Poliana aspetta un bambino, anzi una bambina: di certo, infatti, dopo due maschietti questa gravidanza porterà una bambina. E' facile immaginare una bambina figlia, i suoi occhi, i suoi capelli, la sua voce prima balbettante e poi chiara e dolce, i suoi primi passi... Ma Poliana non è più giovanissima, un pensiero fisso e ansiogeno si insinua in lei: se la bimba non fosse normale? Quanti piccoli down nascono da madri vicine ai quarant'anni? Mentre l'attesa per l'amniocentesi si prolunga - siamo in estate, nel periodo in cui i più sono in vacanza, e così pure il ginecologo di Poliana - la donna si abbandona all'urgenza e alla sovrabbondanza dei suoi pensieri tra presente, passato e futuro, il futuro più prossimo, quello in cui la bambina nascerà, si chiamerà Cristina e avrà la sindrome di down. Come si cresce una bimba down? Come si lascia una figlia down una volta che, diventati vecchi, dobbiamo andarcene da questo mondo?
Durante l'attesa, nel vortice dei suoi pensieri, si apre una pausa. Poliana incontra Antonio, che ha una lunga consuetudine con l'ospedale perché vi trascorre i suoi giorni assistendo la moglie malata. L'uomo è empatico e premuroso, gentile e simpatico. E tuttavia nasconde un segreto, forse una bugia, qualcosa, comunque, che accentua in Poliana la dimensione irreale di quel tempo sospeso, in attesa. E, insieme, le riapre il sipario sul mondo reale, su una dimensione che svela segreti e perdona bugie.
Questo nuovo romanzo di Anna Pavignano narra la maternità, i sentimenti che essa suscita nei genitori, in particolare nelle madri, quando vivono in simbiosi profonda con i nascituri tutto il loro tempo e quando, dopo la nascita, si trovano immerse in quell'amore per i figli che "è il più difficile da spiegare, è un sentimento viscerale, che non è generarli con la propria carne, ma soprattutto nutrirli, tenerli in braccio, consolarli, pulirli, annusarli. Si sente l'amore guardandoli, i bambini, e come di fronte all'arte ci riempiamo gli occhi delle forme rotonde, piene, lisce dei loro profili, la lucentezza dei loro capelli, la purezza degli sguardi, l'armonia inconsapevole dei loro gesti" (p. 40).
La prima figlia è il monologo di una donna che attraversa la noche oscura del alma, trasportata dal buio dei pensieri più tristi e negativi, tormentata dall'immaginazione di come potrà essere il futuro quotidiano della sua bambina down - e anche quello dei genitori e dei fratelli - e che tuttavia intravede qualche spiraglio di luce, qualche chiaro raggio, grazie soprattutto agli incontri che l'anticamera e le stanze dell'ospedale le donano.
La lettura ci coinvolge e ci trascina, è difficile sospenderla, fare pause. Vogliamo sapere, vogliamo arrivare alla fine, là dove il finale ci sorprende (con un sorriso).
Anna Pavignano, La prima figlia, E/O 2021
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