lunedì 13 gennaio 2020

Rodari in biblioteca 2. Il laboratorio della cicala


Durante l'anno scolastico 1990-1991 alla Sezione Ragazzi della Biblioteca ''Achille Marazza'' di Borgomanero (NO) direzione e bibliotecarie si assunsero il piacevole compito di celebrare il settantesimo compleano di Gianni Rodari e la decima ricorrenza dalla sua morte. Con l'aiuto economico e l'adesione convinta degli allora assessori alla Cultura della Provincia di Novara e del Comune Borgomanero, il tempo trascorse veloce, fecondo e ricco di idee, di lavoro, di scambi intellettuali e umani. In questa seconda tappa di ''Rodari in biblioteca'' mi proverò a raccontarvi IL LABORATORIO DELLA CICALA, la parte bambina e poetica dell'insieme delle iniziative rodariane di quell'anno, intitolate LABORATORIO PER RODARI.
La parte bambina del programma, dunque, fu dedicata ai laboratori di poesia, già appuntamenti abituali di incontro tra bambini e poesia in biblioteca, ma questa volta tutti dedicati a Gianni Rodari. Il punto di partenza fu la lettura di filastrocche (Alla formica, Mi piacerebbe un giorno, Filastrocca di primavera, Il treno dei bambini), ad alta voce e non una sola volta. Leggere una filastrocca o una poesia, qualsiasi filastrocca o poesia, ma ancor più se è del ''favoloso Gianni'', significa ascoltare con le orecchie, riprodurre con le labbra, facendo bene schioccare le parole, specialmente quelle importanti, assaporare il significato di tutto il testo e di ogni singola parola. Questo facemmo con i bambini, anche quella volta. Fu divertimento e fu intelligenza, nel suo significato etimologico di ''guardare dentro'', che i bambini, se messi in condizioni di esprimersi spontaneamente (tempo, benevolenza, ascolto), sempre manifestano.
Dai laboratori nacquero una mostra e un opuscolo, intitolati per unanime comune volontà IL LABORATORIO DELLA CICALA, liberamente parafrasando il titolo di un'emblematico testo di Rodari, ''Alla formica''.
Ancora una volta la mirabile, incontenibile e poi negli anni per sempre perduta creatività dei bambini esplose e prese parzialmente forma nelle filastrocche e nelle poesie, tutte rigorosamente redatte in biblioteca durante i laboratori e raccolte nel quadernetto omonimo, e nei fantasmagorici disegni che le accompagnavano. Queste filastrocche, quasi sempre allegre, ma talvolta malinconiche, spesso umoristiche, ma talvolta perfino didascaliche, sopravvivono alla lettura anche oggi, trent'anni dopo. Miracoli della poesia, miracoli dell'infanzia, certamente, queste composizioni che continuano a confortarci e a regalarci qualche gioia. Tuttavia viene da chiedersi che cosa sia accaduto, quali mostri abbiano deviato le parole, quali arpie abbiano rubato i sogni e il senno, quali ladri abbiano saccheggiato la naturale innocenza delle menti, se ora, divenuti adulti i piccoli di allora, le cose vanno come vanno, si confondono e degradano, volgono al peggio. Chi era adulto già allora ci pensa spesso. E non se ne capacita.
 

Leggiamo ora, leggiamo
1
''C'è un paese dove i bambini
hanno per loro tanti bacini,
bacini veri che mamma gli dà.
Bacini amorosi
di mamme premurose.
Così il bambino diventa un ragazzetto
simpatico e perfetto.
(Maruska, fine psicologa nativa)
2
Vorrei che un mattino
in questa città
ogni bambino
avesse la libertà.
La libertà è un bene di tutti
anche dei bambini più piccini.
(Marco, che guardava lontano)
3
C' è un paese dove i bambini
sono così monelli che in soggiorno
fanno chiasso tutto il giorno.
Tutti i soprammobili hanno rotto,
sia di sopra che di sotto.
I genitori dei bambni
sono diventati anche loro ragazzini.
(Gianpaolo, che vedeva lontano)
4
Mi piacerebbe un giorno
cantare in girotondo
con la pace tutta intorno.
Girare in tondo
intorno al mondo.
Con la pace toccare
il fondo del mare.
(Oriana, che pensava in grande)
5
Mi piacerebbe un giorno parlare
con un abitante lunare.
Vi pare strano?
Chissà come parlano,
se tedesco o australiano?
Vivranno nei crateri
o nei poderi?
Questo non si sa,
ma se un astronauta lo vedrà,
lo prego se dirmelo potrà.
Forse là
non è come qua.
Chissà! Avranno occhi sopra,
occhi sotto, ma le mani?
Forse una,
forse cinquemila.
(Giovanna, la fantascientifica)

(C) Eleonora Bellini


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