Russ e Marion hanno quattro figli: Clem, già al college; Becky, bella liceale di successo; Perry, intelligente, tormentato e borderline; il tenero Judson di appena nove anni. Al centro dell’attività pastorale giovanile della First Reformed è Crossroads, gruppo a cui aderiscono moltissimi adolescenti, guidati dal giovane pastore Ambrose, istrionico e ambiguo, in evidente contrasto con il pacato Russ, pacifista e umanitario, in difficoltà nel comunicare con i ragazzi di Crossroads così come con i propri figli. Quando Russ diviene oggetto di attenzioni da parte di una bella e giovane vedova, tormento e senso di colpa s'insinuano nei suoi giorni. Perfino l'esperienza nella riserva Navajo, che aveva illuminato la sua prima giovinezza aprendogli orizzonti di comprensione e di solidarietà nei confronti della loro cultura "altra" e che ogni anno ripropone come azione di aiuto e condivisione ai ragazzi della sua Chiesa, si trasforma in un'ulteriore, travagliante delusione.
In Crossroads Franzen tratteggia un grande, variegato affresco della provincia statunitense di quegli anni: religiosità, preghiera, opere caritatevoli, presenza (o assenza) di Dio sono costanti delle azioni e della visione del mondo dei protagonisti del romanzo. Ma non mancano, sul piano personale, il peso del conformismo e delle apparenze, i conflitti generazionali, le cadute. Così come non mancano, sul piano sociale, la tragedia della guerra del Viet Nam, l'emarginazione dei nativi americani, il consumo di droghe. Seicentoventinove sono le pagine di questo libro, che vale la pena di leggere.
Jonathan Franzen, Crossroads, Einaudi 2021, traduzione di Silvia Pareschi
Nessun commento:
Posta un commento