lunedì 19 marzo 2018

Bianca come la luna, di Hwang Sok-Yong

Bari è nata nella Corea del Nord nelle prima metà degli anni Ottanta. Ultima di sette sorelle, la sua venuta al mondo scatena, come già era avvenuto in occasione della nascita delle altre figlie femmine, l'irritazione del padre. La mamma, allora, in stato confusionale, abbandona la neonata al limitare del bosco. La bambina, però, viene salvata dalla cagna fedele, che la riporta a casa dove la nonna le dà il nome di Bari, mitica e leggendaria sciamana. Ed è proprio la nonna a formare la nipotina, incutendole forza e fiducia nel mondo, nonostante le difficoltà, sempre più estreme, che la famiglia deve affrontare. Con l'avvento della grande carestia che, alla fine degli anni Novanta del Novecento, uccide per fame ampie fasce della popolazione coreana e dopo che il padre, funzionario governativo, cade in disgrazia, i componenti della famigliola si disperdono, nel tentativo di cercare salvezza. Bari, che scopre di avere poteri di chiaroveggenza, rimane sola e parte alla volta dell'Europa su una nave di clandestini. Riesce a superare le tremende difficoltà del viaggio e a sbarcare nel Regno Unito dove, grazie a una serie di incontri fortunati, trova casa e lavoro a Londra. Il lavoro, infatti, le è indispensabile per pagare il debito che ha contratto con i serpenti, i trafficanti di esseri umani. 
Nella Londra delle periferie multietniche Bari pare avere trovato il proprio equilibrio e anche affetti profondi, il vecchio Abdul, pakistano che ha ormai conquistato la cittadinanza inglese, suo nipote Alì, l'amica Luna. Ma la vita, così come l'uragano, le farà conoscere altre perdite, altri dolori. Fino al pianto finale, liberatorio e foriero di nuova speranza.
Hwang Sok-yong, che è stato definito dal giapponese Kenzaburo Oe, premio Nobel per la letteratura 1994, "il miglior ambasciatore della letteratura asiatica", nel suo romanzo dà voce ai dimenticati, agli oppressi, ai diseredati costretti alla fuga e all'esilio, ai migranti d'ogni Paese. A chi non ha parole, coraggio o tempo per raccontare. A chi non dimentica guerre, carestie, sfruttamento e tuttavia segue fedele la strada dell'umile lavoro quotidiano nel Paese che gli ha consentito di sfuggire alla morte ma che spesso non guarda allo straniero con volto accogliente e sereno.
Dopo l'attentato alle torri gemelle, dopo aver perso un nipote illuso dalle sirene del fondamentalismo islamico, il vecchio Abdul osserva: "La guerra che ora è scoppiata è l'inferno frutto dell'arroganza dei forti e della disperazione dei deboli. Ecco: noi siamo deboli e non possiamo nulla, ma dobbiamo continuare a credere che saremo in grado di fare qualcosa per gli altri. Vedrete  che così il futuro del mondo sarà più roseo. Allah ha detto: guardatevi dalle fiamme della rabbia, perché soltanto gli infelici ne verranno inghiottiti". 



Hwang Sok-Yong, Bianca come la luna, Einaudi 2016, traduzione di Andrea De Benedittis

martedì 6 marzo 2018

L'irlandese, di Jo Baker

Samuel Beckett nel 1939 abbandona l'Irlanda, Paese neutrale, per tornare a Parigi dall'amata Suzanne. La capitale francese è fustigata dai venti di guerra, invasa dall'esercito di Hitler, tremante per fame e paura. Samuel è sfiduciato e demoralizzato, scrivere gli è difficile e sono più le parole che cancella di quelle che rimangono sul foglio. Perfino l'essere segretario di Joyce, l'intimità con il grande scrittore e la sua famiglia, gli può donare serenità, anzi: il luminare è lamentoso, irritabile e inquieto. L'occupazione tedesca lo spinge a partire, così come avviene di moltissimi parigini. Se l'unico imperativo in quei giorni tragici pare essere quello di adoperarsi per sopravvivere, a Samuel questo non basta, egli vuole rendersi utile, schierarsi dalla parte giusta, quella della libertà. La cellula di cui fa parte però, dopo poco tempo, viene scoperta ed egli è costretto a fuggire al Sud, con Suzanne, lungo un cammino estenuante e difficile, tra dolori e fame mai saziata. Anche al Sud il giovane Beckett si schiera con la Resistenza, svolgendo qualsiasi compito gli venga richiesto. Dopo la fine della guerra, nella Francia distrutta, Samuel diviene autista di camion della croce Rossa e assiste al ritorno della popolazione, a poco a poco, ai ritmi della vita consueta mentre la ricostruzione, pur a fatica avanza. Scopre che in mezzo alle rovine "vige la gentilezza, vige il senso di umanità". Forse potrà tornare a scrivere, forse un quaderno bianco già lo aspetta. Suzanne gli è ancora accanto e lo farà per tutta la vita.
“Volevo mettermi nei suoi panni, fare quel viaggio con lui, provare alcune delle sue emozioni. Non so se questa sensazione traspiri nella lettura del libro, ma è quello che ho provato scrivendolo” ha affermato in una recente intervista l'autrice del romanzo, il cui titolo ripete il nome di battaglia del partigiano Beckett, e che merita davvero un'attenta lettura.

Jo Baker, L'irlandese, traduzione di Giulia Boringhieri, Einaudi 2017