martedì 22 marzo 2022

Le otto montagne, di Paolo Cognetti

Paolo Cognetti scrive sulla sovra copertina del libro: “Si può dire che abbia cominciato a scrivere questa storia quando ero bambino, perché è una storia che mi appartiene quanto mi appartengono i miei stessi ricordi. In questi anni quando la gente mi chiedeva di cosa parla, io rispondevo sempre: di due amici e di una montagna. Sì, parla proprio di questo.” Gli amici sono Pietro e Bruno; la montagna è il Grenon in val D’Ayas, attorno al paese di Grana. Cognetti è cresciuto in una famiglia amante della montagna, loro venivano da Lonigo e amavano le Dolomiti ma, essendosi trasferiti a Milano, lo sguardo di tutti i giorni li ha portati prima sulle montagne lombarde e poi sul monte Rosa.

MONTAGNA D’INFANZIA

Nell’estate del 1984, durante le ferie estive la famigliola approda a Grana, dove affitta una porzione di casa situata in una corte attorno ad un abbeveratoio. Rimangono per il momento madre e figlio; Pietro, gironzolando per il paese, vede un ragazzo che porta le mucche al pascolo ma pur sollecitato dalla madre a fare amicizia, se ne sta per suo conto. Un giorno, rientrando a casa, trova quel ragazzo seduto in cucina a conversare con la sua mamma. Tra i due inizia la conoscenza. Durante le giornate vanno a rovistare nelle case abbandonate, smuovono una macina, esplorano un edificio che un tempo era una scuola. E il mese di luglio va che è una meraviglia. Ad agosto arriva il papà di Pietro e incominciano le salite in montagna, su sentieri e pietraie, a volte solo loro due qualche volta anche con Bruno. In famiglia ognuno aveva le sue quote: la mamma i 1500 metri, lui i 2000, il padre le alte quote, 3000 e più. Pietro non è affascinato dalle vette, preferirebbe che la meta delle passeggiate fosse un alpeggio o un torrente. L’amicizia tra i due ragazzi è rinsaldata anche dall’affetto dei genitori di Pietro verso Bruno. Nel più bello dell’estate si viene a sapere che Bruno non ha terminato la prima media. Ciò mette in allarme la famiglia milanese, in particolare la mamma, che propone di discutere del problema con la famiglia di Bruno per far conseguire la licenza di terza media al giovane valligiano. Ma si pone poi la possibilità di una scuola superiore. Dopo un approccio apparentemente benevolo verso la questione, in cui pare che gli zii di Bruno siano condiscendenti alle proposte della famiglia dell’amico, questa s’imbatte nel padre di Bruno che non vuole sentire storie di scuole ed istruzione e anzi prende a pugni il padre di Pietro. Per un paio d’anni i due ragazzi non si frequenteranno più.

LA CASA DELLA RICONCILIAZIONE

Con chi si deve riconciliare Pietro? Deve riconciliarsi con il padre che è mancato all’improvviso e gli ha lasciato in eredità un pezzo di terra con un rustico su in alta montagna in una posizione difficile da individuare. Comunque ci sono i documenti, di non facile consultazione, ma Bruno è al corrente di tutto. E’ il mese di aprile quando i due amici salgono a vedere il posto: Pietro ansima perché non è più allenato e si guarda attorno, attento alla natura che sta per destarsi alla primavera, ma qua e là ci sono ancora chiazze di neve, e terreno fradicio, e piante divelte per effetto di una frana caduta durante l’inverno. All’interno del rudere ereditato è cresciuto un piccolo pino cembro, il pianoro è bello e il laghetto è poco distante. Pietro pensa a suo padre e all’amico Bruno. La montagna è un sapere, è educativa, ed è questo il vero lascito di suo papà. Il distacco adolescenziale dal padre, causato dal carattere spigoloso dell’uno e dall’orgoglio eccessivo dell’altro, sarà sanato attraverso la costruzione di una casa-baita con il valido aiuto dell’amico ritrovato. Nelle estati in cui Pietro andava all’estero alla ricerca di occasioni nel mondo del cinema, Bruno rimpiazzava la lontananza di Pietro aiutando, facendo amicizia, chiedendo consigli al papà dell’amico milanese, che non aveva mai disertato la val D’Ayas, anzi aveva fatto altre e più impegnative escursioni ed esplorazioni. E’ il mese di giugno e i due iniziano la costruzione su alla “barma drola” la pietra strana, la pietra bianca, secondo il progetto del papà, utilizzando anche quel che restava del cascinale addossato al grande masso. E’ un processo di avvicinamento di Pietro a suo papà, lui che aveva sfuggito le case per tutta la vita ma inseguiva il desiderio di costruirne una lassù, su quel pianoro battuto dalle slavine! Gli era mancato il tempo, sarebbe dunque toccato al figlio realizzare il progetto attraverso il lavoro da muratore di Bruno con l’aiuto di manovalanza del figlio. L’amicizia tra i due giovani e qualche escursione sulle vette poco distanti dal luogo del lavoro caratterizzano quei mesi. Lassù sulle cime c’è sempre una croce, sotto la quale c’è spesso una cassettina contenente il quaderno delle firme. La firma del padre, GIOVANNI GUASTI, non manca mai, con la dicitura: Fatta anche questa! Pietro comprende solo ora il padre, attraverso la fatica, i dettagli delle istruzioni, le cartine e le mappe che trova in casa e l’affetto dell’amico. Anche con la mamma c’è più dialogo e questa volta da parte di entrambi.

INVERNO DI UN AMICO

Questa terza parte è la più complessa: esaltazione dell’amicizia, amore per la montagna, gioie, dolori, partenze, arrivi improvvisi caratterizzano le vicende dei protagonisti e dei familiari. Tre figure femminili hanno rilievo accanto ai protagonisti: la mamma di Pietro, sempre presente, Lara ed Alice persone importanti nella vita di Bruno. La montagna è dominante, non solo il Grenon e il Monte Rosa ma anche l’Himalaya. Pietro si trova in Nepal ed è lì che avviene la scelta del titolo del romanzo “ Le otto montagne”. Incontra un nepalese che, bastoncino alla mano, disegna per terra un cerchio il cui centro è il Monte Sumeru, attorniato da otto montagne e da otto mari. E’ un simbolo per quelle popolazioni. Nel cuore di Pietro il centro è la casa, la baita costruita con Bruno su in montagna, dove d’estate incontra altri amici che salgono dalla pianura padana con i quali discute di ideali difficili da realizzare: vita in comune, consumismo limitato, possibilità di ristrutturare case abbandonate in villaggi ecologici. Bruno, che ha iniziato l’attività di allevatore e produttore di formaggio, è l’unico che, pur nelle difficoltà, e talora nelle grandi difficoltà, sta tentando di realizzare ciò che gli amici di Pietro teorizzano. Bruno ha conosciuto Lara che si è trasferita su in montagna a lavorare con lui; al sodalizio lavorativo si è aggiunto anche quello affettivo ed è arrivata anche una bimba: Alice. Bruno fa scelte d’amore e di lavoro molto generose ma molto azzardate. Si espone troppo con i prestiti alle banche. Pietro va sull’Himalaya per girare documentari nei villaggi dove si costruiscono scuole o ospedali. Ha interiorizzato di quei luoghi un’immagine colorata visibile nei panni di preghiera multicolori che lui stende fuori, sul prato antistante la casa baita. E alla domanda di Bruno: “Com’è l’Himalaya?” Pietro risponde: “Quello è il tempio originale, le Alpi sono monumenti crollati”. Pietro avverte il disagio di Bruno, ma ciò che è detto è detto. Mai come in questo momento Bruno avverte le insidie cattive dell’ambiente di montagna e l’azzardo di aver tutto lì: casa, lavoro, famiglia. Di nuovo poi ognuno va per la propria strada: chi in Nepal, chi in val d’Ayas. La mamma, la signora milanese impegnata nel volontariato, aggiorna il figlio di ciò che accade a Bruno, a Lara, alla piccola Alice, per lettera. Una di queste allarma Pietro che telefona a Bruno e decide di tornare un po’ a Grana. Lascia Katmandu a fine ottobre e a novembre piomba in valle, dove è già inverno. L’incontro con Bruno non è positivo, i due amici passano le giornate a far legna e di sera stanno in silenzio davanti alla stufa. Pietro crede di aver fatto un viaggio inutilmente e se ne torna via. Anche Lara torna suoi passi, con la piccola Alice raggiunge la casa dei genitori e riprende il lavoro all’alberghetto; lascia solo Bruno in montagna senza più l’azienda, perché fallita. Questi non ha più nulla e chiede a Pietro di usufruire della baita su alla barma drola, dove i due amici si rivedono ancora e Pietro invita in modo pressante l’amico a scendere a valle, c’è già stata l’avvisaglia di una valanga caduta vicino a casa. Il montanaro non sente ragioni e afferma “questa montagna non mi ha mai fatto male”. Così si va verso l’epilogo, drammatico ed eroico. Nell’inverno 2014 sulle Alpi occidentali c'è una nevicata eccezionale e mentre Pietro è in Nepal viene raggiunto da una telefonata di Lara: Bruno è introvabile. I cugini sono saliti a cercarlo ma non si vede più neppure la casa, tanto è alta la neve e non ci sono neppure gli sci. Il soccorso alpino ha perlustrato la zona inutilmente. Forse Bruno l’avrebbero trovato col disgelo. Sarebbe spuntato in qualche canalone in piena estate. A Pietro… “non resta che vagare per le otto montagne per chi, come noi, sulla prima e più alta ha perso un amico.”

Anna Maria Pastore

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