Lungo
le infinite strade percorse dalle donne dei miti si snoda questa
nuova, complessa raccolta poetica di Maria Lenti. Quasi cento pagine
di figure femminili che, fuori dai libri di scuola, affascinano per i
tratti distintivi della loro personalità, definita in versi
misurati, essenziali eppure coinvolgenti. Soprattutto perché, in
questi versi, queste donne vivono in piena autonomia tra amore della
conoscenza e affermazione della libertà di agire, come volendo,
finalmente, essere pienamente se stesse.
Leggiamo
una delle liriche dedicate a Elena, ''Elena a Menelao'': ''Non
tornerò a Sparta./ Quale che sia/ veloce o lento/ il verso il giro
il senso/ che imporrai alla spada,/ Menelao,/ resto con la mia
ombra''.
E
leggiamo anche ''Ecuba a Priamo'' la prima delle poesie dedicate a
Ecuba, al pari di Elena citata nel titolo della raccolta. Si tratta
di una lirica lucida, forte, magistrale e attuale, che riecheggia,
per la capacità di esprimere concetti profondi in essenzialità di
stile, i versi di Giorgio Caproni: ''come i pensieri si sono fatti
bianchi/ che sfiato mattinale attorno al cuore/ periti i figli, in
mare – alto – le figlie/ i letti vuoti spente le vigilie''.
Le
donne presenti nella silloge parlano agli uomini, mariti, compagni,
amanti, divini o terreni che siano, in modo assolutamente nuovo
rispetto all'immagine tramandata, un poco sbrigativamente, dalla
tradizione scolastica e ci offrono una diversa prospettiva secondo
cui considerare le loro vite e le loro storie. Una prospettiva che
può perfino mostrare a noi, così lontani dal tempo in cui quei miti
nacquero, un inedito paesaggio, un nuovo cammino. Come in ''Eufrosine
al mondo tutto'': ''Conforto o letizia/ auguro porto spando:/ chi
chiude la porta/ chi non se ne cura/ chi ha dorso girato./ Chi
riconosce il nome/ si concede giorni felici''.
O
anche in ''Pandora difesa dalle donne'': ''Rifiuta il divieto del
coperchio/ e scopre Pandora il vaso:/ la curiosità le fa onore.//
Epimeteo ha fallito, atteso alla scaltrezza/ ora non vale/ dare a
Pandora l’origine del male''.
I
brevi ma profondi monologhi delle donne di Maria Lenti, sempre
fondati sulla solida conoscenza della tradizione, posseggono dunque
la voce del contemporaneo. Le loro parole provengono da un femminino
universale e incoercibile, pur se spesso negato da una storia e da
un'organizzazione sociale che hanno lasciato la quasi totalità dello
spazio e dell'ascolto al maschile, come è noto.
Godrà
pienamente della raccolta, solidamente radicata nell'antico e sugli
archetipi del mito eppure aperta a inedite interpretazioni e nuovi
ri-conoscimenti, chi sa affinare l'orecchio e aprire la mente. Lo
suggerisce la lirica di (quasi) congedo della poetessa, ''Io a chi
ama l’arte'': ''Giocando con la gelosia/ chissà chi mi ha fatta
giovenca di Zeus./ Assurda la mitologia./ Guardatemi nella pittura
parietale di Pompei/ o nel Vaso di Ruvo a Maddaloni:/ quella io
sono''. L'appuntamento è là, in quel passato che sa farsi futuro.
Eleonora Bellini
Maria Lenti, Elena, Ecuba e le altre, Arcipelago Itaca 2019. Prefazione di Alessandra Pigliaru
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