scarabicchi è un bel libro, limpido ed essenziale, ricco di sogni e anche di bilanci, di attenzione alla vita - fin nelle sue più piccole, quotidiane e apparentemente insignificanti manifestazioni - e a quel transito oltre la vita, che può essere interpretato come un ignoto nulla, ma anche come compimento della vita stessa.

Nei versi di Epilogo, ad esempio, l'esistenza si apre ad altre vie, ignote, e genera domande: "Dalla porta del tempo passa il mondo,/ dai suoi sentieri ignoti, dalle strette/ vie degli istanti che non torneranno./ Dov'è che vanno, allora? A chi votati?/ E quanto d'ogni umano si cancella?"

E ancora in Qui regna il tempo che scompare: "Qui regna il tempo che scompare,/
la fuga sua invisibile,/ il nome che non resta,/ giorno della stagione, breve resa,/
limite d’ogni soglia inesistente".

Il garbo, la misura, l'attenzione estrema alla parola, la musicale sobrietà del verso sostengono e contraddistinguono la scrittura di Scarabicchi anche in questa sua ultima e consapevolmente definitiva raccolta, che si apre con la citazione di alcuni versi di Vittorio Sereni da Stella variabile, da uno dei quali è tratto il titolo: "È cresciuta in silenzio come l'erba/ come la luce avanti il mezzodì/ la figlia che non piange". Titolo che introduce inequivocabilmente il contenuto della raccolta: forza della natura silente, sentimenti e affetti umani, inesorabile frattura tra i tempi del mondo e della natura e il precario tempo della vita umana. Ancora alle labili tracce che lasciano le esistenze umane nel mondo si riferisce la seconda citazione in esergo, di Camillo Sbarbaro: "Le generazioni passan come/ onde di fiume".

E in Scarabicchi: "[...] Dei fasti della corte resta il niente,/ di quell'impero vegetale è il sonno/ che tocca la ringhiera arrugginita,/ gli scalini, la piccola fontana. /Ogni beltà è sparita come nube/ a cui è negato il più lontano cielo" (L'aiuola).

Scriveva, tra l'altro, Fabio Pusterla su Doppiozero del 26 aprile 2021, pochi giorni dopo la scomparsa del poeta: " [...] ardeva in Francesco il fuoco segreto della poesia, che lo spingeva regolarmente a scendere in miniera (così si esprimeva in una lettera; e un’espressione simile avrei poi incontrato in un passo di Giorgio Caproni), a scavare negli strati di profondità dell’esperienza, alla ricerca di minerali dolorosi e preziosi. La difficile miniera dell’interiorità, della meditazione sull’essere: questo era il territorio in cui il poeta voleva e doveva immergersi, lungo una tradizione novecentesca che passava dal maestro in presenza, Scataglini, a quello più distante e presto scomparso, Caproni, all’archetipo di questa concezione della poesia, Umberto Saba; più indietro, il grande paesaggio di Leopardi". Mi pare questa una sintesi perfetta ed esemplare della poesia di Scarabicchi, del suo alto profilo.

In margine, mi piace ricordare che Francesco Scarabicchi con Il prato bianco vinse il Premio di Poesia e traduzione poetica "Achille Marazza" nel 2017. Finalista con Gilda Policastro e Paolo Lanaro per la sezione poesia (il premio per la traduzione poetica andò quell'anno a Giorgia Sensi Graziani), fu poi votato con entusiasmo dalla giuria dei lettori. La motivazione della giuria tecnica notò allora, tra le altre cose: "Francesco Scarabicchi consegna al suo Il prato bianco un momento cruciale e altissimo della sua parabola poetica, che ne fa uno degli autori maggiori degli ultimi decenni e una voce assolutamente autonoma e particolare. In questo libro l’autore chiude il cerchio iniziato molti anni prima con La porta murata, e come doppiando un capo apre la via a ciò che seguirà".

Francesco Scarabicchi, La figlia che non piange, Giulio Einaudi Editore 2021. 
Con una nota bio-bibliografica di Massimo Raffaeli


Scarabicchi al Premio Marazza con altri premiati e pubblico. 
Fondazione Achille Marazza Borgomanero (NO) 27 maggio 2017

mercoledì 7 febbraio 2024

La musica di Dale, di Benjamin Lefevre

Dale ha sedici anni, quasi diciassette, e ha appena sostenuto al Royal Conservatory of Music l’esame pratico di pianoforte per il quale si è esercitato durante molti mesi su sei brani difficilissimi. Il ragazzo è soddisfatto: l’esecuzione è stata ottima, l’esame è andato bene. Mentre ritorna a casa in auto con la mamma, che non esprime nessun interesse per l’esito della prova, Dale le chiede di fermarsi a Guelph, la cittadina in cui abitavano un tempo, per poter andare al cimitero sulla tomba del papà, morto sette anni prima a causa un incidente stradale. La mamma si ferma di malavoglia: ormai si è risposata, ha cambiato casa e città e si è rimessa, se pur a fatica, da quel periodo doloroso e difficile. Al rientro a casa, Dale non riesce ad addormentarsi e alle tre di notte è ancora sveglio. Allora ricorda un libro letto tempo prima e la sua protagonista che, desiderando “buttar fuori tutto”, scriveva un diario. Decide di fare come lei. Però non è un diario quello che il ragazzo comincia a scrivere, ma un epistolario, una serie di lettere indirizzate al papà perduto. Non importa se questi non potrà né leggerle, né rispondergli: per Dale “va bene lo stesso, perché in questo momento ho bisogno di parlare con qualcuno che non mi risponda”.

La recensione integrale si legge su Mangialibri, al link La musica di Dale | Mangialibri dal 2005 mai una dieta 

Benjamin Lefevre, La musica di Dale, Gallucci 2023. Traduzione di Silvia Mercurio

mercoledì 31 gennaio 2024

Scaffale locale 9. Ci si rivede a Canaan, di Angelo Nigro

Abramo, Mosé, Davide, la samaritana, Pietro, Tommaso, Teofilo il lebbroso, Saulo, Giuseppe di Arimatea sono i protagonisti di questo libro, agile e accattivante, semplice e profondo insieme. Di ciascuno è narrata la storia nei suoi caratteri essenziali, già presenti nel titolo di ogni capitolo: Abramo è "il primo migrante" e Mosé ha "l'acqua alla gola"; Davide passa "dalla strada al palazzo", la samaritana attinge al "pozzo della vita" e quella di Saulo/ Paolo è "una storia pazzesca". 

Il libro, scritto durante la malattia del padre a cui ogni sera don Angelo raccontava la storia di un personaggio biblico, è il seguito del precedente, "Incontri nella terra di Canaan", uscito nel 2022, e, come questo, si propone di indicare un luogo di incontro e di convivenza pacifica - Canaan, appunto - al lettore contemporaneo. E' dunque un testo che addita un cammino e alimenta una speranza.

Nota il vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla, che firma la presentazione a queste storie di fede e di vita: "... sorprende l'uso di un linguaggio vivace e scoppiettante, che cerca di riscrivere in forma attuale quello che il grande Ernest Bloch aveva definito il fresco linguaggio del patois di Canaan per dire la forma prevalente della scrittura biblica [...] i destinatari sono l'uomo e la donna odierni, indifferenti e inappetenti, a cui si vuole risvegliare la mente e scaldare il cuore".

Ogni capitolo si apre con un'illustrazione di Simone Falcone, che, pur lavorando nel mondo del cinema, trova il tempo per disegnare "per passione" e per fare l'animatore all'oratorio. 

Angelo Nigro, sacerdote dal 1996 è parroco di Ghiffa e insegnante al ITI Cobianchi di Verbania. Conduce su VCO Azzurra TV la trasmissione "Non di solo pane" ed è autore di sei fortunati volumi di formazione e di fede, particolarmente rivolti ai giovani. 

Angelo Nigro, Ci si rivede a Canaan, Alberti Librario Editore 2023. Illustrazione di Simone Falcone

lunedì 29 gennaio 2024

Miti e leggende del golfo di Policastro, di Koren Renzullo

Il golfo di Policastro, a Sud di Salerno, abbraccia le coste di Campania, Basilicata e Calabria offrendo suggestivi panorami a chi vi transita o vi soggiorna, evocando antichi miti di dèi ed eroi, raccomandando la venerazione nei confronti della Natura e delle sue manifestazioni e perfino la prudenza a chi affronta il vasto mare, nel ricordo di Palinuro, il nocchiero di Enea. Numerosi luoghi evocano dunque, su queste sponde, storie ed eroi dell'antichità classica, così come re e regine, le cui vicende si intersecano con quelle del golfo, da Giulia Drusilla "figlia del divino Augusto" come recita una lapide sul muro del campanile di Policastro (ma la lapide non è datata, quindi il riferimento storico è complesso e incerto, nota Renzullo). O come quella di Alarico, re dei Visigoti, sepolto con il suo tesoro nel letto del fiume Bussento. 

Numerose leggende sono legate alla devozione, in particolare nei confronti di Maria madre del Salvatore, molto radicata e sentita in diverse località. In qualche caso, come quello della Madonna di Pietrasanta di San Giovanni a Piro e della Madonna dei Cordici di Torraca. si trascende il culto strettamente locale, richiamando fedeli anche da lontano. 

Interessante è poi lo spazio che l'autrice dedica al racconto della fondazione delle diverse località, che siano affacciate sul mare o arroccate su monti e colli, da Sapri a Maratea, da Torre Orsaia a Caselle in Pittari, da Lagonegro a Latronico, come in una lunga passeggiata fra storia e leggenda, tra realtà e fantasia.

L'intento, ben riuscito, dell'autrice è quello di divulgare il notevole patrimonio culturale del golfo, di favorire la memoria di personaggi ed eventi, di scoprire e valorizzare le radici di un passato ancora capace di alimentare il presente, a beneficio di tutti, ma specialmente dei più giovani.


Koren Renzullo, Miti e leggende del Golfo di Policastro, Scarenz Editore 2017

mercoledì 24 gennaio 2024

La città nella poesia latina, di Carlo Carena

La città nella poesia latina è il quarto quaderno del Premio di Poesia e Traduzione Poetica "Achille Marazza". Pubblicato nell'ottobre 2000, riporta il testo della conferenza tenuta da Carlo Carena in occasione della cerimonia di premiazione dell'anno precedente, che vide vincitore Roberto Mussapi per la traduzione e Davide Rondoni per la poesia. Tra i finalisti nella sezione traduzione c'erano Francesco Bruno, Riccardo Duranti, Vincenzo La Gioia, Patrizia Valduga.

Si inaugurava inoltre in quell'anno, grazie a una collaborazione concreta a fattiva con l'Università del Piemonte Orientale, anche una sezione di traduzione dedicata agli studenti universitari e delle superiori, su cui torneremo in qualche altra occasione.

Nella sua relazione, Carena descrive Roma imperiale, i suoi "quartieri ben delineati, serviti da mercati, fognature, undici acquedotti, undici terme, ventotto biblioteche, otto ponti, undici fori, dieci basiliche, trentasei archi di marmo, due circhi, due anfiteatri, tre teatri, due piscine per spettacoli navali, più di millecento fontane, centonovanta granai, caserme di vigili e pompieri". Come nelle metropoli moderne, la popolazione è variegata: nordici, africani ed egiziani, orientali convivono insieme tra loro e con i monumenti e la storia dell'Urbe.

Come non amare questa città e come non cantarla? L'arguto Orazio, un campagnolo che per necessità vive nella metropoli, un poco si lamenta (satira nona) dell'invadenza di un concittadino, e un poco (satira sesta) descrive una piacevole passeggiata in solitaria tra il "circo ingannatore" e il foro.

Ovidio canta una città galante di belle donne, frivolezze e intrighi, "una dolce vita per i lirici".

Marziale descrive invece una città molto diversa, quella di chi stenta e vive lontano da ogni agio (epigramma 57, libro XII), i rumori che lo disturbano sia di giorno che di notte.

Giovenale stigmatizza vita e pericoli della Roma notturna (terza satira): cocci che cadono dai tetti, ubriachi, poveracci che importunano il passante, rapinatori col coltello in mano.

Altre città, oltre alla capitale, seducono i poeti: Papinio Stazio canta Napoli; Decimo Magno Ausonio dedica un canzoniere alle città più floride dell'impero.

Rutilio Namaziano, al momento di lasciare la città eterna, la saluta anche con parole che esprimono affetto e preghiera: "E tu ascoltaci, o regina bellissima e legittima del mondo, Roma, accolta nel firmamento fra gli astri. Ascoltaci, o genitrice di umani, genitrice di dèi, per i cui templi ci sentiamo meno lontani dal cielo".

Se Carena ci ha lasciato, questo testo, breve ma perfetto, rimane a testimonianza di un'intelligenza e di un impegno generoso per l'affermazione, sempre discreta, per una cultura "alta", possibile anche nella commerciale e provinciale Borgomanero. Basta volerlo e saperlo fare.