Un ragazzo di quindici anni racconta in prima persona la sua vita. Confessa la rabbia che prova e ha provato nei confronti del padre, il suo senso di solitudine e di abbandono, la ribellione contro le ingiustizie commesse da quel genitore egoista, capace solo e sempre di punire, mai di dare affetto. Il ragazzo comincia a raccontare la storia della sua breve vita mentre si trova in carcere in attesa di processo per avere sparato a suo padre, al sindaco, al ministro dell’ambiente, reati che non nega di avere commesso. E all’avvocato d’ufficio che gli fa notare che queste azioni comprometteranno gravemente il suo futuro, risponde che il suo futuro era compromesso ben prima che si lasciasse andare ad atti di violenza. Sostiene che il suo futuro di giovane tunisino era già disperato, come quello di tanti altri, “i giovani del quartiere che si sono gettati in mare” e di Tarek, il cervellone che “si è imbarcato con la laurea in matematica incollata sul petto”.
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