venerdì 29 aprile 2022

I doni della vita, di Irène Nemirovsky

Nata nel 1903 a Kiev in una famiglia dell’alta borghesia ebraica, sin dall’infanzia Irène, il cui nome in russo era Irina Leonidovna Nemirovskaja, fece esperienza della crudeltà e delle ingiustizie della storia umana. A tre anni si salvò da un pogrom perché la cuoca la nascose dopo averle messo al collo, per ogni eventualità, la sua croce ortodossa. Nel 1913 si trasferì con la famiglia a San Pietroburgo, di qui i Némirovsky dovettero fuggire nel 1918 a causa di una taglia posta dai soviet sulla testa del padre Léon. Dopo due anni trascorsi in Finlandia e in Svezia, la famiglia si trasferì definitivamente a Parigi. Iréne conosceva il francese tanto bene quanto il russo e in francese compose le sue opere. Scrisse di lei negli anni venti di lei il critico Henri Régnier: «Némirovsky scrive il russo in francese».

Se il libro che le diede la fama fu Suite francese, pubblicato postumo grazie alla costanza e alla vigile obbedienza delle figliolette, che custodirono attraverso le crudeltà della guerra e della persecuzione razziale la "valigia della mamma" contenente il manoscritto incompiuto del romanzo, questo I doni della vita (Les Biens de ce monde), è ugualmente opera magistrale di acume e maestria narrativa. I protagonisti sono Pierre e Agnès, giovani all'inizio della storia, ambientata in gran parte a Saint-Elme, nel Nord della Francia, anziani alla fine. I due si conoscono e si amano fin da bambini, ma la loro unione è osteggiata dalla famiglia di lui, per motivi economici e patrimoniali. Con un escamotage i giovani la spuntano e si sposano, proprio quando la prima Guerra Mondiale si abbatte sulla Francia e i suoi cittadini increduli e preoccupati: "Erano gli ultimi giorni del luglio del 1914. Non si voleva ancora credere alla guerra, ma se ne avvertiva il soffio ardente. Pierre Hardelot andava a raggiungere il suo reggimento..."

Il paese verrà raso al suolo e poi ricostruito. Pierre e Agnès avranno due figli e, nonostante le prove e i dolori che la vita riserverà loro, intatto e immutabile resterà sempre negli anni il loro affiatamento e il loro amore. Anche quando, a violare una ritrovata tranquillità e una moderata agiatezza, ecco presentarsi lo spettro di un'altra guerra, la seconda Guerra Mondiale: "troppe due guerre in una sola vita" si lamenta qualcuno, sconsolato. Anche in questo caso, scrive Irène, "la gente aspettava la guerra come l'uomo aspetta la morte: sa che non gli sfuggirà, gli sia concessa soltanto una proroga [...] ancora qualche mese di tranquillità, ancora un anno, ancora una stagione dolce e spensierata..."

E anche in questo caso ecco avanzare le lunghe carovane di profughi per le strade, ecco i paesi crollare sotto le bombe. Ecco i giorni, i mesi, gli anni da contare, come anestetizzati sia dalla paura che dal coraggio, in attesa che la carneficina finisca. I doni della vita sarà pubblicato a puntate - ironia della sorte - sulla rivista antisemita Gringoire. E solo nel 1947 uscirà per intero in un volume unico. Irène non lo vedrà. La morte l'avrà già portata con sé, ad Auschwitz, nell'agosto 1942. Anche suo marito, il moscovita Michel Epstein, "un piccoletto bruno dalla carnagione scura", trasferito a Parigi fin dal 1920 con la famiglia, cadrà vittima del lager. Resteranno le due bambine, in fuga con la loro valigia e le loro lacrime.

Irène Nemirovsky, I doni della vita, Adelphi 2009. Traduzione di Laura Frausin Guarino

giovedì 21 aprile 2022

Scaffale locale 2: Gli Statuti di Castelletto Ticino

Gli Statuti di Castelletto Ticino sono contenuti in un codice pergamenaceo di grandi dimensioni, custodito presso la Fondazione “Achille Marazza” di Borgomanero (NO) tra gli antichi manoscritti e volumi del Fondo Molli. Si tratta di una dettagliata serie di leggi e norme vergate con scrittura elegante. Sulla prima carta una miniatura raffigura Enrico VII imperatore e altre miniature e fregi ornano quasi tutte le pagine. Lo statuto, recentemente restaurato a spese del Comune di Castelletto Ticino è stato integralmente riprodotto in edizione anastatica a cura del Gruppo Storico Archeologico Castellettese. L'elegante volume in cofanetto è accompagnato da un più agile volumetto che contiene testi e studi (Andenna, Mangini, Storti e altri). Dalla storiografia più recente è stata data una particolare rilevanza allo studio dei testi statutari comunali, che costituiscono preziose fonti di indagine delle strutture sociali, economiche e giuridiche di età medievale. Gli Statuti di Castelletto Ticino, riformati nel 1340, rappresentano una delle sopravvivenze più antiche e autentiche delle consuetudini comunitarie in vigore nel libero borgo del basso Verbano. Il codice consta di 141 capitoli redatti in lingua latina
Una copia degli eleganti volumi in cofanetto è disponibile in alcune biblioteche universitarie e di conservazione.
Mangini, Bellini, Squarzanti, Storti, Editore Zeisciu, Andenna

Statuta et ordinamenta comunis et hominum loci de Castelletto, Magenta, 2019; 150 esemplari numerati. Contributi critici: Diritto, politica e società negli statuti di Castelletto Ticino di Claudia Storti. Il codice degli Statuta et ordinamente comunis et hominum loci de Castelleto riformati nel 1340 di Marta Luigina Mangini. Traduzione dei 141 articoli dello Statuto di Giovanni Viganotti.

venerdì 1 aprile 2022

Le canzoni che non suonano mai alla radio, di Royston Vince

Sarah è una bella donna, attraente e ammirata. Cresciuta in orfanotrofio, le piace evocare alcuni momenti del suo passato: le gite, le amiche, le occasioni di divertimento e di turbamento. Ricorda che in quegli anni, grazie a un'insegnante, Miss Betty, poté imparare "non solo come vivere, dormire e mangiare insieme a molte altre persone, ma anche suonare il pianoforte". Per questo può affermare che gli anni trascorsi all'orfanotrofio furono i più tranquilli e piacevoli della sua esistenza. Lì, soprattutto, avvennero il suo primo incontro e la sua amicizia con la musica e con il pianoforte, che poi sarebbero state due costanti durante tutta la sua vita.

Negli anni dell'Università Sarah amplia il suo universo musicale accogliendo fra i suoi interessi tutti i generi di musica, ma soprattutto conosce l'attrazione per i ragazzi e sperimenta una nuova dimensione, che ugualmente diverrà una costante dei suoi giorni, quella degli incontri amorosi o, per meglio dire, puramente e sbrigativamente sessuali. Sperimenta, però, anche la vera amicizia, come quella per Katherine che, pur tra alterne vicende, durerà per molti anni. Dopo la laurea, Sarah accede all'insegnamento in una scuola media femminile, ma la professione non la gratifica né dal punto di vista umano, né da quello della pratica musicale. Nemmeno dal punto di vista sentimentale la giovane donna riceve gratificazioni durature, almeno fino a quando conosce Peter, che sembra il fidanzato perfetto, anche se l'incontro con la famiglia di lui le riserva sorprese non del tutto gradite: si tratta di persone chiuse, gravate dai pregiudizi, perfino un po' razziste. Con queste premesse, inizia la sua storia insieme a Peter. Le canzoni che non suonano mai alla radio tuttavia non si conclude così, non è questo il lieto fine e il romanzo ci riserva altre sorprese.

Con Le canzoni che non suonano mai alla radio Royston Vince, musicista londinese cultore della lingua e della letteratura italiana, lancia una sfida a se stesso e ai suoi lettori: il romanzo, infatti, non è tradotto in italiano dall'inglese, come ci si aspetterebbe, ma scritto direttamente nella nostra lingua. Osserva nella prefazione Chiara Virgilio: "Scrivere nella seconda lingua parla proprio della possibilità di scorgere la sagoma di chi ancora non siamo ma possiamo diventare". Così l'autore, la protagonista del libro e i lettori si trovano accomunati dal suggerimento che l'autore vuole trasmettere: mantenere durante la vita un atteggiamento di apertura e di speranza, nonostante le cadute e le difficoltà.

Sarah narra le sue vicende in prima persona, a ruota libera, muovendosi tra passato e presente, senza censura e con molta sincerità, anche quando affronta eventi ed argomenti dubbi o negativi, oppure situazioni difficili. Narra liberamente, come si farebbe, e talvolta ancora si fa, con dei compagni di viaggio che forse non si rivedranno mai più, nelle lunghe ore trascorse fianco a fianco su un treno a lunga percorrenza o su un aereo traballante. Così, anche se la lingua talvolta inciampa un po', o qualche espressione risulta forzata, nulla della vicenda si perde e risulta alieno.

L'autore, da parte sua, progetta di ampliare il proprio progetto di amicizia nei confronti della lingua italiana - già protagonista di un bookclub e di BritaliaLive, luoghi, se pur virtuali, di discussione, di incontro e di approfondimento da lui stesso gestiti - con nuovi percorsi letterari e narrativi.

Royston Vince, Le canzoni che non suonano mai alla radio, Edizioni Progetto Cultura 2021