Roma, 16 ottobre 1943. Il campanello del convento delle suore francescane di via Poggio a Moiano squilla ripetutamente. Suor Lina, la novizia, intenta a salvare i panni stesi dalla pioggia imminente, indugia, sperando che un’altra consorella si affretti ad aprire prima di lei. Ma nessuna si muove. Tocca dunque proprio a lei, che attraversa il giardino e finalmente corre verso il portone. Lo apre e si trova davanti, esitanti e un poco discoste dall’ingresso, sette persone: un uomo e una donna anziani, un ragazzo dall’aria spavalda, una bambina dalle lunghe trecce, un bimbo dal viso timoroso e i loro genitori. Li mandano le maestre pie Filippini di via delle Botteghe Oscure, presso le quali hanno trascorso alcune ore, nascosti, per sfuggire al rastrellamento operato dai nazisti al Ghetto. Suor Lina non sa che fare, la situazione è del tutto inedita per lei, deve chiedere alla madre superiora, dice, non può farli entrare senza il suo permesso. Ma qualcuno alle sue spalle la spinge da parte.
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