Lettere,
passione per l'insegnamento, poesia, e quel talento, sempre più
raro, di tessere relazioni di colore educativo, i colori della
reciprocità, della generosità, della libertà. Il talento da
maestra di vita di Maria Lenti.
"Segni
e Ritagli" è proprio frutto di una tessitura, leggendo si
viene trasportati da parole naviganti, come ebbi già modo di
definire i versi di Lenti a proposito di "Elena, Ecuba e le
altre. Leggendo
si viene trasportati in un flusso:
-
un flusso di trama e ordito,
“Rideranno per l’insistenza a
mettere due parole in croce -scrive
Maria Lenti in Due parole- mi
piace la mia giornata finché non si spezza il filo”.
Il filo di chi racconta e crea tessendo, appunto;
-
un flusso di silenzio, che non è assenza di parole ma
attenzione al visibile (come direbbe Borgna).
A sera, Maria non apre più la porta a nessuno, legge, lavora, e pur
tuttavia ci sono le sue finestre che
”danno
a est e a ovest
a
oriente verde vario le colline (…)
a
ovest palazzoni a gradoni
li
vedo e non li vedo
nello
studio difatti leggo e lavoro
e
vado a letto quando è scuro”
e
la mattina dopo,
“M’affaccio
di mattina
col
freddo alla finestra
a
braccia aperte
son
tutti lì nell’aria
i
miei pensieri passabili
nonostante
culmini dicembre”
Versi
che portano nel vivo dell'atto creativo. Maria scrive che non apre la
porta, eppure ci ritroviamo lì, a rimirare il suo sguardo, le sue
braccia aperte, i suoi pensieri “ch'en c'è mal”;
-
un flusso osmotico tra mondo interiore e tutto il
resto del mondo (che irromperà nella III militante sezione), di cui
quello interiore fa parte: “Voglio capire per non stare ferma e
nemmeno morire di crepacuore.”
Se,
come scrive Gualtiero De Santi nella prefazione di "Segn
e Artaj", “il mondo è in prima istanza quello interiore”,
da dove muovono le parole di Maria Lenti, dove le cerca
incessantemente? Da dove sgorgano le sue parole, che hanno sempre
l’aria di essere innamorate?
Ciò
che è fuori di noi è sempre incerto, sarà per questo che poete e
poeti ne scandagliano ogni anfratto senza tregua, indagando linguaggi
e parole e Maria Lenti lo fa, con una scrittura libera, che svela.
Nei suoi versi si vedono di lei, come su una strada illuminata, la
verve, il disincanto, le sferzate, la comprensione delle vicende umane.
Un flusso che sfocia in un armusciné, quella sostanza di
cui scrive Maria nella raccolta "Arcorass"1,
quella sostanza che ci tiene vivi.
“Dura
cosa dall’incoscienza arrivare alla coscienza …
So
che non so questo so”
Musciné
e armusciné
E
su quella strada illuminata, cammina impudica anche tanta tenerezza,
come nelle pagine iniziali, di potente impatto,
di "Apologhi in Fotofinish",
che coinvolgono in un labirintico percorso, labirintico e a spirale,
dal quale è difficile uscire, non per uno stato di angoscia, ma per
uno stato di tenerezza, nel quale vanno a stemperarsi, anzi ad
arricchirsi, sentimenti duri. “Invidia” si intitola il primo
racconto di Apologhi, dove la protagonista è rosa dall’invidia
“finché una dottora della psiche mi ha rimesso in sesto ed ho
capito quel che dovevo capire, rimestando dentro ogni possibile
anfratto e rivoltando sotto-sopra quella melma da cui non usciva che
un’invidia nera … La melma è scomparsa … la tenerezza aveva
preso il posto dell’invidia.” Quanti di noi sarebbero capaci
di mettere a nudo attraverso se stessi, vizi ritenuti capitali, umili
lucciole di tenere debolezze del nostro essere umani? Tutto è già
detto. Cosa devo dire per esprimere la bellezza della vita? Così
aveva risposto Maria Lenti quando, durante la presentazione di "Segn
e Artaj" presso l'Associazione Partenia di Pesaro, a
febbraio scorso, il relatore Roberto Rossi l'aveva interrogata sul
senso della “Domanda”, ultimi versi dell’ultima e unica
poesia dell'ultima sezione della raccolta:
Domanda
che
poesia dire se tramontati
astri
la luna
se
resta la mia vita
calamita
verso
la vita?
Tutto
è già detto, Maria? No, Maria Lenti, poeta, ti chiedo scusa se
abuso ancora dei tuoi versi, ma
provo a tirare un filo che non si può far penzolare, perché "Segni
e Ritagli" si propone proprio in una gioiosa
posizione παρα δόξα e
insinua una chiave di lettura che spiazza e intriga nel gioco di
intreccio tra vita e amore:
la
vita è meravigliosa quando siamo innamorati
quando
siamo innamorati sempre
è
una gran noia perché la vita è noiosa
quando
è sempre uguale
l’amore
… dura solo un respiro appassisce e muore …
lo
so lo so
ma
è come se non lo sapessi
qualcuno
mi deve spiegare
perché
proprio adesso sento che dovrei partire
per
un viaggio sconosciuto.
Perché?
Perché adesso, finito e svelato questo viaggio chiamato "Segn
e Artaj – Segni e Ritagli", lo sappiamo Maria, hai già,
subito, ricominciato a cercare parole, parole altre e innamorate per
altri libri viaggianti, ancora e ancora. Come facciamo a saperlo?
L'hai
scritto tu
“L’amore
si è nascosto a piangere
Dimmi
dove, che vado a consolarlo”
L’hai
detto tu, quando ti chiesi di musciné e armusciné. La sostanza che
ci tiene vivi, mi raccontasti, e ci fa amare la vita che si presenta
nuova e ripetitiva, bella e triste, imprevedibile.
Note