Il 15 marzo 1986 si tenne alla Fondazione Achille Marazza di Borgomanero un Incontro manzoniano, tavola rotonda con Carlo Carena, Umberto Colombo, Maurizio Corgnati. Contemporaneamente vennero esposte al pubblico due mostre: la prima comprendente preziosi disegni e terrecotte di Gustavino (Gustavo Rosso, Torino 1881 – Milano 1950) dedicati a I promessi sposi; la seconda, intitolata La sentenza data, dedicata agli esemplari librari del prezioso fondo manzoniano della biblioteca, ad alcune curiosità testimoni della popolarità del romanzo non solo tra scuole e studiosi, ma anche e soprattutto tra la gente (fotoromanzo, cartoline, edizioni commemorative, traduzioni inglesi e francesi contemporanee a quella italiana) nonché a La colonna infame e ai testi antichi sulla peste nel milanese (1630-1631). Qualche tempo dopo i testi della tavola rotonda furono raccolti in un quaderno (stampato a Borgomanero nel luglio 1993, a cura di Eleonora Bellini) che contiene anche diverse immagini della mostra e i testi introduttivi alle sezioni della stessa. La mostra manzoniana fu destinata poi a circolare tra scuole e biblioteche del Sistema del Medio Novarese e, dedicata come fu a un tema che "non scade mai" è sempre disponibile per la circolazione.
Nell'intervento di apertura dell'Incontro Carlo Carena così delinea i legami manzoniani (e rosminiani) tra la famiglia Bonola-Marazza e il Gran Lombardo:
"Riprenderei per cominciare, visto che devo fare gli onori di casa, qualche spunto dalle tradizioni di questa casa verso Manzoni, che sono state così calde e così vive, e che hanno favorito, attraverso il fondo della biblioteca di questa istituzione, la quale sta cambiando veramente il volto mercantile e agricolo di Borgomanero in qualcosa di più sostanzioso e di più alto, quella mostra manzoniana che vedete esposta e che ha riscosso un giusto interesse di visita e anche di apprezzamento critico. Perché, penso, la Fondazione Marazza ha promosso queste iniziative? Per i legami addirittura famigliari da parte dell’istitutore e fondatore della Casa di Cultura, Achille Marazza, nella cui famiglia Manzoni aveva una presenza particolare attraverso la singolare figura estrosa, intelligente, dell’avvocato Giulio Bonola, che produsse uno dei primi e più importanti documenti biografici di Alessandro Manzoni, e cioè la raccolta del carteggio fra i due grandi amici Alessandro Manzoni e Antonio Rosmini. Questo carteggio risale al 1901 ed è quindi uno dei primissimi documenti epistolografici su Alessandro Manzoni, tanto che ancora oggi io trovo esemplare il modo com’è stato confezionato. Naturalmente bisogna riportarsi a un’opera pionieristica, perché siamo alla pubblicazione dei primissimi documenti, a venticinque, ventisei anni dalla morte del titolare; però, per la precisione, la ricchezza delle annotazioni, per il gusto con cui viene scritto, rimane certamente un punto di partenza importantissimo negli studi manzoniani. Lo stesso Bonola successivamente ci ha dato anche un altro documento, entrato poi nella storia degli studi manzoniani, a cui tuttora tutti attingono, e cioè quelle Venti ore con Alessandro Manzoni, che, lasciato inedito da Niccolò Tommaseo, fu pubblicato per la prima volta da Bonola nel 1928 ed è poi entrato nella collezione, nella raccolta dei vari Colloqui con Manzoni, che ebbero edizioni successive, aggregando, assieme alle Conversazioni col Tommaseo, quelle con altri personaggi che frequentarono casa Manzoni. Il primo punto di aggregazione manzoniana attorno a questa Fondazione avviene dunque attraverso questi personaggi. Ma Borgomanero entra nella vita del Manzoni anche per un altro personaggio verso il quale, una volta che lo conobbe, Manzoni sempre protestò grande amicizia, devozione, rispetto e venerazione. Alludo a Giovanni Battista Pagani. Giovanni Battista Pagani nacque in questa città nel 1806, entrò ben presto in seminario e, quando fu ordinato sacerdote nel 1828, all’età di 22 anni, lasciò il secolo per ritirarsi in una congregazione religiosa che, proprio allora, era stata fondata al Monte Calvario di Domodossola da Antonio Rosmini. E il Pagani si fece rosminiano, fu tra i primissimi rosminiani. Spesso frequentò ulteriormente Borgomanero attraverso la Casa Rosminiana, ma soprattutto fu mandato quasi subito in Inghilterra, dove Antonio Rosmini aveva pensato di allargare il suo ordine religioso in terra missionaria. Fu nel corso di questa attività assai vorticosa, che portò il Pagani per un decennio in Inghilterra e che lo porterà a diventare il primo superiore generale della carità immediatamente dopo la morte di Antonio Rosmini nel 1855, fu in quel decennio tra il ’45 e il ’55 che spesse volte Manzoni ebbe modo di incontrare il Pagani a Stresa, nella villa Ducale sede di Antonio Rosmini, ed ebbe modo, anche, nel suo colloquio, nei suoi rapporti epistolari col Rosmini stesso, di esprimere giudizi e valutazioni molto affettuose e molto riverenti e ammirative verso questo nostro concittadino. Addirittura il Pagani diviene lo stimolatore di una poesiola del Manzoni, una poesiola in latino. Negli scarsissimi frammenti, nei pochissimi frammenti poetici che Manzoni lasciò in latino (era anche poeta in latino: sono in tutto, credo, quattro o cinque i frammenti poetici di Manzoni in latino, molto brevi, ma che dimostrano, tra l’altro, una padronanza della metrica e della prosodia non indifferente). Uno di questi frammenti, di solito scherzosi, lirico poetici, ma abbastanza scherzosi, si incontra in una lettera che Manzoni scrisse nel 1847, l’8 novembre 1847, al Rosmini, dicendo di trasmettere al Pagani i suoi saluti (i saluti del Manzoni) in Inghilterra: «me gli rammenti – dice Manzoni – con venerazione e tenerezza» questo Pagani che – dice ancora il Manzoni attraverso un distico elegiaco – «ausus qui toto commixtos orbe Britannos aggredi, et infenso figere signa solo». Cosa vuol dire questa frase? Voi l’avete già capito benissimo, vuol dire: «il quale Pagani osa affrontare i Britanni collegati col mondo intero e nel loro suolo ostile (erano tutti protestanti), piantare la croce (“signa” è il segno cristiano)». Il breve distico che potrebbe sembrare abbastanza strano, in realtà dimostra anche la grande frequentazione che il Manzoni aveva coi testi della poesia classica, e soprattutto con Virgilio, che egli considerava uno dei massimi geni poetici dell’antichità. Infatti il distico manzoniano è la ripresa, quasi parodica, di un verso delle Bucoliche di Virgilio. Virgilio dice che fra i vari luoghi difficili da visitare c’è ’Inghilterra, che è staccata, divisa, dal mondo intero. Manzoni, giocando su quel verso, dice che invece il Pagani è andato in Inghilterra «oggi collegata al mondo intero». Siamo nel periodo in cui si andava costituendo il Commonwealth e l’Inghilterra stava diventando padrona del mondo intero. Questi due versi, molto gustosi, rivelano tutto un retroterra culturale assai vivace e interessante, sono entrati nella produzione manzoniana e si trovano oggi in tutte le edizioni della poesia manzoniana, fino all’ultima, uscita negli Oscar l’anno scorso a cura di Ulivi. Questa ha una sezione finale in cui si cita, appunto, questo distico e si citano, riferendosi alla lettera manzoniana e riferendosi al notevole personaggio del Pagani (su cui Borgomanero, prima o poi, dovrebbe fermare la sua attenzione, sia per il grande contributo dato alla conversione, all’introduzione del cattolicesimo in Inghilterra, sia per l’importanza che ha assunto, diventando superiore generale dell’ordine dei Rosminiani per un decennio). Tra l’altro, andando a vedere questi piccoli documenti, è interessante il fatto che, nelle edizioni consultate dell’epistolario manzoniano, questo Pagani viene fatto nascere a Domodossola, anziché a Borgomanero, per influsso, evidentemente, dell’ordine rosminiano sorto a Domodossola. Anche l’edizione dell’Arieti, in nota, fa nascere questo Pagani a Domodossola".
Tutti gli interventi dei relatori all'Incontro manzoniano si leggono nell'opuscolo ad esso dedicato (stampato a Borgomanero nel luglio 1993, a cura di Eleonora Bellini) che contiene anche diverse immagini della mostra e i testi introduttivi alle stesse. Questo post mi offre l'occasione per ricordare tutto il personale della Fondazione che collaborò al successo dell'iniziativa manzoniana di quell'anno (e di tante altre) e, in particolare Giuliano Pigato e Marilena Zerlia, partiti verso l'altrove.
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